Hans Tuzzi Un posto sbagliato per morire

Hans Tuzzi – Un posto sbagliato per morire

Un posto sbagliato per morire, recita il titolo del libro di Hans Tuzzi. Ed in effetti, non si può dire che l’architetto Barbarani, stimato professionista della “Milano da bere” (siamo nel 1981) abbia scelto una bella location, se così si può dire, per esalare l’ultimo respiro. Il suo cadavere, infatti, viene ritrovato con tre proiettili piantati in corpo in uno squallido quartiere periferico, di quelli popolati di barboni, prostitute e “marchette”.

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La trama

Per il vicequestore Melis e la sua squadra, l’indagine si prospetta nient’affatto facile. Perché sotto la lente d’ingrandimento, prima ancora degli indizi che conducano ad un colpevole, c’è la figura stessa della vittima, un uomo pieno di contraddizioni, con un carattere che nasconde qualche lato oscuro, sempre alla ricerca di nuove sfide, di limiti da oltrepassare.

E così Tuzzi, in questa sua sesta fatica letteraria, decide di far passare quasi in secondo piano il “who done it?“, la ricerca del reo, per puntare, invece, sulla ricostruzione di un carattere – non quello del killer, ma quello dell’assassinato. E lo fa con uno stile sobrio e raffinato al tempo stesso, frazionando il racconto secondo una scansione temporale che si basa su giorni (quattro: dal 30 settembre al 3 novembre) ed ore. Pochi i luoghi, caratterizzati in maniera essenziale ma efficace, così come i personaggi, dalle due mogli di Barbarani al socio, passando per i componenti del nucleo operativo capitanato da Melis, uomo di poche parole ma dotato di una straordinaria empatia (rivolta soprattutto al piccolo Duccio, il figlio dell’architetto, affidato ad una madre sbadata ed incapace), la quale, tuttavia, non lo distrae dall’ingrato compito: trovare l’assassino.

La recensione del libro di Hans Tuzzi

Ingrato, già. Perché il nostro sembra una di quelle figure di poliziotto d’altri tempi. Bel lontano dallo scintillante mondo degli uomini di legge americani, tutti azione e battute brillanti, Melis è piuttosto un malinconico contemplatore delle miserie umane, uno di quelli che, malgrado l’esperienza accumulata in svariati anni di servizio, non ha perduto la propria umanità. E proprio per questo, nonostante l’innegabile professionalità che mette nel lavoro, non riesce a mantenere un totale distacco. E così, ecco un altro elemento del puzzle orchestrato da Tuzzi: egli non solo si domanda (e ci domanda) chi fosse realmente la vittima (poteva, uno come Barbarani, oltrepassare la soglia della legalità, anche se per amore?), ma getta anche più di un’occhiata sul suo “contraltare”, Melis, figura non meno complessa e, per questo, affascinante.

Nel mondo reale il confine tra bene e male, giusto o sbagliato, è piuttosto labile. E questo l’autore lo sa. Non a caso, la vera rivelazione, più che il nome del colpevole sembra essere il disvelamento di un lato della personalità dell’architetto che non si credeva potesse appartenergli. L’apparenza inganna, l’abito non fa il monaco e così via: potremmo continuare all’infinito con i luoghi comuni, ma sarebbe fuorviante. Un posto sbagliato per morire, infatti, è tutto meno che un’accozzaglia di stereotipi di quarta mano: è un signor romanzo. Di genere, certo, ma in un modo tutto suo, molto “letterato”. Un libro che si prende il suo tempo, in cui la matassa si sbroglia quasi con naturalezza, a poco a poco. Un libro che, seppur nobilitato da scelte stilistiche d’inconsueta eleganza (siamo assai lontani dalle banali trovate ad effetto di certo giallo contemporaneo), risulta comunque godibilissimo. Anche se, alla fine, l’amaro in bocca rimane. Perché “è la vita, bellezza”…

copertina
Autore
Hans Tuzzi
Casa editrice
Bollati Boringhieri
Anno
2018
Genere
Narrativa
Formato
Brossura
Pagine
168
ISBN
9788833930053
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