Pasolini: il ricordo a quarant’anni dalla morte

Pier Paolo Pasolini. Un articolo di certo non basta per ricordare quello che è stato uno dei più importanti intellettuali del Novecento italiano, conosciuto e apprezzato anche all’estero. Su di lui tanto è stato detto, scritto, studiato e in questa sede è davvero impossibile citare tutto il materiale raccolto e commentato negli ultimi quarant’anni su di lui, ossia dal momento della morte, avvenuta il 2 novembre 1975. Un omicidio, quello di Pasolini, che ha ancora oggi un unico colpevole, Pino Pelosi. Ma chi era Pier Paolo Pasolini? Eccovi allora un “viaggio” nel mondo pasoliniano: certo, un viaggio brevissimo e che considera le tappe più importanti della sua produzione, ma che vuole essere un nostro piccolo omaggio alla memoria di un grande artista, forse il più grande che l’Italia ha avuto negli ultimi cent’anni.

Pasolini nacque a Bologna il 5 marzo 1922. Figlio di un ufficiale di fanteria e di una maestra, a causa del lavoro del padre fu costretto a numerosi spostamenti, prima a Parma, poi a Conegliano e a Belluno, dove nacque il fratello Guido. Il trasferimento più significativo nella vita di Pasolini fu a Casarsa in Friuli, dove la madre ricominciò a insegnare, soprattutto per far fronte alle difficoltà economiche dovute all’assenza del marito, nel frattempo arrestato per alcuni debiti. Quando l’uomo uscì di prigione, ripresero gli spostamenti, ma ogni estate Pasolini tornava a Casarsa.

Una prima stabilità (durata sette anni) fu a Bologna, dove Pasolini frequentò le scuole superiori: lì, le sue passioni per la scrittura e la lettura (già nate nel periodo friulano) si accentuarono ancora di più, insieme a un altro interesse, quello per il calcio. Pasolini era uno studente modello, con una media talmente alta da saltare un anno di liceo (il quarto), presentandosi a soli diciassette anni alla maturità. In seguito, si iscrisse a Lettere presso l’Università di Bologna. Quello di questi anni non è il Pasolini che tutti conosciamo: si impegnò a lungo per nascondere i propri travagli interiori, offrendo anche agli amici l’immagine di un uomo virile, dedito allo sport, ai giri in bicicletta, agli incontri nei centri istituiti dal regime fascista, come il GUF o i campeggi della Milizia, il tutto per nascondere la propria omosessualità, di cui lentamente il giovane Pasolini iniziava a prendere coscienza. Nel frattempo, continuava imperterrito nelle sue letture, da Eugenio Montale a Ungheretti, Quasimodo e i saggi sulla psicanalisi freudiana.

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La prima esperienza letteraria è da individuare nelle Poesia a Casarsa, che Pasolini fece uscire a sue spese presso la libreria antiquaria Mario Landi a Bologna. La pubblicazione permise a Pasolini di costruirsi una prima cerchia di estimatori, di cui faceva parte anche il critico Gianfranco Contini, che contattò l’autore in quanto intenzionato a recensire le poesie sulla rivista Primato. Tuttavia, la recensione di Poesie a Casarsa non sarà pubblicata su Primato, bensì su Il Corriere del Ticino, in Svizzera (questo perché il fascismo «non ammetteva che in Italia ci fossero dei particolarismi locali, e degli idiomi di ostinati imbelli»).

Se ci concentriamo sulla sola produzione di Pasolini (tralasciando le vicende personali, il periodo della guerra e la morte del fratello Guido), menzioniamo, dopo le Poesie a Casarsa, Il sogno di una cosa, titolo mutuato da una citazione di Karl Marx («il nostro motto deve essere dunque: riforma della coscienza non per mezzo di dogmi, ma mediante l’analisi della coscienza non chiara a sé stessa […]. Apparirà allora che il mondo ha da lungo tempo il sogno di una cosa»); ne Le ceneri di Gramsci, invece, centrale è la questione della responsabilità politica: il testo fu uno dei primi motivi di dissidio tra Pasolini e il PCI, a cui l’intellettuale aveva aderito, ma con cui avrà sempre un rapporto conflittuale. Per quanto riguarda tematiche più intime e personali, Pasolini si avvicinò al tema dell’omosessualità con i due romanzi brevi Atti impuri e Amado mio, ispirati agli appunti dei Quaderni rossi, raccolti durante il periodo friulano. A metà anni Cinquanta, invece, si colloca il primo, grande romanzo di Pasolini, Ragazzi di vita, seguito nel ’54 dalla raccolta di poesie La meglio gioventù e nel ’59 da Una vita violenta, di cui Calvino fu assolutamente entusiasta.

Il ’49 fu un anno difficile per Pasolini: prima la famosa condanna per corruzione di minorenni e atti osceni in luogo pubblico, poi l’espulsione del PCI e “l’esilio” a Roma. Prima di tutto questo Pasolini era un insegnante, ma gli venne in seguito negata la possibilità di svolgere il suo ruolo. L’insegnamento era l’unico mezzo di sostentamento per Pasolini che a Roma, dove si recò insieme alla madre, attraversò alcuni momenti difficili. Ma nello stesso periodo conobbe anche alcune persone che gli rimasero accanto a lungo, da Sandro Penna, di cui divenne molto amico, a Sergio Citti, che gli insegnò il dialetto romanesco.

Negli anni Sessanta iniziò la carriera di Pasolini come regista: il primo film fu Accattone, seguito da Mamma Roma, La ricotta (inserito in Ro.Go.Pa.G.) e il film-inchiesta sulla sessualità, Comizi d’amore. Nel ’64 iniziarono le riprese de Il Vangelo secondo Matteo e, l’anno successivo, quelle di Uccellacci e uccellini. Nel ’67, invece, venne presentato alla Mostra del cinema di Venezia Edipo re, che non venne apprezzato in patria, ottenendo al contrario numerose critiche positive in Francia e in Giappone. Del ’68 è il romanzo Teorema, che verrà poi trasformato in un film, sequestrato “per oscenità” dalla procura di Roma. L’anno successivo verranno realizzati Porcile e Medea, mentre degli anni Settanta ricordiamo la “trilogia della vita”, ovvero Il Decameron, I racconti di Canterbury, Il fiore delle Mille e una notte. Arriviamo quindi a Salò e le 120 giornate di Sodoma, l’ultimo e controverso film di Pasolini. Il suo ultimo romanzo, invece, fu Petrolio, rimasto incompiuto proprio a causa della morte dell’autore e pubblicato postumo negli anni Novanta dalla casa editrice Einaudi. Vogliamo ricordare anche gli Scritti corsari, ovvero una raccolta di articoli che Pasolini scrisse tra il ’73 e il ’75, in cui veniva discussa, da più angolazioni, la società italiana.

Vogliamo infine citare un altro aspetto della produzione di Pasolini: egli fu anche autore di canzoni (le prime incise negli anni Sessanta da Laura Betti), in cui l’intellettuale tentava una commistione tra musica e poesia. Nel ’63 Pasolini adattò alcuni versi de La meglio gioventù per Sergio Endrigo, realizzando Il soldato di Napoleone, mentre nel ’67 collaborò con Domenico Modugno in Che cosa sono le nuvole, pezzo poi riproposto nel ’97 dagli Avion Travel, nel 2006 da Stefano Bollani e nel 2007 da Paolo Benvegnù. Modugno aveva già collaborato con Pasolini in precedenza, nella colonna sonora di Uccellacci e uccellini, più precisamente nei titoli di testa e coda, scritti da Pasolini su musica di Ennio Morricone.

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