Edith Bruck – Il pane perduto

Se non avete mai letto nulla di Edith Bruck, questo è il momento giusto per cominciare. La candidatura del suo ultimo libro, Il pane perduto (La Nave di Teseo) nella dozzina finalista del Premio Strega 2021, ha messo in evidenza l’intero e straordinario universo di cui è portatrice questa scrittrice.

Ma Edith Bruck è già da molti anni presente in maniera importante sulla scena letteraria. Perché la sua voce parla alle nuove generazioni portandole in viaggio nel passato, attraverso la memoria, gli orrori. La sua è una letteratura per non dimenticare.

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 La trama

 Il pane perduto è un libro che parla di una vita intera. Quella di Edith Bruck che attraversa l’infanzia, ricorda gli zoccoli di legno per tutte le stagioni, il ruolo della Polonia di Auschwitz, quello della Germania dei campi di concentramento.

Edith sopravvive ai lager con il sostegno della sorella più grande Judit ed inizia un’altra odissea. Il tentativo di vivere senza sapere come e con chi, il ricordo dietro di sé di vite bruciate, come quelle dei genitori; mentre davanti a sé c’erano solo macerie reali ed emotive. Il mondo le appare estraneo, nessuna accoglienza e nessun ascolto.

Così ancora una fuga verso un altrove in cui costruire la propria salvezza. L’autrice racconta la sensazione di estraneità verso i suoi stessi familiari che non hanno vissuto l’esperienza dei campi di concentramento, il tentativo di stabilirsi in Israele e l’invenzione di una vita nuova. E poi ancora le fughe, le tournée per l’Europa in un corpo di ballo composto da esuli.

Fino all’approdo in Italia, la direzione di un centro estetico e l’incontro con il compagno di una vita, il poeta Nelo Risi, che sancisce un sodalizio artistico e sentimentale che durerà oltre sessant’anni.

Il pane perduto, di Edith Bruck – La recensione

Edith bruck ha una missione ben precisa che ha assegnato alla sua letteratura, alla sua prosa e al suo stile. Quello di non far dimenticare, di tenere accesa la luce della memoria anche quando i ricordi iniziano a svanire, quando l’età avanza e il passato si fa più nebuloso.

A sessant’anni dal suo primo libro, Il pane perduto è il contenitore ultimo di una vita in cui c’è dentro la Storia dei nostri nonni, dei nostri padri, e anche un po’ di noi. Sì perché in questo viaggio che parte dall’infanzia e che attraversa gli anni bui dell’Europa, c’è spazio anche per il presente.

Edith Bruck si sofferma anche sui pericoli dell’attuale ondata xenofoba, e nel finale si lascia andare ad una commovente lettera a Dio, in cui ci mostra senza veli le sue reticenze e i suoi dubbi, le sue speranze e il suo desiderio intatto di raccontare, di narrare, di tramandare alle generazioni future la sua storia e quella del Novecento, perché solo così è possibile costruire un futuro nuovo, diverso, giusto.

La memoria dunque come pane quotidiano, ma anche come Il pane perduto, qualcosa da non perdere, qualcosa a cui aggrapparsi strenuamente. Si fa un gran parlare di memoria oggi, ma forse si dovrebbe spostare lo sguardo anche sul valore della testimonianza, e su come “dopo l’ultimo testimone” (come affermava David Bidussa in un bellissimo volume) potrebbe calare il buio. Ciò non deve succedere, e finché ci sarà Edith Bruck saremo al sicuro.

Ma dopo? Dopo ci saremo noi. Noi che abbiamo letto, ascoltato, compreso, noi che continueremo a raccontare, a scrivere, a immaginare e a non dimenticare.

copertina
Autore
Edith Bruck
Casa editrice
La nave di Teseo
Anno
2021
Genere
Narrativa
Formato
Brossura
Pagine
128
ISBN
9788834604519
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diDonato Bevilacqua

Proprietario e Direttore editoriale de La Bottega di Hamlin, lettore per passione e per scelta. Dopo una Laurea in Comunicazione Multimediale e un Master in Progettazione ed Organizzazione di eventi culturali, negli ultimi anni ho collaborato con importanti società di informazione e promozione del territorio. Mi occupo di redazione, contenuti e progettazione per Enti, Associazioni ed Organizzazioni, e svolgo attività di Content Manager.