Advaita Vedānta. Una ricostruzione filosofica è il nuovo nato in casa Tlon: il libro di Eliot Deutsch arriva infatti in libreria, nella collana Radici, con la traduzione di Adriano Ercolani.
Spieghiamo subito il significato del titolo del libro: Advaita significa non duale. Si tratta dell’Assoluto, ciò che è oltre la distinzione illusoria tra soggetto e oggetto e che si disvela una volta sollevato il celeberrimo velo di Maya. Vedanta significa “fine dei Veda” e ne parla Samkara intorno all’800 d.C.
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Eliot Deutsch e la filosofia comparata
Eliot Deutsch (1931-2020) è stato professore di filosofia all’Università delle Hawaii e direttore della storica rivista accademica «Philosophy East and West».
Figura cardine della filosofia comparata, è ricordato in particolare per la sua traduzione della Bhagavadgita, per i suoi studi sull’Advaita Vedanta e sul significato spirituale della concezione tradizionale dell’arte in Giappone Deutsch è stato uno degli studiosi che più hanno contribuito a una consapevole esplorazione della cultura orientale da parte del pubblico occidentale.
L’Advaita Vedānta, tra filosofia ed esperienza spirituale
«L’interesse centrale dell’Advaita Vedānta è stabilire l’unicità della realtà e condurre l’essere umano alla sua realizzazione […] poiché colui che conosce sé stesso conosce la realtà e questa conoscenza di sé è una conoscenza “salvifica”: consente a colui che conosce di superare tutto il dolore, l’infelicità, l’ignoranza e la schiavitù».
L’Advaita Vedānta è stato, e continua a essere, il sistema di pensiero più accreditato tra i filosofi indiani ed è una delle più grandi conquiste della ricerca filosofica, tra quelle riscontrabili sia in Oriente che in Occidente. Al contempo, l’Advaita Vedānta è più di un sistema filosofico, almeno nel senso che diamo a questa espressione nell’Occidente contemporaneo: è anche una guida pratica all’esperienza spirituale, ed è intimamente connesso a essa; è uno stato dell’essere, in cui il soggetto conoscente diventa egli stesso l’oggetto della sua conoscenza.
Quella di Eliot Deutsch, che per lunghi periodi ha anche vissuto in India, è una ricostruzione filosofica di questo sistema di pensiero, al cui centro risiede il concetto di non-dualità. Deutsch afferma che «bisognerebbe poter studiare in profondità qualsiasi tradizione, con le sue caratteristiche distintive e uniche, come se queste fossero una risposta a interrogativi e problemi universali, e con l’idea esplicita che tali risposte influenzeranno spontaneamente il nostro pensiero. In breve, il nuovo obiettivo della filosofia comparata deve essere quello di trattare la filosofia orientale come materiale per il pensiero creativo. Sono pienamente convinto che la filosofia orientale meriti di essere affrontata con questo spirito. Questo libro non è altro che un piccolo tentativo di andare in questa direzione». Lo stesso sistema dell’Advaita Vedānta, va sottolineato, si è sviluppato in un contesto di confronto dialettico con altri sistemi vedantici (ad esempio Yoga) e non vedantici (ad esempio Buddismo).
Advaita Vedānta – La recensione
Conciliando rigore e capacità divulgativa, il filosofo americano Eliot Deutsch riesce nell’impresa non facile di introdurre il lettore occidentale all’imponente cattedrale di pensiero dell’Advaita Vedānta, muovendosi tra ontologia, epistemologia ed etica, facendo emergere tra le pagine i concetti filosofici universali.
Questo libro, che con la bibliografia arriva a circa centocinquanta pagine, è agile nella mole ma denso nel contenuto. Nonostante la difficoltà degli argomenti trattati, lo sforzo encomiabile dell’autore di fare da ponte tra Occidente e Oriente rende questa sintesi molto comprensibile e la suddivisione in otto piccoli capitoli aiuta a circoscrivere una quantità di materiale altrimenti decisamente vasta. Vengono anche citati tanti esempi concreti, che rendono tutto più chiaro, e nomi di filosofi a noi noti come Platone, Kant, Spinoza, Hobbes…
Scorrendo tra i capitoli, si passa ad esempio dalla definizione di Brahman (l’Uno o meglio una pura e incondizionata unità e pienezza dell’essere) e dei livelli dell’essere (realtà, apparenza, irrealtà – con in particolare il concetto di “declassamento”) a capitoli dedicati al Sé (che è uno, non differisce da Brahman), al Karma (forse l’aspetto più popolare in India e meno accettato tra i filosofi in Occidente) all’etica e al Moksa (liberazione dalla schiavitù).
In particolare, il Karma assume un ruolo importante nel sistema filosofico perché, pur essendo una finzione indimostrabile, è utile nell’interpretare l’esperienza umana: «se le persone sentono che qualsiasi cosa faranno influenzerà l’intera natura del loro essere, ora e in futuro, ci penseranno due volte prima di condurre una vita immorale». Molto interessante il capitolo sull’etica advaita, per cui l’azione umana dovrebbe essere non egoista: l’amore, il relazionarsi con gli altri sapendo che non sono diversi da noi e che grazie alla conoscenza possiamo incontrare l’altro nel profondo dell’essere (tema più che mai attuale di questi tempi). La libertà da, ovvero il Moksa, è anche il raggiungimento di uno stato di riconciliazione con la profondità della realtà ovvero la piena realizzazione delle potenzialità dell’essere umano come essere spirituale, che conosce sé stesso e prova la gioia di essere.
L’Advaita Vedānta è anche un sistema “aristocratico”, nella misura in cui la verità è alla portata solo di pochi predisposti (gli aspiranti Advaitin) a intraprendere la loro ricerca attraverso tre fasi ben definite: ascolto dei saggi e lettura dei testi vedantici, pensiero/riflessione prolungata, meditazione costante per la realizzazione diretta del Sé. Infatti, per l’uomo che è diventato libero nel corso della sua vita, il Brahman è visibile ovunque: egli ha il potere di non escludere nulla e di includere tutto: «Tutto ha il suo essere nello spirito: tutto, nel suo vero essere, è il Brahman».
Eliot Deutsch
Casa editrice
Edizioni Tlon
Anno
2021
Genere
saggistica
Formato
Brossura
Pagine
180
Traduzione
Adriano Ercolani
ISBN
9788831498425