Tutte le storie hanno inizio dalla nostra fine, le inventiamo perché siamo mortali. ll giornalista e saggista Mark O’Connell, nato a Dublino, è una delle firme della rivista statunitense Slate. Essere macchina è il suo libro.
Si occupa di libri e cultura e suoi articoli e approfondimenti sono apparsi su testate quali The Millions, The Guardian e The New Yorker. To Be a Machine. Adventures Among Cyborgs, Utopians, Hackers, and the Futurists Solving the Modest Problem of Death, pubblicato nel 2017 negli Stati Uniti e in uscita in Italia nel 2018 edito da Adelphi, è il suo primo libro.
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Il libro
Essere macchina ci porta dentro da un futuro non tanto lontano. Pensate di trovarvi distesi su di un tavolo operatorio, perfettamente dotati di coscienza, ma incapaci di muovervi. Accanto a voi è posizionata una macchina antropomorfa, dalle sembianze umane. Attraverso una sorta di cerimoniale, attraverso una sequenza di gesti vi asporta una sezione ossea della vostra scatola cranica per poi appoggiare le sue dita come zampe di ragno sulla superficie viscida del cervello. Oramai non si può tornare indietro. O’Connell in stile giornalistico, con una scrittura semplice e diretta catapulta il lettore dentro ad un viaggio “quasi-fantascientifico”, ma vi assicura che non c’è nulla di straordinariamente “alieno”, bensì, c’è qualcosa di totalmente reale, una deriva “apocalittica” e altrettanto preoccupante sul futuro dell’umanità.
Essere macchina – La recensione
Essere macchina ci fa entrare scalzi dentro ai cilindri di acciaio dedicati alla crionizzazione nel capannone di Phoenix, una mezzoretta di macchina in direzione nord, in un paesaggio strappato al vuoto. Proprio lì, in quel luogo dove si gioca a dadi con Dio, o meglio si sogna una vita dopo la vita. In un edificio basso e squadrato nasce il quartier generale della Alcor Life Extension Foundation. La Alcor possiede il più grande dei quattro impianti di crioconservazione esistenti al mondo, di cui tre si trovano in America e uno in Russia. Sono conservati attualmente 117 corpi in sospensione dentro ad enormi cilindri pieni di azoto liquidi chiamati dewars. Il viaggio insieme a O’Connell continua con Ray Kurzweil, ingegnere capo di Google che inghiotte centocinquanta pillole al giorno convinto di vivere per sempre. Lo stesso autore che ha teorizzato la Singolarità tecnologica secondo cui nel 2045 avverrà la fusione fra il nostro pensiero e la nostra esistenza biologica, in altre parole secondo lo scienziato americano non ci sarà più distinzione tra umano e macchina, trascendendo i limiti fisici e mentali. Poi incontriamo il pioniere dell’intelligenza artificiale Marvin Minsky, secondo cui il nostro cervello sarebbe una macchina di carne (meat machine) e Max More, fondatore dell’Extropy Institute e teorico dell’estropianesimo che sostiene una visione ottimistica del futuro e la possibilità di uploading, (scaricare) di tutte le proprie memorie, caratteristiche, personalità dal cervello a qualche supporto alternativo tecnologico. Lo stesso More è compagno di Natasha Vita-More fondatrice dell’Humanity Plus e teorica del Primo Posthuman.
Attraverso questi personaggi (reali) con Essere macchina O’Connel ci catapulta dentro al movimento chiamato transumanesimo secondo il quale l’uso delle scoperte scientifiche come l’ingegneria genetica, la crionica, le nanotecnologie, le intelligenze artificiali aumenteranno le capacità cognitive e fisiche per un miglioramento della condizione umana fino al raggiungimento dell’immortalità. Risolvere il problema della morte è ossessione e ricerca di Peter Thiel (cofondatore di PayPal) e finanziatore dell’organizzazione no-profit che si occupa di tecniche contro l’invecchiamento (SENS, Strategie for Enginnered Neglible Senescence) diretta da Aubrey De Grey. Egli si presenta a Mark O’Connell lungo e funereo come uno spaventa passeri con una barba spropositata e irragionevole, con una profusione di ciocche rossicce che terminano in modo disordinato più alla cassa toracica. Il biochimico inglese Aubrey De Grey è convinto che il ritmo del progresso tecnologico nel campo dell’allungamento della vita aumenterà a tal punto che per ogni anno che passerà, la speranza di vita media per gli umani aumenterà di più di un anno, in modo da mettere una distanza tra noi e la nostra mortalità. Da queste ambizioni nascono le ricerche di Randal Koene, con il tentativo di estrarre la mente degli individui dal materiale biologico in cui è incastrata. Infine il transumanesimo diviene politico con il progetto di Zoltan Istvan, candidato nel 2016 alle presidenziali americane. Futurologo e transumanista statunitense, l’immortalità non è un sogno, ma semplicemente un obiettivo da raggiungere. Ci crede così tanto che ha messo l’immortalità al primo punto del suo programma elettorale e ha comprato un camper, dandogli la forma di una grande bara, Immortality Bus, ed è partito per un viaggio attraverso gli Stati Uniti, con la speranza di sensibilizzare le persone su quanto sia deprecabile la mortalità.
Essere Macchina ci trasporta in un mondo dove umani tentano di fondersi con la tecnologia per trasformarsi in cyborg, chi rincorre l’immortalità e chi trascende l’umano per trasferirsi dentro una macchina. Al di là di come la pensiamo, di come ci definiamo, se siamo favorevoli oppure no al transumanesimo, sicuramente Mark O’Connell non lo è. Lo scrittore irlandese con questo volume traccia con competenza giornalistica una nuova geografia dell’umano rendendolo quasi dis-umano alla ricerca dell’elisir di lunga vita. Si perdono persino le coordinate della vita stessa, accecati dal progresso tecnologico. Essere macchina ci fa riflettere dentro ad un mondo complesso, determinato tecnologicamente e umanamente “fragile”. Nelle diverse interpretazioni transumane del futuro immaginario, non bisogna sicuramente perdere di vista il presente come spazio vivo delle nostre riflessioni e previsioni. In fondo l’essere umano ha la tendenza di guardare il futuro, è connaturata alla nostra specie. Ma se ci pensiamo una grossa parte della nostra esistenza contemporanea ha un piede sia nel presente che nel futuro, perché quest’ultimo fa parte di noi stessi. Lo stesso etimo della parola progetto, deriva dal latino e vuol dire “gettare al di là” del tempo. L’Homo sapiens mette piede al mondo così e per il resto del tempo si dimostra umano: si ammala, invecchia e allo stesso tempo progetta futuri prevedibili e imprevedibili.
Mark O'Connell
Casa editrice
Adelphi
Anno
2018
Genere
saggistica
Formato
Brossura
Pagine
270
Traduzione
Gianni Pannofino
ISBN
9788845932984