Pier Franco Brandimarte: l’Amalassunta…la luna!

Con L’Amalassunta (vincitore del Premio Calvino 2014), Pier Franco Brandimarte non ha solo scritto il suo primo romanzo, ma ha creato un’opera frutto di ricerca, un disegno che ha unito i fili delle sue domande. Al centro, la figura di Osvaldo Licini – grande pittore del ‘900 –, della sua terra e della sua gente. E chissà, forse anche un po’ di se stesso.

 

Pier Franco, per prima cosa credo sia d’obbligo chiederti quando è nata la scintilla che ti unisce a Osvaldo Licini?

Risale a tre anni e mezzo fa, più o meno: mi sono sperso in macchina in un paesino dell’entroterra marchigiano e ho visto i quadri di Licini, ne ho ascoltato a frammenti la storia dalla viva voce di alcuni abitanti che avevano l’orgoglio di raccontare quel balzano geniale che avevano avuto a vivere là con loro, e chi dice è matto, chi dice parla da solo, chi dice è il diavolo. Immaginate un’artista dei più intransigenti e radicali, che fa arte astratta, che torna da Parigi con una distinta svedese, giocoforza biondissima, colta e pittrice anche lei, immaginate i paesani del 1926 a vedersi quest’uomo zoppo di guerra (dove c’era andato a capofitto infoiato dal tambur battente degli artisti guerrieri d’allora), come minimo potevano pensare fosse un po’ tocco. E mi colpiva il carattere sanguigno e l’incanto, urticante in qualche modo, delle sue opere, un volo guadagnato a fatica. Insomma, portai via dai quei pochi minuti un’emozione che rimontava al mio passato e riguardava anche il mio presente, qualcosa che doveva essere gestita, dovevo rispondere alla domanda: perché questo stupore, quest’emozione, perché mi piace? E per rispondere c’è voluto scrivere, e c’è voluto il libro.

Come mai l’idea di un romanzo? Come mai hai scelto la letteratura per raccontare la sua vita?

Perché ragiono o sragiono in quel modo e non c’è altro mezzo alla mia portata che mi consenta pari grado di libertà e liberazione se non la letteratura, che poi bisognerebbe scendere e intendersi su cosa voglia dire, ma il quesito ce lo si pone tutti i giorni, che poi se fossi stato un professore di estetica o storia dell’arte, se fossi stato un geometra, se fossi stato un idraulico l’avrei imbroccata in un altro senso. E poi si tratta di fantasticazione, di documentazione, di riempire i buchi facendoli percepire, lavorare sul contorno visto che dentro non è concesso calarsi. Era giusto così.

Ne L’Amalassunta ci sono dentro un sacco di cose: biografia, autobiografia, senso della ricerca. Anche la descrizione di una parte della regione Marche quasi dimenticata. Che cos’è per te questo libro?

Potrei dire che è un opera d’arte; sembrerei presuntuoso ma mi concederebbe una salutare ambiguità oltre a farmi risparmiare molte parole che userei per coprire il fatto di non saper che rispondere, di certo ogni oggetto si chiama con l’altro, e così li accostavo come mi sembrava potessero entrare in risonanza, ma lo vedo sempre come un tutt’uno.

Questo libro sembra quasi un’opera-specchio in cui tu diventi il pittore che dipinge Licini, e Licini il narratore che, attraverso la sua vita, può parlarci di te. Quanto questa ricerca è servita anche per scoprire parti nascoste di te? E se sì, quali?

Sì, è vero, questa rifrazione continua serve per rivelare indirettamente, per complemento, che è l’unico modo che si ha, ci si deve aggirare, vedere per rimbalzo. Certe cose di me sono venute in luce nuova, altre hanno trovato il modo di esprimersi compiutamente. Ho scoperto anche di essere allergico al nichel, ma non credo dipenda da Licini.

Hai creato quasi un passaggio spazio-temporale in cui passato e presente si confondono. Hai recuperato pezzi di memoria scrivendo questo libro? E quanto è lunga e difficile la strada dei ricordi e della memoria?

I ricordi erano lì, magari poco visitati, ma legarli insieme come in una costellazione gli ha dato senso, un senso di origine e spiegazione. I ricordi sono dune di sabbia, si spostano, si sformano, pur restando sabbia – forse sto citando qualcuno – tuttavia ci accendiamo quando siamo al cospetto di qualcosa che chiamandoci, misteriosamente convoca anche loro, quindi noi in tutte le dimensioni, noi noi.

Pier Franco, se ti chiedo che cos’è per te la Luna, tu cosa rispondi?

È una signora che mangia i limoni.

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diDonato Bevilacqua

Proprietario e Direttore editoriale de La Bottega di Hamlin, lettore per passione e per scelta. Dopo una Laurea in Comunicazione Multimediale e un Master in Progettazione ed Organizzazione di eventi culturali, negli ultimi anni ho collaborato con importanti società di informazione e promozione del territorio. Mi occupo di redazione, contenuti e progettazione per Enti, Associazioni ed Organizzazioni, e svolgo attività di Content Manager.