Dopo le fiamme

Dopo le fiamme – Fernando Aramburu

Dopo le fiamme si compone di dieci racconti per raccontare il dolore, la distruzione, l’oblio e le conseguenze che possono avere gli attentati terroristici sulle persone, sullo spirito e la storia di un popolo.

Il terrorismo dell’ETA espressione di quella perfida, vigliacca strategia del terrore che non ha volti ma solo nomi e bandiere, ideologie estreme che mirano allo stravolgimento di poteri ma che si perseguono e si consumano in lotte fratricide tra poveracci. Situazioni diverse, mondi diversi senza che gli uomini abbiano mai a imparare dal male che sono in grado di causare e di provocarsi.

Nel pluripremiato Patria e nel successivo Anni lenti, pubblicati in Italia da Guanda rispettivamente nel 2016 e nel 2018, quello straordinario scrittore che è Fernando Aramburu aveva affrontato le devastazioni sociali causate dagli anni drammatici dell’ETA. In Patria, Aramburu dava voce a se stesso, mettendo in bocca ad uno scrittore durante una presentazione “Ci sono libri che ti crescono dentro nel corso degli anni in attesa dell’occasione opportuna per essere scritti“. E senza dubbio gli ultimi romanzi di Fernando Aramburu corrispondo appieno a questa riflessione. Se ne sente l’impetuosità, la forza.

Se da adolescente basco lo scrittore stesso è stato esposto alla propaganda del terrorismo e ne ha subito il fascino, in età adulta il ruolo di autore gli consente di costruire con pienezza e con maturità una visione cruda e distaccata degli anni segnati dalla lotta armata dell’ETA.

In Dopo le fiamme (Guanda 2019), Aramburu arriva al cuore del lettore, analizzando ancor meglio questa sua visione. Il fulcro del libro, il tema centrale, drammatico e devastante, è il terrorismo basco. A descrivere e a testimoniare il dolore provocato dagli attentati assassini, dagli omicidi, dai ricatti, sono le storie di personaggi diversi. Sia che abbiano subito, direttamente o indirettamente, il male, sia che lo abbiano provocato. Si susseguono così le narrazioni dell’attentatore, della figlia della vittima, della fidanzata del figlio orfano, della madre che scrive una lettera al figlio non ancora nato…e intorno a queste vite l’isolamento, l’angoscia, le nevrosi di chi rimane.

Su tutti e su tutto le figure di donne forti, granitiche. Vedove, madri di figli orfani, di assassini in carcere o clandestini. Donne che sono dighe a impedire che il male, la sofferenza abbiano la meglio sulla loro famiglia e siano ancor più atroci di ciò che li ha provocati.

Dopo le fiamme è un romanzo generazionale, nel senso di attraversare le vicissitudini di generazioni direttamente vittime dell’ETA e di quelle successive che ne hanno subito le conseguenze. Aramburu non ha utilizzato la classica struttura del romanzo per raccontarci queste vite. Ha sviluppato invece il tema delle conseguenze del terrorismo in forma di racconti, ricamati intorno a personaggi diversi, che non si conoscono, che vivono in zone diverse, vittime e carnefici, uniti da una storia comune, da una lacerazione comune. E il risultato di questa scelta è di rilievo, coinvolgente ed energico in un susseguirsi uniforme per argomento, ma con costruzioni e strutture diverse, sintassi disordinate, disomogenee.

Lo stile di Aramburu d’altronde è originale, personale, coinvolgente, di assoluto valore. In Dopo le fiamme, il lettore affezionato a questo scrittore troverà la fedeltà all’argomento ETA e terrorismo, e non potrebbe essere diversamente, sviluppato con un respiro diverso e non più solo al presente dei protagonisti. Troverà le ripercussioni, i malesseri, gli squilibri, i distacchi di chi è sopravvissuto. Troverà le atmosfere di piccoli paesi baschi, persi tra mare e montagna, collettività chiuse nel loro isolamento, barricate per escludere dalla vita sociale gli individui obiettivo dell’ETA e i loro famigliari. Essere nel mirino dei terroristi è una colpa, un disonore, una macchia da nascondere, da soffocare perché si rischia di esserne coinvolti e accomunati. Essere terrorista significa essere innalzato ad eroe dalla comunità. Per rispetto e stima o per paura?

Dieci racconti che non sono mai cronaca di quanto è accaduto, pur avendo in comune lo stesso accadimento: l’attentato. Un fatto imprevedibile, non un incidente ma un crimine, che deflagra nella quotidianità di persone inermi, inconsapevoli. E le vittime non sono solo l’obiettivo dell’omicidio, ma anche chi ne viene coinvolto, chi si trova a passare di lì mentre un proiettile devia la sua traiettoria, l’incendio avvampa e si propaga, le schegge di una bomba lo falcia. Sono le famiglie dei morti e degli attentatori. Sono quelli che verranno. Sono le persone che non si vogliono esporre, che si trincerano dietro all’indifferenza, pronte a interrompere relazioni, amicizie, conoscenze.

Dieci racconti del dolore, “Dedico questo libro all’impurità” scrive lo stesso autore nell’apertura. Ora pura descrizione, ora racconto e dialogo che pare più riflessione che confronto, in forma di diario o di lettera, botta e risposta senza virgolettato, piani sequenza e cambi repentini di immagine. Storie che colpiscono, emozionano e alla fine rimangono sospese, senza dare l’impressione di avere letto una raccolta di racconti, ma un romanzo senza respiro, senza interruzioni né cadute.

Senza cessare emozioni che ogni lettore, in modo diverso, potrà vivere, scandite e scolpite da termini dialettali baschi, anch’essi duri, aspri. Come la gente di Euskal Herria.

copertina
Autore
Fernando Aramburu
Casa editrice
Guanda
Anno
2019
Genere
Narrativa
Formato
Brossura
Pagine
256
Traduzione
Elisa Tramontin
ISBN
9788823522039
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diSteve Fortunato

Piemontese di origine e milanese d’adozione. Imprenditore da sempre, ha sfogato principalmente nel marketing e nella comunicazione la creatività e il desiderio di nuovi orizzonti e di nuove sfide. Razionale e impulsivo, istintivo e sensibile. Racconta vicende e persone con una visione nichilista e un linguaggio crudo, duro, scarno a volte, che però sa cedere a momenti delicati, di sottile nostalgia.