Quentin Tarantino

Quentin Tarantino – C’era una volta a…Hollywood

Quentin Tarantino torna sui grandi schermi con la sua nona opera cinematografica, C’era una volta a… Hollywood. La coppia Rick Dalton (Leonardo Di Caprio) e Cliff Booth (Brad Pitt) è ben distribuita, variegata e intraprendente. Il primo incarna un attore oramai al tramonto con alle spalle il successo di una serie tv western (Bounty Law) degli anni Cinquanta, il secondo è la fedele sua controfigura, galoppino/stuntman, nonché autista e tuttofare. Il regista americano ci conduce fin dentro la sua filosofia (pulp and cool) che ha contraddistinto ogni suo film a partire dalle Iene (1992) passando per il successo di Pulp Fiction (1994) fino ad The Hateful Eight (2015). I due attori holliwoodiani, chi meglio di loro questa volta, rappresentano le due facce della stessa medaglia.

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Da  un lato troviamo Rick la star di Hollywood che sta per essere messa da parte dalle logiche dello star system e dall’altra parte, c’è Cliff, una figura più burbera e istintiva, un ragazzotto robusto che vive dentro ad una roulette insieme al suo fedelissimo cagnone ai margini della città che supporta ed appoggia l’amico, ma entrambi stanno (forse) affondando insieme, tra sigarette fumate (imbevute nell’acido), whisky sour, margarita e le strade affollate da hippie. Il cast della pellicola tarantiniana si appoggia anche ad altri nomi importanti come Kurt Russel, Emile Hirsch e Al Pacino. Hollywood alla fine degli anni Sessanta: ultima fase della sua età dorata.

Mentre Cliff fatica a trovare nuovi lavori, dato anche dal fatto che gli accreditano l’uccisione della moglie, Rick appoggiato dal successo abita nel quartiere di Cielo Drive, sulle colline di Bel-Air proprio accanto alla villa del celebre regista Roman Polanski e della sua moglie Sharon Tate (Margot Robbie). Di Caprio-Brad Pitt (Rick Dalton-Cliff Booth), l’uno il rovescio dell’altro, l’uno il moltiplicatore di se stesso e dell’altro rovesciato, specchio attoriale del maschile contemporaneo. Tarantino accompagna lo spettatore, che attende durante tutto il film l’ingresso di scene pulp, uccisioni, nello stile che più contraddistingue il regista americano, ma dovrà aspettare il gran finale a convincere lo stesso spettatore e accreditare ancora una volta l’unicità dello stile tarantiniano. La pellicola scorre restituendoci citazioni dello stesso regista.

Metacinema? Un cinema nel cinema, tra finzione, realtà e finzione, un cortocircuito senza fine.

Due ore e quaranta minuti concessi allo spettatore dove troviamo Brad Pitt combattere con Bruce Lee (Mike Moh) e la stessa Margot Robbie / Sharon Tate si presta a rivedere se stessa al cinema. Se Sharon Tate sorride, Rick Dalton piange e soffre mescolando alcool e disperazione.

Lo stesso Di Caprio riflette su se stesso, sul “paradosso dell’attore” e diventa ad un tratto Steve McQueen. Tarantino ci mette in guardia dall’arrivo dei “nazisti”, bruciati dal lanciafiamme di Rick Dalton, catapultandoci tra le stesse fiamme di Bastardi Senza Gloria (2009). Il regista americano ci sprona ad immaginarci in un mondo “nuovo”, almeno diverso, lontano dai seguaci di Charles Manson e restituendoci un finale, meno tragico e più pulp. Il cinema ci riporta al mito del western codificato nello stilo unico tarantiniano mescolando spaghetti western, poliziesco ingenuo e arti marziali  rocambolesche. Quentin Tarantino rievoca, ripropone storie, le modifica, le maltratta e addirittura commuove attraverso il dialogo tra la bambina di otto anni (Julia Butters) e Rick Dalton, entrambi in attesa per girare la prossima scena sul set-cinematografico. Lei, la piccola, più matura e reale rispetto a Rick Dalton, malinconico e sofferente. Commozione e gloria evocano una redenzione di salvezza. L’attore è alla ricerca non del tempo perduto, ma della sua disperata finzione affinché si senta reale e realizzato. Attraverso il cinema è l’attore stesso a diventare eroe ed anti-eroe di se stesso. C’era una volta (il West e in America) omaggia il grande regista Sergio Leone e allo stresso tempo tenta di rimanere dentro la favola, con un lieto fine alquanto pulp.

Quentin Tarantino ha sempre pensato e parlato nel e per il “cinema”. Egli tenta di riscrivere la Storia, ma una storia, con una s minuscola, ma che vale la pena, nonostante tutto di rivivere. Se nella realtà gli omicidi ordinati da Charles Manson cambiano Hollywood, Tarantino ci concede una via di fuga, dove il cavaliere (Rick), lo scudiero (Cliff) e la principessa sul castello (Sharon Tate) ci restituiscono un lieto fine, quasi-favola, così che il regista resta “appiccicato” al suo Cinema come  grande mediatore di immaginari, lontano da quell’essere un bambino viziato, ma cercatore di desideri da restituire, spazi e trattini da riempire…

copertina
Regia
Quentin Tarantino
Genere
Drammatico
Anno
2019
Attori
Brad Pitt - Leonardo DiCaprio - Margot Robbie -
Durata
161 minuti
Paese
USA
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diGiorgio Cipolletta

Artista e perfomer italiano, studioso di estetica dei nuovi media. Dopo una laurea in Editoria e comunicazione multimediale, nel 2012 ho conseguito un dottorato di ricerca in Teoria dell’Informazione e della Comunicazione. Attualmente sono professore a contratto per corso di Fotografia e nuove tecnologie visuali presso Unimc. La mia prima pubblicazione è una raccolta di poesie “L’ombra che resta dietro di noi”, per la quale ho ricevuto diversi riconoscimenti in Italia. Nel 2014 ho pubblicato il mio primo saggio Passages metrocorporei. Il corpo-dispositivo per un’estetica della transizione, eum, Macerata. Attualmente sono vicepresidente di CrASh e collaboro con diverse testate editoriali italiane e straniere. Amo leggere, cucinare e viaggiare in modo “indisiciplinato” e sempre alla ricerca del dono dell'ubiquità.