Qualcosa di meraviglioso

Qualcosa di meraviglioso. Una storia vera che tocca il cuore

Nel 2019 nelle sale cinematografiche grazie alla sensibilità registica di Pierre-François Martin-Laval viene proiettato Qualcosa di meraviglioso. Adattato all’autobiografia di Fahim, ne esce fuori un film davvero emozionante, una dramedy dal sapore favolistico ispirata ad una storia vera.

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Una vicenda raccontata in prima persona dal protagonista Fahim insieme a Sophie Le Callennec e Xavier Parmentier, in un libro uscito nel 2014 (Un roi clandestin) e tradotto in Italia nel 2015 dalla casa editrice Bompiani con il titolo Un re clandestino.

La trama di Qualcosa di meraviglioso

Fahim Mohammad è un giocatore di scacchi franco-bangladeshi, nasce a Dhaka, in Bangladesh, nel 2000 e si  trasferisce in Francia nel 2008 con suo padre Nura perseguitato nel suo paese per ragioni politiche. La famiglia chiede asilo politico, inizialmente respinto dalle autorità francesi.

Nel frattempo, Fahim, appassionato del gioco degli scacci inizia a giocare nel club degli scacchi di Creteil diretto dal maestro di Xavier Parmenti. Nel 2012 Fahim diviene campione nazionale di scacchi nella categoria under 12.

François Fillon, ex primo ministro transalpino, s’interessa al suo caso e dopo poche settimane suo padre ottiene un permesso temporaneo per vivere a Parigi, mentre al piccolo Fahim viene offerto «un documento provvisorio di viaggio per un minore straniero» che gli consentirà di rappresentare la Francia nelle diverse competizioni sportive.Una storia vera, quella a lieto fine che fanno bene al cuore.

Qualcosa di meraviglioso

La nostra recensione

Ripartiamo dal racconto. É l’anno 2008 quando Nura Mohammad lascia il Bangladesh in cerca di un altro futuro e lontano dalle “persecuzioni politiche”. Egli spera di trovare un “altro mondo possibile” nella capitale francese, Parigi, portando insieme sé Fahim (Ahmed Assad) di 8 anni. Il piccolo ragazzo possiede un grande talento per gli scacchi e cercano di incontrare il maestro Sylvain Charpentier interpretato magistralmente dalla figura impetuosa e stravolgente di Gerard Depardieu.

La lingua francese è la nuova espressione di Fahim che cerca un riscatto nel sognare di diventare campione di scacchi, mentre il padre Nura (Mizanur Rahaman) invece conserva la lingua bengali e stenta sia a trovare lavoro che ad aderire a quel nuovo mondo elevando l’attenzione alle numerose difficoltà di integrazione. L’incomunicabilità di Nura da un lato e gli occhi pieni di coraggio di Fahim tessono il filo rosso di questa storia potente alternata dalla “rabbia malinconica” di Gerard Depardieu e dalla “dolcezza coraggiosa” della direttrice della scuola di scacchi interpretata da Isabelle Nanty (la malata immaginaria Georgette nella famosa pellicola del Il favoloso mondo di Amélie, di Jean-Pierre Jeunet, 2001).

Così come nel gioco degli scacchi il muovere pedine comporta da parte dell’avversario una nuova azione per non tentare di subire lo scacco matto. Qualcosa di meraviglioso di Pierre-François Martin-Laval che recupera l’incredibile storia di Fahim è proprio questo scacco matto che implica allo spettatore una responsabilità, una lotta tra menti, dove i nani si trasformano in giganti e la scacchiera acquista il tono della vita e dove il re Fahim conquista il suo sogno e dona libertà e possibilità di riscatto per molti altri che vivono e hanno vissuto la sua stessa situazione, restituendo il coraggio di un riscatto possibile, nonostante ancora le numerose difficoltà di integrazione che governano il mondo quotidiano.

Ripartiamo da qui, da quella scacchiera su cui si muovono pedine, alfieri, cavalli, re e regine, una strategia trasparente dove io so quello che hai tu e tu sai quello che ho io, ma non so a quello che stai pensando, però almeno so quali sono le tue risorse e una partita a scacchi non finisce  mai con una vincita o con una perdita, bensì termina quando i pezzi bianchi e quelli neri vengono tolti dalla scacchiera e ciò che resta è il sapore di una trama che si è tessuta, una partita che in qualche modo cambia il corso della storia, come una melodia suonata che risuona nell’animo umano.

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diGiorgio Cipolletta

Artista e perfomer italiano, studioso di estetica dei nuovi media. Dopo una laurea in Editoria e comunicazione multimediale, nel 2012 ho conseguito un dottorato di ricerca in Teoria dell’Informazione e della Comunicazione. Attualmente sono professore a contratto per corso di Fotografia e nuove tecnologie visuali presso Unimc. La mia prima pubblicazione è una raccolta di poesie “L’ombra che resta dietro di noi”, per la quale ho ricevuto diversi riconoscimenti in Italia. Nel 2014 ho pubblicato il mio primo saggio Passages metrocorporei. Il corpo-dispositivo per un’estetica della transizione, eum, Macerata. Attualmente sono vicepresidente di CrASh e collaboro con diverse testate editoriali italiane e straniere. Amo leggere, cucinare e viaggiare in modo “indisiciplinato” e sempre alla ricerca del dono dell'ubiquità.