epidemie

Le epidemie raccontate dalle serie tv

Oggi vogliamo approfondire le modalità in cui anche le serie tv hanno raccontato le epidemie, e le raccontano ancora oggi. Opere che sono diventate famosissime negli ultimi anni, e che in qualche caso spingono la narrazione verso il futuro.

Quali sono quindi le migliori serie tv che raccontano epidemie e virus che minacciano il pianeta? Ne abbiamo scelte alcune rappresentative, che gli appassionati non possono farsi sfuggire.

CORONAVIRUS: ECCO COME LA LETTERATURA RACCONTA LE EPIDEMIE

Le serie tv che raccontano virus ed epidemie

Containment è una (mini)serie televisiva di qualche anno fa (2016) che descrive la quarantena, prima di un ospedale, poi di un’intera parte della città. Nella serie Helix (2014) ideata da Cameron Porsandech un contagio sconosciuto si sta diffondendo nelle strutture di un laboratorio sotterraneo di una misteriosa società biotecnologica: la Arctic Biosystems.

Nello stesso anno nasce anche la serie The Strain basata sulla trilogia di libri Nocturna, del regista Guillermo del Toro e del romanziere Hogan composta da: La progenie (The Strain) dal quale è tratta la prima stagione, La caduta (The Fall) dal quale è tratta la seconda stagione, e Notte eterna (The Night Eternal) dal quale è tratta la terza stagione. Qui l’epidemia è di natura antasy, ma i suoi effetti e la ricaduta sui comportamenti umani sono a volte tristemente riconoscibili.

the strain

The Last Ship (2014) creata da Hank Steinberg e Steven Kane viene trasmessa dal 2014 al 2018 per cinque stagioni sul canale TNT. Prodotta, tra gli altri, da Michael Bay, la serie si basa sull’omonimo romanzo del 1988 di William Brinkley: una missione semplice: trovare una cura per un tremendo virus e salvare il mondo. Una pandemia globale ha ucciso l’ottanta per cento della popolazione del pianeta. Tocca all’equipaggio di un cacciatorpediniere navale trovare un modo per allontanare l’umanità dall’orlo dell’estinzione.

Già nel 1975 con Survivors – I Sopravvissuti, una storica serie inglese andata in onda per la prima volta ne lontano 1975 racconta di solo l’1% della popolazione mondiale che rimane in vita per colpa dei soliti scienziati che si fanno scappare l’esperimento dal laboratorio. Con la serie del 2019 Dystopia ci catapultiamo immediatamente nell’anno 2037 in cui mondo non è un posto particolarmente felice: l’umanità sta infatti morendo lentamente, perché le persone sono diventate sterili.

Nel 1999 esce The Tribe prodotta tra Nuova Zelanda e Inghilterra, parla di un virus che uccide gli adulti. Si chiama “Ok Boomer, ma anche Millennial”. Con The Rain (2018) la fine arriva dal cielo e non da qualche laboratorio sotterraneo o nascosto nel deserto: la sostanza però non cambia: se entri in contatto con la pioggia, si muore.

Altra serie forse sconosciuta è Between (2015), opera canadese presente su Netflix, dove si parla di una cittadina di nome Pretty Lake che si ritrova al centro di una misteriosa malattia.Anche qui i risultati sono molto particolari: a perdere la vita sono le persone dai ventidue anni in su. Dal Canada arriva Regenesis (2014) dove Gli scienziati del NorBAC (“North American Biotechnology Advisory Commission”) indagano su vari casi di natura scientifica, dal bioterrorismo, alle malattie sconosciute alla medicina ufficiale.

the walkind dead

D’obbligo quando si parla di serie tv su epidemie e virus è The Walking Dead (2010) dove l’imbarbarimento dell’umanità viene messa di fronte alla fine del mondo. Dal canto suo anche Z Nation (2014) creata da Karl Schaefer e Craig Englercon con un approccio da B-movie Un gruppo di sopravvissuti ad un’apocalisse zombi deve portare in un centro di ricerca, dall’altra parte degli Stati Uniti, un uomo infettato che sembra mostrare una resistenza al virus.

Se nella “peste” manzoniana (Storia della colonna infame) la colonna perde di colpo una consonante e acquista una vocale si trasforma in colonia. Forse stiamo “vivendo” la cara legge del contrappasso dantesca, un tempo eravamo noi a chiudere i porti, ora sono gli altri a chiudere gli aeroporti. Essere
untori e focolai, dimenticando Giordano Bruno per far resistere Giovanna D’Arco. Dove è finito l’umano umano? Ipocondria folle, pazzia ipocondriaca, dove la Peste di Camus e la Cecità di Saramago si trasformano in narrazioni virale, mentre la la mascherina sostituisce la maschera (della morte rossa) di Poe e Boccaccio scrive 101esmia novella (come fosse la carica dei 101) tutto contaminato da un eccessivo sentimento dell’igiene e i corpi forti e sani sopprimono
quelli deboli, fragili e disabili.

Ecco che l’amuchina ci restituisce “la preziosa” nobiltà di lustrare il corpo imparando la prima volta a lavarci le mani aiutati da tutorial ovunque nel virtuale esistere, mentre la nostra mente “poco lucida” resta a lustrare uno schermo a led (quantici) infagottato di informazioni che perdono la loro
formazione restituendoci un senso di pandemia acuta (infodemia). Perché come scrive il nostro caro Camus“il bacillo della peste non muore né scompare mai, ma soccorrerci arriva Canetti: Nulla l’uomo teme di più che essere toccato dall’ignoto. Vogliamo vedere ciò che si protende dietro di noi: vogliamo conoscerlo o almeno classificarlo. Dovunque, l’uomo evita d’essere toccato da ciò che gli è estraneo. Di notte o in qualsiasi tenebra il timore suscitato dall’essere toccati inaspettatamente può crescere fino al panico. Neppure i vestiti garantiscono sufficiente sicurezza; è talmente facile strapparli, e penetrare fino alla carne nuda, liscia, indifesa dell’aggredito. (Elias Canetti, Massa e potere,1960.)

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diGiorgio Cipolletta

Artista e perfomer italiano, studioso di estetica dei nuovi media. Dopo una laurea in Editoria e comunicazione multimediale, nel 2012 ho conseguito un dottorato di ricerca in Teoria dell’Informazione e della Comunicazione. Attualmente sono professore a contratto per corso di Fotografia e nuove tecnologie visuali presso Unimc. La mia prima pubblicazione è una raccolta di poesie “L’ombra che resta dietro di noi”, per la quale ho ricevuto diversi riconoscimenti in Italia. Nel 2014 ho pubblicato il mio primo saggio Passages metrocorporei. Il corpo-dispositivo per un’estetica della transizione, eum, Macerata. Attualmente sono vicepresidente di CrASh e collaboro con diverse testate editoriali italiane e straniere. Amo leggere, cucinare e viaggiare in modo “indisiciplinato” e sempre alla ricerca del dono dell'ubiquità.