Scrivere il dialetto

Scrivere il dialetto: la voce del dialetto marchigiano

I dialetti, come le lingue, si mantengono in vita finché ci sono i parlanti che li usano. Partendo da questa riflessione nasce un interessantissimo e agilissimo libricino sfornato dalla casa editrice dell’Università di Macerata (eum, 2020) scritto da Agostino Regnicoli dal titolo Scrivere il dialetto. Proposte ortografiche per le parlate delle aree maceratese-camere e fermana.

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Il libro

L’autore traccia la sua analisi e ricerca partendo dalla propria esperienza personale durante un Laboratorio di Fonetica e scrittura (LaFoS) ridenominato così nel 2013 e nato nel 1999 all’Università di Macerata come “Laboratorio di Fonetica Sperimentale”. L’obiettivo del laboratorio era quello di analizzare la lingua nelle sue proprietà fonetiche e la scrittura come mezzo di rappresentazione.

Partendo proprio da questa situazione laboratoriale le scritture standard e fonetiche, tachigrafie, pasigrafie e scritture dialettali sono diventati tutti ingredienti di una ricerca esemplare per chi ama affrontare i problemi della linguistica e in modo particolare della fonetica.

Scrivere il dialetto – La recensione

Con Scrivere il dialetto Agostino Regnicoli ci regala un manualetto di ortografia maceratese, destinato a chi scrive testi dialettali, senza perseguire nessuna finalità letteraria o documentaristica. L’autore inquadra alcune aree del dialetto marchigiano proponendo soluzioni ortografiche, suoni e combinazioni non presenti nella lingua italiana. La fortuna di questo manualetto è quella di parlare a tutti, specialisti e non, senza però rinunciare al rigore scientifico che contraddistingue l’autore. Il linguaggio è semplice e chiaro spesso accompagnato da schemi e figure per far capire al lettore i fenomeni caratteristici del maceratese.

Si sa che la voce è una faccenda complessa e quando parliamo attiviamo dei meccanismi articolatori molto interessanti senza accorgerci. Le consonanti che produciamo quando l’aria esce dai polmoni, una volta superata la glottide, incontra un ostacolo di qualche tipo, come una chiusura o un restringimento. Le varie consonanti sono prodotte sia in base al punto dove viene a trovarsi l’ostacolo (punto di articolazione), al tipo di ostacolo (modo di articolazione) ed infine alla presenza o assenza di vibrazione delle corde vocali (sonorità). Nel repertorio delle consonanti, intricatissimo, se pensiamo che a seconda di come due organi si avvicinano o entrano in contatto avremmo le consonanti bilabiali, attivando il labbro inferiore e i denti superiori quelle labiodentali etc…. Così accade nei modi di articolazioni dove a seconda di come sono posizionati gli organi fonatori avremmo le occlusive, le nasali, le fricative, le vibranti  etc.. Superato qualsiasi ostacolo di restringimento o chiusura l’aria se non incontra ostacoli invece di produrre consonanti, produrrà vocali, che pronunciamo, anche esse, in base alla forma che assume la cavità orale. In questo caso avremo le vocali, chiuse, semichiuse, semiaperte, aperte, anteriori, centrali, posteriori posizionati nell’incrocio di in un trapezio vocalico dinamico. Chiunque in un corso di  Fonetica Sperimentale sicuramente si imbatterebbe dentro a questo valzer di sonorità e sordità.

Regnicoli esplora l’unità e la diversità del dialetto sia nell’area del maceratese-camerte costituita dalla parte nord della provincia di Macerata, con l’esclusione del bacino del Chienti, sia in quella fermana che comprende invece la parte meridionale della provincia di Macerata, l’intera provincia di Fermo, con i dialetti di transizioni, il lembo settentrionale di quella di Ascoli Piceno. In altre parole per Regnicoli ogni centro del territorio ricercato può vantare qualche peculiarità che differenzia il suo dialetto rispetto ai centri limitrofi, ma senza però mettere in discussione l’appartenenza a quell’area dialettale. Nell’ultimo paragrafo dell’opera si offre al lettore alcuni esempi di trascrizioni di testi vernacolari e persino una traduzione in maceratese – sicuramente necessaria e spero amplificata per tutta l’opera – del primo capitolo del racconto Le Petit Prince di Antoine de Saint-Exupéry (1946), il testo più tradotto al mondo dopo la Bibbia, circa trecento tra lingue e dialetti.

Affinché ci sia una possibilità di lettura di un testo qualsiasi, tra lettore e scrittore dovrà esserci un patto, o meglio una convenzione tacita sul valore dei segni utilizzati. Con Scrivere il dialetto, la forza articolatoria della voce esplode in un affasciante percorso sonoro dove il dialetto (in questo caso il maceratese e tutte le sue sfumature limitrofe) può aiutarci ad una maggiore consapevolezza delle parole, dei suoni, del timbro e della sua scrittura ortografica. In questo connubio tra voce e testo, Regnicoli, in maniera brillante, ci dona un percorso unico esponendo e proponendo un uso attento e coerente di accenti, apostrofi, combinazioni di lettere. Scrivere il dialetto restituisce voce al (ai) dialetti, perché vale la pena di conservarli, ricercarli, riattivarli, e soprattutto riscoprirli con tutte le sue incredibili sfumature, qualità e virtù. In fondo è l’uso (della lingua) che ne fa la regola.

Se siete curiosi di questo mondo o appassionati di fonetica e dialetti, l’autore sarà presente al Festival di Macerata Racconta. Introdurrà Barbara Malaisi insieme agli allievi della Scuola di Studi Superiori Giacomo Leopardi (UNIMC). (http://www.macerataracconta.it/wordpress/)

copertina
Autore
Agostino Regnicoli
Casa editrice
EUM
Anno
2020
Genere
saggistica
Formato
Brossura
Pagine
116
ISBN
978-88-6056-6
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diGiorgio Cipolletta

Artista e perfomer italiano, studioso di estetica dei nuovi media. Dopo una laurea in Editoria e comunicazione multimediale, nel 2012 ho conseguito un dottorato di ricerca in Teoria dell’Informazione e della Comunicazione. Attualmente sono professore a contratto per corso di Fotografia e nuove tecnologie visuali presso Unimc. La mia prima pubblicazione è una raccolta di poesie “L’ombra che resta dietro di noi”, per la quale ho ricevuto diversi riconoscimenti in Italia. Nel 2014 ho pubblicato il mio primo saggio Passages metrocorporei. Il corpo-dispositivo per un’estetica della transizione, eum, Macerata. Attualmente sono vicepresidente di CrASh e collaboro con diverse testate editoriali italiane e straniere. Amo leggere, cucinare e viaggiare in modo “indisiciplinato” e sempre alla ricerca del dono dell'ubiquità.