Pier Paolo Pasolini – Ragazzi di vita

La straordinaria vitalità dei ragazzi delle borgate romane è la vera protagonista di Ragazzi di vita, il primo romanzo di Pier Paolo Pasolini (1955). Il Riccetto e gli altri, campioni del sottoproletariato urbano, trascorrono le proprie giornate tra piccole e grandi imprese, mossi dal puro istinto vitale. Pasolini, nel lanciarsi in un’appassionata dichiarazione d’amore per i suoi antieroi (rigorosamente in dialetto romanesco), li sottrae alla storia e li consegna ad un microcosmo immutabile in cui non c’è crescita, non c’è evoluzione. La narrazione non delinea una storia unitaria: piuttosto si disperde, affrescando una serie di scene che si riallacciano alla tradizione del romanzo picaresco, o alle novelle di Boccaccio.

Lenzetta, Piattoletta, Amedeo, Marcello, lo stesso Riccetto: sono degli emarginati, ne combinano una dietro l’altra mossi dalla costante ricerca del denaro. I loro sono desideri elementari che definiscono un rapporto estremamente fisico con il mondo. Strafottenti, violenti, prepotenti: non conoscono l’amicizia, non hanno valori, nessuna morale. Il loro è uno stare al mondo libero da ogni vincolo sociale e culturale, “puro”; ed è in questa purezza, nella natura quasi congenita della loro condotta (anche in positivo: vedi la bontà verso gli animali), che risiede l’ammirazione di Pasolini, il quale, con la straordinaria lucidità della sua prosa, riesce a ricavare dallo squallore delle borgate grande poesia.

Ovviamente, i “ragazzi di vita” sono condannati: per loro non c’è futuro (Amerigo si uccide, Genesio annega nell’Aniene, il Piattoletta viene bruciato vivo durante un “gioco”). Neppure le tragedie, però, possono scalfire i superstiti. Pasolini li segue con occhio che deforma ambienti, volti e situazioni tra l’espressionista e il grottesco. Tutto è sporco, nella Roma che racconta, tutto è “zozzeria”, ma la forza lirica di alcuni passaggi sembra avere un potere redentore, consegnando anche l’esistenza inconcludente dei protagonisti ad uno splendore irreale.

La censura, neanche a dirlo, non colse la grandezza di Ragazzi di vita: la magistratura di Milano processò il libro per oscenità (ma il tribunale l’assolse, perché “non immorale”). I premi Strega e Viareggio lo ostracizzarono, e in generale le polemiche furono moltissime. Quelle passano, però: restano i grandi libri. E Ragazzi di vita è indubbiamente uno di questi.

 

 

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