Jorge Luis Borges è stato un grandissimo scrittore argentino, ma anche un grande poeta, un traduttore, un saggista, filosofo ed accademico. Le sue opere hanno reso la letteratura filosofica e fantastica qualcosa di accessibile e di nuovo.
Jorge Luis Borges è per molti considerato l’ideatore di quel genere che oggi è chiamato “realismo magico”, che risponde al realismo e al naturalismo del XIX secolo.
I suoi racconti fantastici sono famosi in tutto il mondo, ed in essi sono coniugate filosofia, metafisica e fantasia, con elementi come il doppio, le realtà parallele, il sogno e la magia. L’aggettivo borgesiano indica oggi una concezione della vita come finzione, come fiction, come spacciata per veritiera.
Qui vi consigliamo 5 libri di Jorge Luis Borges assolutamente da non perdere per comprendere il suo genio ed il suo stile.
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Finzioni
Giunto in Italia nel 1944, fu il primo libro di Jorge Luis Borges ad arrivare in Italia, e di recente Adelphi l’ha ripubblicato in una nuova versione.
“Un falso paese scoperto in «un’enciclopedia pirata», Uqbar, e un pianeta immaginario, Tlön, «labirinto ordito da uomini» ma capace di cambiare la faccia del mondo; il Don Chisciotte di Menard, identico a quello di Cervantes eppure infinitamente più ricco; il mago che plasma un figlio nella materia dei sogni e scopre di essere a sua volta solo un sogno; l’infinita Biblioteca di Babele, i cui scaffali «registrano tutte le combinazioni possibili della ventina di simboli ortografici … cioè tutto ciò che è dato di esprimere: in tutte le lingue» e che sopravviverà all’estinzione della specie umana; il giardino dai sentieri che si biforcano; l’insonne Funes, che ha più ricordi di quanti ne avranno mai tutti gli uomini insieme; il perspicace detective Lönnrot, che risolve una serie di delitti grazie a un triangolo equilatero e a una parola greca, Tetragrammaton, e si condanna a morte; lo scrittore ebreo Jaromir Hladìk, cui Dio concede di portare a termine una tragedia in versi davanti al plotone di esecuzione tedesco, in un immoto istante che dura un anno.
Sono i lemmi di un’enciclopedia illusoria e al tempo stesso, non diversamente da quella di Tlön, di arcana, irresistibile potenza. Un’enciclopedia che ha scompaginato le nostre certezze in materia di letteratura e che tuttavia sembra riflettere il nostro paesaggio interiore – come un’antica mappa che, riaffiorata d’improvviso alla luce, riveli segni e simboli inspiegabilmente familiari. Un’enciclopedia che, forse, avevamo già sognato”.
Il libro degli esseri immaginari
Una vera e propria esplorazione di Borges tra mitologie, enciclopedie e dizionari, bestiari e resoconti di viaggio. La zoologia di viaggio borgesiana è percorsa da grandi affinità, messe in luce in questo libro.
“L’esito di questa sterminata ricognizione è un manuale che il lettore è caldamente invitato a frequentare «come chi gioca con le forme mutevoli svelate da un caleidoscopio». Ritroverà così animali che già gli erano familiari, ma che ora tradiscono caratteri insospettati: come l’Idra di Lerna, la cui testa – sepolta da Ercole – continua a odiare e sognare, o il Minotauro, «ombra di altri sogni ancora più orribili». Imparerà a conoscere esseri che sembrano usciti dalla fantasia stessa di Borges: come la «gente dello specchio», ridotta a riflesso servile dall’Imperatore Giallo dopo aspre battaglie, o il funesto Doppio, suggerito «dagli specchi, dall’acqua e dai fratelli gemelli». E si imbatterà in creature di cui neppure sospettava l’esistenza: come lo hidebehind dei taglialegna del Wisconsin e del Minnesota, che sta sempre dietro a qualcosa, o la Scimmia dell’Inchiostro, che attende pazientemente che tu abbia finito di scrivere per berlo. E sempre aleggia, irresistibile e aereo, lo humour di Borges, il quale ci spiega compassato che la qualifica di contea palatina attribuita al Cheshire provocò l’incontenibile ilarità dei gatti del luogo – donde, con ogni probabilità, il gatto del Cheshire”.
Il libro di sabbia
Un bellissimo volume che parla del doppio, delle atmosfere visionarie proprie degli anni ’40. Il libro di sabbia raccoglie tredici racconti a cui se ne aggiunge uno in appendice. “Nel febbraio del 1969, a Cambridge, su una panchina davanti al fiume Charles, Borges incontra un uomo che ha la sua stessa voce e gli è più intimo di un figlio nato dalla sua carne. L’uomo è Borges ventenne, a Ginevra, seduto su una panchina davanti al fiume Rodano”.
Sono racconti fantastici e forse sogni quelli contenuti in questo libro, che ci mettono di fronte anche ad apparizioni spettrali. Ma ci sono anche incontri con oggetti da incubo da cui si sprigionano il caos o la divinità.
«In questi esercizi da cieco» scrive Borges «ho voluto essere fedele all’esempio di Wells: la congiunzione di uno stile piano, a volte quasi orale, con una trama impossibile».
L’Aleph
Questo è il libro in cui, per molti, scopriamo un grande scrittore ed un nuovo modo di fare letteratura. Una bellissima raccolta di racconti che, “dallo Zahir a Deutsches Requiem, dalla Ricerca di Averroè all’Immortale – entravano nella nostra geografia mentale come luoghi da sempre familiari e misteriosi, per non uscirne più”.
L’altro, lo stesso. Jorge Luis Borges e la poesia
Uscito nel 1964, questo libro si muove per incrementi intorno ad un nucleo di sei testi. Ben 75 componimenti che rappresentano la più importante raccolta di poesie di Jorge Luis Borges. Trent’anni racchiusi in un volume per seguire la sua evoluzione poetica e l’enigmicità del reale.
Ha scritto Borges: «Dei molti libri di versi che la mia rassegnazione, la negligenza e a volte la passione sono andate abbozzando, L’altro, lo stesso è quello che preferisco».
Nel Prologo Borges sintetizza con queste parole la traiettoria della sua poesia: «È curiosa la sorte dello scrittore. Agli inizi è barocco, vanitosamente barocco, ma dopo molti anni può raggiungere, con il favore degli astri, non la semplicità, che non è niente, ma la modesta e segreta complessità». Di tale classicissimo ideale sono documento testi ormai celebri quali Poesia congetturale, Limiti, Il Golem, Altra poesia dei doni. Ma è nella forma chiusa del sonetto che quella «modesta e segreta complessità» trova forse la sua più compiuta espressione, insieme ai temi cifrati e personali che Borges chiama le «mie abitudini»: «Buenos Aires, il culto degli antenati, la germanistica, la contraddizione fra il tempo che passa e l’identità che permane, lo stupore che il tempo, nostra sostanza, possa essere condiviso».