Tenet

Tenet – Christopher Nolan

Entropia, correlazione quantistica, multiversi, dimensioni parallele, mondo crepuscolare. Questi sono gli ingredienti conditi dall’eccezionale Christopher Nolan. Tenet è la sua ultima opera, attesissima e bloccata ben tre volte a causa del Covid19.

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Tenet esce finalmente nelle sale cinematografiche, prima in Europa e poi in America. La spy-story di Nolan si affida ad una sola parola: Tenet e la consegna all’incredibile performance di Robert David Washington (figlio di Denzel) nei panni di un agente segreto.

La trama

L’umanità si trova sull’orlo di una Terza Guerra Mondiale, il rischio è una guerra distruttiva. Affianco al protagonista troviamo il prezioso Neil (Robert Pattinson) che insieme affrontano lo spietato Andrei Sator (Kenneth Branagh) che tiene prigioniera persino sua moglie Kat, una straordinaria Elisabeth Debicki, che regge con disperazione questo legame con suo marito, solo per vedere suo figlio. Nolan ci offre una pellicola magistrale dal punto di vista tecnico, che ci lascia persino interdetti. Il montaggio viene affidato a Jennifer Lame, che riesce in un’impresa complessa, dove si mescolano spazi temporali differenti, passato, presente, futuro si confondono e il mondo viene invertito.

È il principio dell’inversione che scorre e ci rincorre nelle due ore e quaranta minuti di pellicola, tenendo lo spettatore (mai annoiato) incollato al sedile e  trattenuto dall’elettronica sincopata della colonna sonora, questa volta affidata a Ludwig Göransson, sostituendo il compositore Hans Zimmer. In fondo non ci interessano le premesse, la trama, ma la restituzione di un’estetica (poco sensibile, ma eccezionale nella sua tecnologica) di una narrazione che sfugge al concetto di tempo e ci catapulta nel quadrato magico di Sator, la classica e ricorrente iscrizione latina, dove disponendo le parole su una matrice quadrata (SATOR, AREPO, TENET, OPERA, ROTAS), si ottiene una struttura che ricorda quella dei quadrati magici di tipo numerico.

Le cinque parole si ripetono se vengono lette da sinistra a destra e da destra a sinistra, oppure dall’alto al basso o dal basso in alto. Al centro del quadrato, la parola TENET forma una croce palindromica. Ciò che colpisce è ritrovare nello stesso momento passato, presente e futuro che coesistono insieme e fanno quadrato creando un ulteriore dimensione (la nostra). Nolan stupisce in narrazione e mette da parte questa volta i sentimenti, non empatizza, ma forse ne facciamo anche a meno per una volta.

Tenet. La recensione

Toglietevi dalla vostra testa, qualsiasi libro di fisica generale, di fisica quantistica, di equazioni o gatti di Shrodinger è l’estetica dell’immaginario complesso creata dal regista di Memento (2000) di Inception (2002) e Interstellar (2014) a creare ancora una volta un remix magico di coordinate temporali. In un mondo rovesciato, al contrario, non troviamo più solo il Matrix della pillola rossa o la pillola blu, qui Nolan supera il colore binario, perché il mondo crepuscolare va ben oltre.

Non restiamo fissi sul rompicapo, che tanto rompicapo in fondo nemmeno lo è, ma è la potenza dell’entropia ad farci abbandonare la linearità, sfidando lo spettatore fino alla fine e mai in fondo finita. Non solo passato, presente futuro, ma anche multiple le riprese cinematografiche che toccano l’America, l’India e l’Europa, nonché il magnifico scenario mozzafiato della costiera amalfitana. Tempo, spazio fluttuano invertiti e proprio nell’inversione temporale, noi che siamo qui… non significa che non è mai successo? È qui che si gioca la partita, anche la nostra. Attenzione ad uscire dal cinema al termine della pellicola, potete trovarvi immersi in mondo inverso. Il problema in fondo non è il tempo, ma uscirne vivi.

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diGiorgio Cipolletta

Artista e perfomer italiano, studioso di estetica dei nuovi media. Dopo una laurea in Editoria e comunicazione multimediale, nel 2012 ho conseguito un dottorato di ricerca in Teoria dell’Informazione e della Comunicazione. Attualmente sono professore a contratto per corso di Fotografia e nuove tecnologie visuali presso Unimc. La mia prima pubblicazione è una raccolta di poesie “L’ombra che resta dietro di noi”, per la quale ho ricevuto diversi riconoscimenti in Italia. Nel 2014 ho pubblicato il mio primo saggio Passages metrocorporei. Il corpo-dispositivo per un’estetica della transizione, eum, Macerata. Attualmente sono vicepresidente di CrASh e collaboro con diverse testate editoriali italiane e straniere. Amo leggere, cucinare e viaggiare in modo “indisiciplinato” e sempre alla ricerca del dono dell'ubiquità.