la casa di jack

La casa di Jack di Lars von Trier. L’estetizzazione del male

Torna sui grandi scherma il regista più controverso dei nostri giorni Lars von Trier con The House That Jack Built (La casa di Jack, 2018). La pellicola è stata presentata lo scorso anno al Festival di Cannes alimentando numerose polemiche, gli spettatori sono stati davvero infastiditi dalla violenza nei confronti di bambini e donne e lasciarono la sala prima della fine del film.

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La casa di Jack arriva in Italia in entrambe le versioni sia doppiata e censurata che in lingua originale e senza alcun tagli. Von Trier si è ispirato ai romanzi scritti da Patricia Highsmith.(Mary Patricia Plangman/Claire Morgan). Con la sua estetica della violenza, il regista danese ci mette di fronte ad un’opera d’arte “massacrante”, “desiderante”, l’omicidio stesso diviene forma autentica d’arte. L’ossessione governa l’intero film e Jack è il nostro serial killer compulsivo che ci troviamo di fronte e non ci lascia mai, fino alla fine. Sono cinque gli episodi costruiti da Lars von Trier e un epilogo (catabasi). Matt Dillon impersona Jack e il suo male. Egli ingegnere, desidera essere un architetto, ogni omicidio è la sua opera. Donne che vengono uccise con il cric (Uma Thurman). strangolate nella propria abitazione, mutilate di un seno, addirittura una famiglia viene sterminata durante un picnic e un gruppo disposto in maniera geometrica per essere colpito solo con una pallottola.

La casa di Jack opera un’operazione chirurgica del delitto perfetto, maniaco costruendo come un architetto (desiderato) la casa perfetta. Jack uccide con lucidità matematica, la stessa con cui non smette mai di costruire la sua opera d’arte. Von Trier perturba, non ci lascia scampo, Jack costruisce nei dodici anni in cui ammazza più di sessanta persone la sua poetica, quella della violenza, della sofferenza interrotta. Questa volta il regista sceglie il maschile dopo una lunga serie di protagoniste femminili nei suoi lungometraggi. Jack appartiene alla natura umana, al suo tempo e la sua poesia viene tradotta in distruzione. L’esecutore-poeta ha un estremo bisogno di confessarsi, ma allo stesso tempo nella sua natura di uomo desidera fortemente nascondersi, ed è in questo divario che si disvela la negazione della vita. Il viaggio all’inferno è pronto e Virgilio (interpretato dallo straordinario Bruno Ganz, prima della sua scomparsa) conduce Jack in un viaggio dantesco nell’oltretomba. L’ossessione rappresenta il maschile, il patriarcato che si oppone al desiderio pulsionale della donna. L’intera pellicola si costruisce in un doppio movimento che conduce Jack ad edificare la sua casa di godimento attraverso la violenza e rifugio dalla Legge. Jack invade lo sguardo dell’altro fino a condurlo all’Inferno dove non esiste più godimento ma estenuante e reiterazione. Lars von Trier estetizza il male incorporandolo nel personaggio unico, narcisistico, malato, perverso di Jack.

Non c’è consolazione, ma un fuoco che arde, mentre il Virgilio-Ganz tenta di offrire (invano) una via d’uscita, ma restiamo attoniti e stupefatti all’Inferno, dove l’amore non esiste, celebrando l’idea che la vita sia crudele e spietata. L’omicidio di Jack è opera d’arte rievocando lo spirito di Glenn Gould che suona Bach al pianoforte. Il disagio ci colpisce e ci affascina nella sua bellezza violenta, tra teorie e perfezione maniacale nel compiere il suo “delitto perfetto”. Von Trier ci fa entrare senza veli dentro l’oscurità del negativo della pellicola, dove l’anima si inquieta e nasconde l’efferatezza perversa del crimine, la banalità autentica, singolare del male. L’estetica del male, delle rovine, della disperazione è il terreno fertile su cui Lars von Trier accende le luci, anestetizzando qualsiasi forma di empatia. L’estetizzazione dell’oscurità ci pone di fronte alla decomposizione, all’orrore, al sangue, alla putrefazione della carne. La casa di Jack è un urlo potente, una richiesta di aiuto dove tutti siamo vittime sacrificabili. L’opera d’arte infernale del regista danese fa scoppiare di colpo il coperchio della pentola a pressione avvolgendoci dentro una violenza inaudita, senza più speranza di sopravvivere.

copertina
Regia
Lars von Trier
Genere
Drammatico
Anno
2019
Attori
Matt Dillon - Bruno Ganz - Uma Thurman -
Durata
155 minuti
Paese
Danimarca
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diGiorgio Cipolletta

Artista e perfomer italiano, studioso di estetica dei nuovi media. Dopo una laurea in Editoria e comunicazione multimediale, nel 2012 ho conseguito un dottorato di ricerca in Teoria dell’Informazione e della Comunicazione. Attualmente sono professore a contratto per corso di Fotografia e nuove tecnologie visuali presso Unimc. La mia prima pubblicazione è una raccolta di poesie “L’ombra che resta dietro di noi”, per la quale ho ricevuto diversi riconoscimenti in Italia. Nel 2014 ho pubblicato il mio primo saggio Passages metrocorporei. Il corpo-dispositivo per un’estetica della transizione, eum, Macerata. Attualmente sono vicepresidente di CrASh e collaboro con diverse testate editoriali italiane e straniere. Amo leggere, cucinare e viaggiare in modo “indisiciplinato” e sempre alla ricerca del dono dell'ubiquità.