Valentina D’Urbano: alla ricerca di quella vita che ci manca

A più di due anni di distanza dall’ultima intervista, torniamo a fare due chiacchiere con Valentina D’Urbano, giovane scrittrice che è ormai un’affermata realtà nel panorama letterario italiano, e che ha di recente pubblicato, per Longanesi, Quella vita che ci manca. Torniamo quindi a parlare di legami e sentimenti, delle cicatrici del passato e delle prospettive del futuro. E di quel pezzo di vita, che in fondo, manca un po’ a tutti.

 

Valentina, più di due anni fa, in un’altra intervista, mi dicesti che la scrittura non era ancora diventata la tua prima occupazione, ma speravi lo diventasse. Oggi che mi dici? Lo è diventata?
Sì, adesso la scrittura è il mio lavoro a tempo pieno. Ci speravo ed è successo, sono stata fortunata.
Certo, ci sono state delle cose a cui ho dovuto rinunciare, delle scelte a volte difficili, ma non mi sono pentita, sono felice così.

In Quella vita che ci manca ritorna la Fortezza, un luogo ai margini che incombe come un macigno sui protagonisti. Quanto pesa l’ambiente nei legami della vita, nei sentimenti? E quanto hanno contato nella tua vita e nei tuoi legami?

Per me sarebbe ipocrita dire che il posto da cui vieni non conta niente e non influisce su quello che sei. Il posto da dove vieni ti contamina, è parte di te. Nascere in un quartiere come la Fortezza in qualche modo ti rende diverso, ma non vuol dire che non si possa cambiare e uscirne. Magari ci vuole più impegno. Bea ne Il rumore dei tuoi passi e Valentino in Quella vita che ci manca ce l’hanno fatta. Ce l’ho fatta pure io, qualche tempo fa. Basta

Come per i precedenti romanzi, anche qui ci sono personaggi spinti al limite, alcuni dei quali sembrano proprio “giocare” con la vita. Possiamo dire che hai trovato il tuo stile e che hai una grande capacità di raccontare sentimenti combattuti, che fanno male?

Mi piacciono le situazioni “estreme”, mi diverte molto descrivere posti e stati d’animo ruvidi, squallidi, senza speranza e poi cercare di tirarne fuori qualcosa di buono. Penso che ogni autore abbia dei temi cari che declinerà in ogni libro, magari in forme diverse. Per me questi temi sono la solitudine, l’emarginazione, i legami famigliari. Provo a metterli su carta nel modo che piace a me, non mi preoccupo dello stile inteso nel modo in cui te lo insegnano nelle scuole di scrittura. Scrivo come mi viene, scrivo esattamente come sono. Secondo me lo stile è quello che sei, non quello che scrivi. E quello che sei viene fuori sempre, anche quando ti sforzi di nasconderlo.

Un’immagine della copertina di Quella vita che ci manca.

 

Alan vive di passato, e questo passato lo porta alla distruzione. Tu che rapporto hai col tuo passato, con le tue ferite e con le cicatrici?

Adesso un buon rapporto. Mi sono messa l’anima in pace, il passato non si può cambiare. Va messo nella condizione di non nuocere, però, perché i ricordi belli possono far male esattamente come quelli brutti.

Parliamo di Valentino. Ad un certo punto deve scegliere tra il futuro e la famiglia. Come dire, per crescere davvero qualcosa la devi perdere…

Beh, ma succede a tutti, no? Quando cresci è inevitabile perdere qualcosa e aggiungere altro. Certo, nel caso di Valentino è tutto estremizzato: Lui ha paura che crescere voglia dire abbandonare la sua famiglia ma non è così.

E invece Anna, quanto conta in questa storia?

Nonostante sia un personaggio quasi secondario, Anna conta moltissimo. È quella che ha tenuto in piedi la famiglia, quella che si è sacrificata per i suoi fratelli. Uno può pensare che il sacrificio più grande lo stia facendo Valentino, che si piega a un’occupazione che non vuole pur di mandare avanti la famiglia, ma il sacrificio più grande lo ha fatto Anna. Lei si è privata della sua giovinezza per educare i suoi fratelli.

Delia invece è il futuro, una possibilità diversa. Certo è che nei tuoi romanzi di amori facili non ce ne sono. Con l’amore che rapporto hai?
Una volta ci facevo a botte, sia psicologicamente che fisicamente. Stare con me era proprio complicato, tendevo a voler prevalere a tutti i costi. Adesso, alla soglia dei trent’anni con l’amore ci ho fatto pace. Sto con la stessa persona da molto tempo e sto bene. Ma credo che nelle mie storie sia rimasta una traccia della me precedente, quella che non concepiva l’amore senza la distruzione. Anzi, più che una traccia, direi che la vecchia me domina tutte le storie che scrivo. Anche questo è un modo per non dimenticare qual è stato il mio percorso.

Sarà una domanda banale, ma stai già pensando al prossimo romanzo?
Sì, c’è già una storia, a grandi linee, ma non mi do mai delle regole precise. A Gennaio riprendo a scrivere e vediamo cosa ne esce.

Credo che forse un po’ di vita manchi a tutti, in un modo o nell’altro. A te, Valentina, quanta e quale vita manca?

Io sono un’eterna nostalgica. Mi manca la spensieratezza dei vent’anni. Ma non mi preoccupo, sto cercando qualcosa di nuovo. So che tra dieci anni mi mancherà la forza dei trenta e tra venti anni la consapevolezza dei quaranta e così via. Io ho sempre una vita che mi manca, passata o futura che sia. Cerco sempre un nuovo obiettivo, così non mi annoio mai.

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diDonato Bevilacqua

Proprietario e Direttore editoriale de La Bottega di Hamlin, lettore per passione e per scelta. Dopo una Laurea in Comunicazione Multimediale e un Master in Progettazione ed Organizzazione di eventi culturali, negli ultimi anni ho collaborato con importanti società di informazione e promozione del territorio. Mi occupo di redazione, contenuti e progettazione per Enti, Associazioni ed Organizzazioni, e svolgo attività di Content Manager.