Oriana Fallaci

Oriana Fallaci: giornalista o scrittrice?

Oriana Fallaci muore il 15 settembre del 2006 nella sua casa di New York. Quello che ci ha lasciato sono grandi opere a cavallo tra il giornalismo e la letteratura, oltre ad una produzione di saggi quanto mai “discutibili” negli ultimi anni della sua vita, dopo gli attentati dell’11 settembre. Proprio questa sua capacità di muoversi tra più generi rende però difficile catalogare l’autrice in un genere preciso: Oriana Fallaci è quindi scrittrice o giornalista?

L’incontrarsi e lo scrutarsi di giornalismo e letteratura, e la conseguente possibilità di produrre opere al confine, trovano in Oriana Fallaci un esempio di concretezza e, al tempo stesso, di qualità e successo. La commistione tra diversi generi, le continue mescolanze stilistiche, l’abbondanza di prodotti editoriali insieme a lavori giornalistici, creano difficoltà nell’inquadrare pienamente la figura di questa autrice. Forse il suo essere stata un’espressione così viva di entrambe le professioni, fa sorgere problemi nel momento in cui ci si approccia all’operazione di definire più chiaramente l’attività di questa donna. Dobbiamo cioè considerare la Fallaci una giornalista o una scrittrice?

ORIANA FALLACI E UNA FORTUNA CRITICA CONTROVERSA

La risposta più semplice sembra essere in questo caso anche la più corretta: Oriana Fallaci è stata entrambe le cose, ed in entrambe le attività ha raggiunto il massimo successo. Parlare di una figura e di una produzione così complessa, per questo suo valicare confini, non è certo facile. La critica letteraria e quella giornalistica sembrano affacciarsi con diffidenza sulla figura di Oriana Fallaci, anche a distanza di anni dalla sua morte. Sembrano in difficoltà nel definire chiaramente l’ambito nel cui inserire il lavoro della fiorentina. Le stesse difficoltà si trasferiscono chiaramente su chi deve poi usufruire di tali critiche, muoversi in questi ambiti per cercare di reperire informazioni precise e puntuali.

La fortuna critica sulla Fallaci è quindi controversa, la sua produzione artistica è spesso trattata con superficialità e disattenzione, e la sua figura trova a volte poco spazio, sia in ambito giornalistico che letterario. Le varie Storie della Letteratura italiana o le Storie del Giornalismo italiano scarseggiano di informazioni riguardo la vita e i lavori della scrittrice-giornalista. Nonostante si possa affermare che la carriera dell’artista toscana abbia un peso maggiore sotto l’aspetto giornalistico che non sotto quello letterario, i volumi di critica giornalistica dedicano uno spazio minimo alla Fallaci.

ORIANA FALLACI E IL GIORNALISMO

Il rapporto con la rivista L’Europeo è il più forte in quegli anni. Nel volume Oriana Fallaci. Intervista con la storia: immagini e parole di una vita i curatori Alessandro Cannavò, Alessandro Nicosia ed Edoardo Perazzi scrivono infatti:

È stato il suo primo sogno a realizzarsi: scrivere sull’“Europeo”. A vent’anni, dopo una gavetta nella redazione fiorentina del “Mattino dell’Italia Centrale”, Oriana decide di tentare il grande salto. Trova una storia curiosa e commovente – il parroco di Fiesole si rifiuta di celebrare il funerale di un comunista, i compagni del defunto inscenano un rito religioso travestendosi da preti – e la propone al celebre settimanale. Fa centro al primo colpo conquistando addirittura la copertina. Tre anni dopo, nel 1954, viene assunta. Nonostante il suo carattere non proprio accomodante, il rapporto con i direttori è sempre ottimo. Anche perché la giovane giornalista diventa subito la cocca di Angelo Rizzoli: lei tratta l’editore senza alcuna deferenza, lui apprezza – e incoraggia – la sua determinazione. Si occupa di tutto, non c’è notizia che non esalti la sua voglia di raccontare, si tratti di bambini maltrattai o di un gruppo di studenti che derubano un oste. È sempre lei a proporre un servizio, è raro che accada il contrario. Succede nel 1960, quando Giorgio Fattori le chiede un reportage sulla condizione della donna in Oriente. Lei però ha altri progetti: il suo sogno ora è l’America. Storce il naso ma alla fine accetta. È la scelta giusta: le si apre una nuova e preziosissima prospettiva dalla quale guardare il mondo e sé stessa. Da quei viaggi nasce il suo primo libro-inchiesta, Il sesso inutile. Dal 1967 in poi il milanesissimo fotoreporter Gianfranco Moroldo l’accompagna ovunque: a raccontare la guerra del Vietnam, il conflitto indo-pachistano, la strage degli studenti in Messico, le rivolte dei neri americani a Detroit, i preparativi in Texas per la conquista della Luna, le storie di Panagulis e di Pasolini, la celebre serie di interviste, che si chiuderà con quella a Sharon, nel 1982. Il grande formato della rivista e l’importanza riservata alle immagini esaltano le sue corrispondenze, che vengono puntualmente tradotte e ripubblicate all’estero. Come quasi quarant’anni prima, il suo ultimo intervento è legato a un funerale: nel 1990 la scrittrice vuole che sia proprio “L’Europeo” a pubblicare l’appassionata orazione pronunciata per il padre Edoardo.

Sempre in merito al legame consolidato tra Oriana Fallaci e “L’Europeo”, Gaetano Afeltra e Silvana Cirillo scelgono di inserire nel loro volume Dal giornalismo alla letteratura un articolo della giornalista fiorentina apparso nel settimanale il 18 aprile 1968, intitolato “L’assassinio di Martin Luther King”. Prima dell’articolo i due curatori introducono così il frammento riportato:

Il 4 aprile 1968, nel Motel Lorraine di Memphis, nello stato del Tennesse, nel sud degli Stati Uniti, veniva ucciso da un colpo di arma da fuoco sparato da un killer, il reverendo Martin Luther King, leader della lotta degli afro-americani contro la discriminazione razziale e premio Nobel per la pace nel 1964. Anche questo assassinio, come già quello del presidente John F. Kennedy a Dallas, cinque anni prima, avvenne in circostanze per molti aspetti misteriose. Oriana Fallaci interroga i testimoni e ricostruisce minuziosamente la dinamica del tragico pomeriggio, ricreandone la suspense, come in un racconto giallo: descrive l’ambiente, avvicina i personaggi-testimoni, immagina i loro pensieri, riferisce le loro conversazioni e i loro dubbi. Ma la domanda più inquietante rimane senza risposta: perché la polizia si mosse con tanto ritardo rispetto alle precise indicazioni ricevute, consentendo al killer di allontanarsi indisturbato?

ORIANA FALLACI E LE INTERVISTE

Ma questo non è l’unico legame a cui i testi riferiti a Oriana Fallaci fanno riferimento al loro interno. Nel volume edito da Rizzoli Oriana Fallaci. Intervista con la Storia, Cannavò, Nicosia e Perazzi decidono di parlare in maniera ampia del rapporto tra la scrittrice-giornalista e le Star mondiali da lei intervistate in tutto il mondo, e, sempre seguendo il filone delle interviste, degli incontri con i Grandi della Storia. Nel volume è inserita una sezione apposita in cui si riportano pensieri e ricordi che i personaggi famosi esprimono sulla Fallaci. Questa ne è le presentazione:

Nella Roma inebriata dalla dolce vita fa la sua comparsa un magnetofono bianco. Le prime vittime delle irriverenti interviste della Fallaci, registrate mentre lei tiene i suoi occhi incollati a quelli dell’interlocutore, sono le star americane. La serie di servizi realizzati per “L’Europeo” diventano, nel 1958, il suo primo libro, I sette peccati di Hollywood. L’idea è mettere impietosamente a nudo personaggi che per il pubblico italiano sono semidei, mostrano così l’altra faccia, quella decadente e piena di scandali, dello star system. Oriana si intrufola con impertinenza nel circo hollywoodiano. Riesce persino ad avere la prefazione di Orson Welles: il regista la paragona a Mata Hari, descrivendola come un’abile spia che dietro a una graziosa maschera femminile cela l’anima della giornalista più agguerrita. La verità è che la Fallaci si sente parecchio a suo agio con le star, è irresistibilmente affascinata da questo mondo dorato. Del resto anche lei – seppur in un altro campo – sta studiando da star. Non è raro che le sue vittime diventino suoi amici: Shirley MacLaine va a trovarla a Firenze, Sean Connery lo si incontrerà spesso nella sua casa di New York. E poi Sofia Loren, Robert Redford, Ingrid Bergman e la figlia Isabella Rossellini…Lei li trova (quasi) tutti simpaticissimi e, tuttavia, nel secondo libro di interviste alle celebrità, pubblicato nel 1963, non esita a chiamarli Gli antipatici. Perché antipatici? Perché, proprio in quanto celebri, non si fa altro che parlare di loro: che invadenza insopportabile! È dunque arrivato il momento di imbracciare il registratore e di restituirgli il disturbo. Non è però sufficiente tormentarli di domande e trascrivere fedelmente le loro parole. A costo di apparire maligni – spiega compiaciuta la Fallaci ai suoi lettori – è necessario esprimere un giudizio sull’intervistato. Addio obiettività, regola numero uno del buon giornalismo? Sì, addio. Tanto l’obiettività non esiste, è solo ipocrisia e presunzione. L’unica cosa che conta è l’onestà dell’opinione e dei sentimenti di chi scrive. Perché gli antipatici di solito non lasciano che il magnetofono catturi i loro segreti: una buona spia deve saperli scovare nei loro occhi.

Successivamente i curatori del libro decidono di inserire degli stralci di interviste che Oriana ha realizzato con i potenti, facendo precedere anche questa sezione da una premessa che inquadra il rapporto tra la Fallaci e il potere:

Oriana e il potere. Un rapporto fatto di seduzione e repulsione, perennemente in bilico tra il bisogno di comprenderne i meccanismi e l’istinto che l’unica cosa da fare sia mettergli i bastoni tra le ruote, sempre e comunque. Gli anni a cavallo tra il 1960 e il 1970 sono quelli dei celebri reportage nei punti caldi del mondo e dei servizi dedicati ai grandi personaggi della politica. Intervista con la Storia, pubblicato nel 1974, ne raccoglie ventisei: dal generale Giap a re Hussein di Giordania, dal negus Haile Selassie a Henry Kissinger, dallo scià di Persia ad Ali Bhutto, da Yasser Arafat a Golda Meir, da Indira Gandhi a Willy Brandt. In seguito la Fallaci avrà i faccia a faccia con Khomeini, Deng Xiaoping e il colonnello Gheddafi. Pochi uomini che hanno in mano il destino di molti: perché proprio loro, in che cosa sono diversi da noi? È per dare una risposta a questa domanda che Oriana non concede tregua ai suoi interlocutori, fa di tutto per metterli in difficoltà, li sfida come nessun giornalista si è mai sognato di fare. In segno di ribellione nei confronti di Khomeini si toglie il chador e rimane a capo scoperto davanti all’ayatollah. Incontro dopo incontro, Oriana cerca di “ascoltare” e capire come un tarlo infilato nel legno della storia. L’esito è impietoso: chi decide per noi non è nè migliore né più intelligente. È soltanto più ambizioso. Non bisogna credere alle sue parole, nemmeno quando a pronunciarle è un presidente eletto o un leader amato. Nessun potente è davvero diverso, nessuno è innocente. Insomma: il potere è disumano e odioso, disubbidirgli è “l’unico modo di usare il miracolo d’essere nati”. Celebre e assolutamente emblematico il “caso Kissinger”: nell’intervista l’allora consigliere della sicurezza statunitense si paragona a un cowboy solitario, ovvero un uomo che può permettersi di agire in modo autonomo per il bene dell’America. Kissinger smentì in seguito quella dichiarazione che gli procurò non pochi problemi con Nixon. La Fallaci, arrabbiatissima, confermò parola per parola e minacciò di rendere pubblici i nastri dell’incontro. Recentemente l’ex statista, pur ribadendo di non aver pronunciato quella frase, ne ha ammesso la sostanziale veridicità. La Storia, alla fine, ha dato ragione a Oriana.

ORIANA FALLACI NELLE ENCICLOPEDIE

Oriana Fallaci
La tomba di Oriana Fallaci al Cimitero Evangelico di Firenze

Da segnalare lo spazio che alcune grandi enciclopedie riservano, nel loro interno, alla scrittrice italiana, sempre in relazione a delle informazioni di carattere bio-bibliografico. Il Grande Dizionario enciclopedico della UTET, ad esempio, riporta  nell’appendice del 1985, la voce Fallaci, Oriana. Anche lo spazio dedicato alla Fallaci nei volumi di Storia della Letteratura è molto scarso, e comunque si limita a degli accenni bio-bibliografici nelle sezioni interne, così come accade in Storia della Civiltà Letteraria italiana edita anch’essa dalla UTET e diretta da Giorgio Barberi Squarotti, in cui Oriana Fallaci appare solamente nel volume del dizionario e della cronologia, con un elenco delle opere più importanti ed alcuni dati relativi alla vita della scrittrice.

A differenza della precedente enciclopedia, la Storia della Civiltà Letteraria Italiana è edita nel 1993, per cui nell’elenco delle opere qui presente troviamo anche la voce Insciallah, ultimo romanzo della Fallaci uscito nel 1990. Anche in questi casi la fiorentina non viene mai inquadrata in un ambito specifico, ma la si definisce come giornalista e scrittrice, e si fa quasi una distinzione netta tra le due carriere intraprese.

Sembra quindi complicato approcciarsi ad un’analisi critica della carriera e delle opere di questa giornalista-scrittrice, proprio per questa sua capacità di unire due ambiti in apparenza così lontani ma che sotto la sua penna trovavano punti di contatto che riuscivano a creare opere assolutamente particolari per stile e portata. In alcuni casi si sceglie, per cui, di dividere nettamente le due carriere parallele della Fallaci, dando delle semplici annotazioni di carattere puramente informativo, astenendosi da giudizi. In altri casi ci si concentra di più sui suoi rapporti con riviste importanti o sui suoi lavori da giornalista che l’hanno resa famosa in tutto il mondo, trampolino di lancio per la successiva carriera da scrittrice, come amava ricordare. Sembra quasi che la sua grandezza giornalistica abbia offuscato il seguito da letterata. O forse la durezza, la schiettezza e lo stile con la quale trattava, nei suoi romanzi, temi scomodi, di attualità, di importanza e delicatezza, non le hanno aperto le porte dei giudizi positivi da parte della critica, ma le hanno permesso di essere la scrittrice italiana più letta al mondo.

 

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diDonato Bevilacqua

Proprietario e Direttore editoriale de La Bottega di Hamlin, lettore per passione e per scelta. Dopo una Laurea in Comunicazione Multimediale e un Master in Progettazione ed Organizzazione di eventi culturali, negli ultimi anni ho collaborato con importanti società di informazione e promozione del territorio. Mi occupo di redazione, contenuti e progettazione per Enti, Associazioni ed Organizzazioni, e svolgo attività di Content Manager.