Interstellar Autobahn: i 10 capolavori del Krautrock

Tra la fine degli anni ’60 e l’inizio dei ’70, mentre USA e Inghilterra fanno i conti con psichedelia e progressive, in Germania si afferma una scena estremamente vitale, che declina le intuizioni dell’avanguardia (su tutti, le ricerche di Karlheinz Stockhausen) in chiave “rock”. Nascono così le etichette di “Kosmische Musik” e “Krautrock” per indicare il sound di band come Faust, Can, Kraftwerk, Neu!, Tangerine Dream, Cluster, Amon Düül e di musicisti come Klaus Schulze.

In realtà, si tratta di gruppi con tratti peculiari, impossibili da esaurire in una corrente unica. La formula di base prevede brani lunghi, articolati, visionari, con una forte componente elettronica e un anelito alle profondità del cosmo (o dell’Io), ma non mancano gli scostamenti. Spiritualità cristiana ed orientale, culto della tecnologia, influenze classiche e tentazioni progressive: il Krautrock è un movimento vitale che sintetizza passato e presente per guardare inesorabilmente avanti.

Lungi dall’essere una scena provinciale, il Krautrock è un momento fondamentale nella storia della musica rock, in grado di influenzare moltissimi artisti: da Brian Eno e David Bowie a Radiohead, The War on Drugs e via di seguito. Ecco dieci dischi senza i quali il rock di oggi non sarebbe stato lo stesso!

Faust – Faust (1971)

Il debutto dei Faust è di quelli che non si scordano. Nel 1971, Werner “Zappi” Diermaier, Hans Joachim Irmler, Arnulf Meifert, Jean-Hervé Péron, Rudolf Sosna e Gunther Wüsthoff mostrano tutta la maturità della scena tedesca reinterpretando la psichedelia classica alla luce delle avanguardie elettroniche.

Faust si compone di tre lunghe jam: Why don’t you eat carrots?, Meadow meal e Miss fortune. Si tratta di brani dalla forza evocativa spaventosa, che immergono in una nube postatomica di suoni “occasionali”, sintetici, manipolati (figli di Stockhausen e della musique concrete), il rock di Beatles, Rolling Stones, Frank Zappa e Grateful Dead. L’apice sono i 18 minuti di Miss fortune, un lungo delirio percussivo magico, grottesco e tragico al tempo stesso.

Can – Tago mago (1971)

L’avanguardia, la psichedelia e il funk: Tago mago è un concentrato di spiritualità visionaria, in cui si fondono alla perfezione le manipolazioni sonore di Holger Czukay e lo spirito folle di Damo Suzuki, il nuovo cantante della band (subentrato al transfuga Malcom Mooney).

Sette tracce, per un totale di oltre 73 minuti di musica, che, nelle parole di Czukay, rappresentano “il tentativo di raggiungere un misterioso mondo musicale, dalla luce all’oscurità e ritorno”. Le atmosfere dilatate della psichedelia tradizionale incontrano i procedimenti dell’avanguardia e il groove di un funk bianchissimo e incorporeo, come dimostra la notevole Halleluwah.

Amon Düül II – Tanz der Lemminge (1971)

Tra i dischi Krautrock, Tanz der Lemminge degli Amon Düül II è il più “progressive”. Per il terzo album, la formazione tedesca guidata da Chris Karrer amplia ulteriormente la già fornita lineup incorporando l’organo di Jimmy Jackson, il sitar di Al Gromer e la voce di Rolf Zacher.

Le quattro lunghe suite, dai titoli chilometrici, esplorano con dovizia di particolari tutto lo spettro psichedelico, dal blues rock all’avanguardia. Il dialogo tra gli strumenti è fluido, perfettamente in equilibrio tra raziocinio e improvvisazione forsennata. In quest’ultimo polo si collocano i 18 minuti di The Marilyn Monroe Memorial Church, una galoppata cosmica nel solco dei primi Pink Floyd.

Popol Vuh – Hosianna mantra (1972)

Messa da parte l’elettronica magniloquente di In den Gärten Pharaos, con Hosianna Mantra i Popol Vuh scelgono gli strumenti acustici per creare un’opera dalla profonda spiritualità. Le otto tracce del disco stendono un ponte tra oriente ed occidente, tra spiritualità cristiana e misticismo orientale.

Le melodie sono ridotte ai minimi termini: le tessiture di pianoforte, clavicembalo, chitarre (acustiche ed elettriche), oboe, violino e tambura, creano una bruma magica, ipnotica. Ad aggiungere una suggestione ulteriore, il soprano coreano Diong Yun. Tra le vette dell’album, i dieci minuti della title-track, in cui si fondono alla perfezione chitarre elettriche e pianoforti classicheggianti.

Klaus Schulze – Irrlicht (1972)

Il tastierista tedesco Klaus Schulze è tra i principali responsabili, con i suoi Tangerine Dream, della nascita della “musica cosmica”. Uno dei vertici della sua copiosa produzione solista è Irrlicht, album del 1972 che rappresenta forse in modo perfetto tutti gli stereotipi del genere.

Il disco, una “sinfonia quadrifonica per orchestra e macchine elettroniche”, mescola in modo indimenticabile la grandeur di Wagner con il minimalismo di La Monte Young e la spiritualità di Ravi Shankar. Le melodie si sviluppano lentamente, percorse da una malinconia ultraterrena e quasi smarrite dinanzi al gelo infinito del cosmo. Un capolavoro, come testimonia il primo dei tre movimenti, Satz “Ebene”:

Neu! – Neu! (1972)

Dici Neu! e dici “motorik”, il caratteristico beat meccanico in 4/4 del Krautrock. La band di Michael Rother e Klaus Dinger (ex Kraftwerk) ha fatto della ritmica incessante il suo tratto stilistico distintivo. Neu!, straordinario debutto del 1972, parte dalla cadenza metronomica di Hallogallo per dar vita ad un’interessante rielaborazione della psichedelia.

Accanto a suoni morbidi e carezzevoli, più “classici” (Weissensee), i Neu! non disdegnano di esplorare le oscurità spaziali (Sonderangebot) o di sperimentare in assenza di struttura (Lieber Honig). Il risultato è uno dei dischi più influenti della storia del rock, in grado di plasmare anche colleghi del calibro di David Bowie.

Tangerine Dream – Zeit (1972)

Orfani di Klaus Schulze, che proprio quell’anno pubblicava il fondamentale Irrlicht, Edgar Froese, Peter Baumann e Christopher Franke danno alle stampe il capolavoro dei Tangerine Dream, Zeit. Si tratta di un album che contempera alla perfezione strumentazione classica ed elettronica, tratteggiando quattro lunghe composizioni (tutte sopra i 15 minuti) all’insegna di un pathos oscuro, cariche di un senso di minaccia incombente.

Il tempo si dilata all’infinito, nei quattro movimenti della raccolta. Il quartetto di violoncelli, l’organo, il Moog e una serie di manipolazioni sintetiche disegnano gelide traiettorie astrali. Birth of liquid Plejades, la prima traccia, è l’inizio del viaggio: una lunga e titanica incursione nei misteri del cosmo.

 

Cluster – Cluster II (1972)

Hans-Joachim Roedelius e Dieter Moebius sono due figure chiave del Krautrock. Con il moniker Cluster (prima, quando era della partita anche Conrad Schnitzler, si facevano chiamare Kluster), realizzarono alcune ardite sperimentazioni, a cavallo tra avanguardia, proto-industrial e ambient.

Cluster II è il prodotto migliore della loro arte. Le sei composizioni sfruttano echi sinistri e droni ipnotici per immergersi in uno spazio che, più che quello degli astri, sembra interiore. Ascoltare per credere la terrificante Live in der fabrik.

Kraftwerk – Kraftwerk 2 (1972)

I Kraftwerk sono passati alla storia con album come Autobahn (1974) e Trans Europe Express (1976), che popolarizzarono l’elettronica tedesca dei primi anni ’70. Il loro secondo album, invece, presentava soluzioni più sperimentali, vicine al sound di Neu! e Tangerine Dream, anche se il marchio di fabbrica rimane riconoscibilissimo.

Discepoli di Stockhausen, Ralf Hutter e Florian Schneider cesellano sei tracce elettroniche propulse da ritmi artificiali e geometrici. La musica di Kraftwerk 2 è un flusso sinistro e alienato, il cantico di una nuova civiltà: quella elettronica.

 

Ash Ra Tempel – Schwingungen (1972)

Light: look at your sun e Darkness: flowers must die sono le due lunghe composizioni in cui si sustanzia Schwingungen, secondo disco degli Ash Ra Tempel di Klaus Schulze (che abbandonò la band dopo il primo e omonimo LP) e Manuel Gottsching.

Il sound è acido, lisergico, decisamente più ancorato alla tradizione rock rispetto all’altra creatura di Schulze, i Tangerine Dream. Il ricorso alla strumentazione classica della psichedelia, tuttavia, non deve far dimenticare che siamo sempre in Germania nei primi anni ’70. Il pezzo forte di Schwingungen, lo strumentale di 20 minuti Suche & liebe, è un capolavoro di vitalismo panico, pura energia vitale che dai recessi dell’Io si propaga fino alle sommità del cosmo.

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