MOF 2022: così SINFONICO e così CINEPOETICO

Il 19 Luglio si è inaugurata la 58esima edizione del MOF (Macerata Opera Festival) con la leggenda musicale Zubin Mehta che dirige l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino nella celebre Sinfonia di Beethoven: la Nona. L’ottantaseienne compositore indiano con una spilla sulla giacca con i colori dell’Ucraina arriva sul palco dell’arena dello Sferisterio accompagnato da un bastone a sorregge la “fatica” della vita e dalla sua bacchetta magica a dirige il battere e il levare del tempo e gli attacchi di tutta la sinfonia.

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Il concerto di Zubin Metha al MOF 2022

Per Zubin Metha è la prima volta a Macerata e subito entusiasma i cuori degli spettatori. Il direttore artistico del Festival, Paolo Pinamonti conferma l’eccitazione di aprire il MOF 2022 con un artista così importante, un monumento vivente della musica. Metha durante la sua carriera ha diretto le più importanti orchestre del mondo dal Metropolitan Opera di New York, alla Scala di Milano, dal Festival di Salisburgo alla Royal Opera House di Londra, ed è stato per ben cinque volte sul podio del Concerto di Capodanno a Vienna.

MOFDurante il concerto la bacchetta di Mehta ha dato vita alla Sinfonia n. 9 in Re minore op. 125 composta da Ludwig van Beethoven tra il 1823 e il 1824. La sinfonia corale fu eseguita per la prima volta venerdì 7 maggio 1824 al Theater am Kärntnertor di Vienna, con il contralto Caroline Unger e il tenore Anton Haizinger.

Ai primi tre movimenti puramente sinfonici, ne è seguito un quarto che ha incluso il coro sui versi dell’ode Alla gioia di Friedrich Schiller (O amici, non questi suoni! Ma intoniamone altri più piacevoli e più gioiosi).

Dopo i primi tre movimenti della Sinfonia, “cosmologica” il finale è stato “glorioso”, una sinfonia nella sinfonia che è esplosa in un inno alla pace: Lieti come i suoi astri volano attraverso la volta splendida del cielo, percorrete fratelli, la vostra strada, gioiosi come un eroe alla vittoria!. Mehta emoziona e fa vibrare il cuore insieme agli oltre 150 artisti tra orchestrali e coro e i solisti: il soprano Mandy Fredrich, il mezzosoprano Marie-Claude Chappuis, il tenore Aj Glueckert e il baritono Florian Boesch. Il lungo applauso finale, quasi dieci minuti di ovazione per il maestro, è l’atto corale che si è compiuto, restituendoci un’esperienza magica, così come magica è la bacchetta che non smette di danzare nell’aria per poi trasformarsi in bastone accompagnando Zubin Mehta all’uscita dal palco seguito da uno scrosciante applauso senza fine. Mehta stesso è un inno alla gioia che si consacra dentro ad un abbraccio gioioso dove bevono tutti i viventi al seno della Natura.

Gli altri appuntamenti

Dopo Mehta, il festival è continuato il 21 luglio con un’altra grande bacchetta, Myung-Whun Chung che dirige l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, con un altro programma beethoveniano: le Sinfonie Sesta (Pastorale) e la Settima. L’artista sudcoreano intraprende in direzione romantica la Sinfonia n. 6 in Fa maggiore op. 68 (Sinfonia pastorale o Ricordi della vita in campagna: più espressione di sentimenti che pittura sonora). Ancora una volta sul palco dello Sferisterio risuona uno degli emblemi della storia musicale, il compositore di Boon, Ludwig van Beethoven. Myung-Whun Chung opera una sua particolare traduzione che non concede nulla al didascalismo Il direttore d’orchestra dedica un’estrema attenzione al dialogo tra le parti e un legato che non ha fatto mai pesare la scelta di un’orchestra corposa, contrariamente alle ultime tendenze filologiche di una esecuzione beethoveniana più asciutta, quasi cameristica. Wung Chung è asciutto, minimal e essenziale nei movimenti. La Sinfonia n. 7 in La maggiore op. 92 segue la sesta, consegnandoci un’interpretazione che predilige la continuità rispetto alla Pastorale. Qui a prevalere è l’amalgama strumentale paradigmatico con il fugato del secondo movimento, mentre la marcia funebre è stata appena percepibile. Se Abbado ha volutamente eseguito la settima conferendo all’ultimo movimento un ritmo quasi orgiastico, privilegiando il contrasto strumentale, Whun Chung ha scelto di mantenere la velocità del metronomo senza però conferirgli l’aggressività, il vigore, che è proprio di questo movimento. Anche il secondo appuntamento musicale stupisce ed esalta.

La settimana concertistica si è conclusa sabato 23 presso il teatro Lauro Rossi con Rapsodia Satanica, una serata dedicata a Pietro Mascagni autore della colonna sonora per il celebre film del 1917 un cinepoema di Fausto Maria Martini ispirato al Faust con la regia di Nino Oxilia e con la protagonista la “soavissima” Lydia Borelli. La pellicola è stata restaurata dalla Cineteca di Bologna. Sulla partitura di Mascagni ha lavorato il direttore e compositore Marcello Panni che ha diretto la Form- Orchestra Filarmonica Marchigiana. L’evento è stato spostato all’ultimo momento presso il teatro per la scarsa vendita di biglietti. Peccato!

MOFPeccato anche per i mancati tre intermezzi mascagnani dalle opere Guglielmo RatcliffCavalleria rusticana e Amica che lascia il pubblico basito e scontento.

La storia è una sorta di Faust femminile, in cui la protagonista vende l’anima al diavolo per riconquistare la giovinezza perduta. L’anziana dama dell’alta società, Alba d’Oltrevita (Lyda Borelli) stipula un patto con Mefisto (Ugo Bazzini), per riacquistare la giovinezza in cambio della quale però lei ha il divieto di innamorarsi. Alba è corteggiata da due giovani fratelli, Tristano (Andrea Habay) e Sergio (Giovanni Cini). Quest’ultimo minaccia di uccidersi se lei non lo amerà: lei tuttavia non s’interessa a Sergio, il quale dunque si uccide, e si prepara a sposare Tristano. A questo punto però Mefisto torna per riprendersi la giovinezza che aveva concesso e restituendo la vecchiaia ad Alba che non aveva rispettato il patto. Pellicola muta fra le più importanti della sua generazione. La colonna sonora è firmata da Pietro Mascagni, il primo compositore di professione in Italia a firmare una colonna sonora, sincronizzandola con le scene del film (lavoro che definì “lungo, improbo e difficilissimo”)

Il sabato festivaliero si è concluso con un appuntamento a sorpresa. Alle 22.30 in piazza della Libertà si è tenuto un concerto aperto a tutti con la Salvadei Brass, un decimino di ottoni e percussioni, composto da musicisti provenienti da alcune importanti orchestre italiane che hanno deliziato il pubblico con differenti sonorità accostando pagine che vanno dalla Carmen di Georges Bizet ai Pagliacci di Ruggero Leoncavallo, da West Side Story di Leonard Bernstein fino alle colonne sonore di Nuovo Cinema Paradiso di Ennio Morricone e di Star Wars di John Williams.

Una settimana concertistica che delizia, lasciandoci qualche amarezza ma con il cuore che batte sinfonico.

Anche la prima delle opere in programma, La Tosca proposta da Valentina Carrasco è andata in onda il 22 luglio. La seconda settimana del MOF prevede altrettanti appuntamenti da non perdere.

Foto: Luna Simoncini

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diGiorgio Cipolletta

Artista e perfomer italiano, studioso di estetica dei nuovi media. Dopo una laurea in Editoria e comunicazione multimediale, nel 2012 ho conseguito un dottorato di ricerca in Teoria dell’Informazione e della Comunicazione. Attualmente sono professore a contratto per corso di Fotografia e nuove tecnologie visuali presso Unimc. La mia prima pubblicazione è una raccolta di poesie “L’ombra che resta dietro di noi”, per la quale ho ricevuto diversi riconoscimenti in Italia. Nel 2014 ho pubblicato il mio primo saggio Passages metrocorporei. Il corpo-dispositivo per un’estetica della transizione, eum, Macerata. Attualmente sono vicepresidente di CrASh e collaboro con diverse testate editoriali italiane e straniere. Amo leggere, cucinare e viaggiare in modo “indisiciplinato” e sempre alla ricerca del dono dell'ubiquità.