Dopo il discusso Sottomissione (Bompiani, 2015), Michel Houellebecq ritorna a perturbarci con l’ultimo romanzo edito da La nave di Teseo, Serotonina.
È una piccola compressa bianca, ovale, divisibile. Verso le cinque o a volte le sei di mattina mi sveglio, il bisogno è al culmine, è il momento più doloroso della mia giornata. Il mio primo gesto è attivare la caffettiera elettrica; la sera prima ho riempito il serbatoio di acqua e il filtro di caffè macinato (di solito è Malongo, sono rimasto piuttosto esigente in fatto di caffè). Mi accendo una sigaretta solo dopo aver bevuto un primo sorso; è una costrizione che mi impongo, un successo quotidiano che è diventato il mio principale motivo di orgoglio (va comunque detto che il funzionamento delle caffettiere elettriche è rapido). Il sollievo che mi dà la prima boccata è immediato, di una violenza stupefacente. La nicotina è una droga perfetta, una droga semplice e dura, che non dà nessuna gioia, che si definisce interamente con l’astinenza, e con la cessazione dell’astinenza. Qualche minuto più tardi, dopo due o tre sigarette, prendo una compressa di Captorix con un quarto di bicchiere di acqua minerale – in genere Volvic.
Captorix è un farmaco di nuova generazione, non dà alcuna forma di felicità, e neppure di vero sollievo, ma “trasforma la vita in una serie di formalità. Questa piccola compressa bianca viene prescritta al quarantaseienne Florent-Claude Labroust, funzionario del Ministero dell’Agricoltura e protagonista-narratore dell’ultima opera dello scrittore francese, Serotonina.
Florent decide di “congedarsi” da qualsiasi cosa intorno a lui, partendo dall’ultima giovane fidanzata giapponese Yuzu che predilige i gangbang, rapporti sessuali di gruppo. Ma chi è veramente Florent-Claude Labrous? Qual è il confine che separa la depressione, dalla comune tristezza? Il passato scorre sulle note “impulsive” della vita, dall’ex- fidanzata, dal vecchio amico Aymeric. Nel romanzo avanza la pesantezza della solitudine, quasi un dialogo muto di appagamento mancato. Forse la verità è che in realtà sappiamo davvero poco di noi stessi, delle poche e complicate relazioni che abbiamo avuto.
Houellebecq mette in scena quasi una catastrofe imminente marcata da un cinismo quasi gratuito, quasi a svelare il sorriso di una felicità mancata. L’uomo si presenta al lettore stanco, silenzioso, dove la condizione umana di Florent-Claude Labrous-Houellebecq è un continuo flagellamento. Serotonina si presenta come un’autobiografia diluita di un uomo che si consuma attraverso gli antidepressivi, tra un desiderio di verità e un voyeurismo esagerato. Trasgressione e provocazione si normalizzano in un contesto di dolore, di caduta e di perdita di desiderio, lo stesso desiderio che il Captorix toglie. Houellebecq è disilluso, mantenendo “in vita” a volte, una patina di romanticismo mescolata ad banalità amara. La strategia del rancore e del precipizio si amalgamano in un irreversibile declino dell’uomo, un’animale avanti con gli anni, logorato e mortalmente colpito.
L’ideale sarebbe mantenere la serotonina a un livello corretto […] abbassando il cortisolo, magari aumentando un po’ la dopamina e le endorfine, così sarebbe perfetto. Seretonina cerca di essere un romanzo d’amore, sull’amore o quasi, ma soprattutto ci svela il suo potere terapeutico e salvifico, ma allo stesso tempo ci immerge in una spirale di annientamento e morte. Houellebecq ci lascia così un grido disperato di salvare il mondo, ma invano.
Michel Houellebecq
Casa editrice
La nave di Teseo
Anno
2019
Genere
Narrativa
Formato
Brossura
Pagine
332
Traduzione
Vincenzo Vega
ISBN
9788893447393