Qui si parla di passato: Matteo Marchesini racconta i suoi “Atti mancati”

Matteo Marchesini è una delle belle sorprese che l’editoria italiana ha proposto di recenete. Uno scrittore giovane che non ha paura di raccontare storie, spesso amare, dure, reali. Nel suo ultimo libro, Atti mancati (candidato al Premio Strega 2013), il passare del tempo è un affascinante sentiero in cerca di un posto nella vita, una lotta contro i fantasmi che, dal profondo di noi stessi, si manifestano vivi giorno dopo giorno. C’è molto di Matteo in ogni personaggio, così come ce n’è molto nella chiacchierata qui di seguito. Tra un anno promettiamo di rifargli l’ultima domanda, per scoprire cos’altro avrà trovato, di se stesso, nel suo libro e nel suo destino.

 

Caro Matteo, non potevamo non iniziare questa chiacchierata parlando del Premio Strega, a cui sei candidato. Che effetto fa? Quale pensi sia stata l’arma vincente di questo romanzo?

Caro Donato, addirittura armi, e vincenti poi! Scherzi a parte, ovviamente essere nella selezione dello Strega mi fa piacere, perché rende il romanzo più visibile, e soprattutto perché testimonia dell’impegno di Voland, casa editrice piccola ma tenace e coraggiosa. Per il resto, come direbbe il personaggio di Bernardo Pagi, è chiaro che le dinamiche di una macchina-premio così poderosa e mediatica riguardano almeno in parte situazioni che vanno al di là del valore letterario.

Nel libro, la Bologna del presente sembra lasciare spazio a quella del passato: l’università, la politica, gli ideali, gli amori. Un mondo che sembri conoscere molto bene. Quanto ha contato e conta Bologna nel tuo percorso, e quanto ti manca il profumo della città di una volta?

La città ce l’ho attorno ogni giorno quando mi sveglio: e come direbbe il personaggio di Lucia – vedi, me la cavo con gli ipse dixit romanzeschi – non mi manca tanto un luogo quanto un tempo. Ma un tempo mio, sia chiaro: non “la Bologna di una volta” di cui si parla di continuo qui sotto le torri, dove la lamentazione sulla metamorfosi del capoluogo è diventata un noioso genere letterario.

Il tuo libro infatti sembra essere un percorso all’indietro, in cui più che i luoghi contano i tempi. Che rapporto hai col passato?

Appunto, come dicevamo… Forse, e in questo sono simile a Marco, sento che prima della linea d’ombra che separa i venti dai trent’anni ho omesso di fare qualcosa di importante, ho lasciato delle esperienze monche e irrisolte, che proprio perché monche e irrisolte tornano a incombere sul presente in forme vagamente demoniache.

 

Marco, appunto, sembra fuggire prima di tutto da se stesso, mentre Lucia lo incalza e riapre vecchie ferite. Quanto possiamo definire Atti mancati come una “ricerca di se stessi”?

Atti mancati è, un po’ crudelmente, la storia della progressiva “guarigione” di un personaggio, che ha come prezzo il progressivo consumarsi di colei che lo guarisce.

 

Sembra che ci sia un filo diretto tra la malattia e il tempo della narrazione, come se il dolore fosse il vero motore della storia, il vero senso di quella ricerca, è così?

Sì. Marco per anni ha rifiutato di prendere atto della realtà circostante. Lucia (o, moravianamente, la Realtà) lo costringe a farci i conti nel modo più traumatico: attraverso la malattia.

 

Certo è che, tramite il dolore, passa una trasformazione che porta ad una nuova identità. In questo gioco spinto al limite sembri combattere contro l’immobilità. Come si vince l’apatia? E quanto conta il dolore in ogni cambiamento?

Conta moltissimo, temo: per questo ho messo in scena un personaggio che riprende a fare esperienze condivisibili con gli altri nel momento in cui affronta il dolore.

 

Nel libro sembri decisamente venire a patti coi ricordi. Come si fa a riaffrontare il passato? Quanto è difficile far venire a galla qualcosa che giace dentro di noi?

Non so rispondere così su due piedi, in poche righe. Certo Marco ha bisogno nientemeno che della malattia di Lucia.

Alla fine del racconto, Marco sembra aver trovato la strada per scrivere il proprio destino. Tu, Matteo, che cosa hai trovato, nella tua di strada, scrivendo il “tuo” libro?

Facciamo così: mi rifai questa domanda tra un anno, e se posso ancora rispondere prometto che te lo dico.

SOSTIENI LA BOTTEGA

La Bottega di Hamlin è un magazine online libero e la cui fruizione è completamente gratuita. Tuttavia se vuoi dimostrare il tuo apprezzamento, incoraggiare la redazione e aiutarla con i costi di gestione (spese per l'hosting e lo sviluppo del sito, acquisto dei libri da recensire ecc.), puoi fare una donazione, anche micro. Grazie

diDonato Bevilacqua

Proprietario e Direttore editoriale de La Bottega di Hamlin, lettore per passione e per scelta. Dopo una Laurea in Comunicazione Multimediale e un Master in Progettazione ed Organizzazione di eventi culturali, negli ultimi anni ho collaborato con importanti società di informazione e promozione del territorio. Mi occupo di redazione, contenuti e progettazione per Enti, Associazioni ed Organizzazioni, e svolgo attività di Content Manager.