Chris Fuhrman è passato nel mondo della letteratura come un lampo. Nato nel 1960 a Savannah, in Georgia, è morto a soli 31 anni, nel 1991.
In questo tempo è riuscito però a regalarci un’opera di straordinario impatto, un unico romanzo sul quale ha lavorato fino agli ultimi giorni della sua vita, e da cui è stato tratto il film The dangerous lives of altar boys, con Jodie Foster, Emile Hirsch e Kieran Culkin.
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La trama
Vite pericolose di bravi ragazzi sembra scritto tutto d’un fiato, e tutto d’un fiato si può tranquillamente leggere, immergendosi nella vita di provincia di Savannah, in cui Fuhrman decide di ambientare la sua storia. Nei primi anni ’70 Francis, Tim e la banda dei loro amici, frequentano una scuola cattolica, quella del Cuore Benedetto.
In loro la gioia e la precarietà dell’adolescenza che si trasforma in vita adulta. Tim è un ragazzino ribelle, una piccola scheggia esile pronta a prendere a pugni il mondo. Sfida la realtà, le regole e se stesso. Francis ha l’aria di essere più pacato, anche perché buona parte dei suoi pensieri è occupata da Margie, l’introversa ragazza di cui è follemente innamorato, seppur troppo timido per dichiararsi.
Non a caso è la sua voce a narrarci ogni avventura, un misto di sfrontatezza e discrezione che sfocia nella tenerezza. Nella libertà e nell’incoscienza della gioventù, il gruppo di ragazzi rischia la bocciatura a causa di un fumetto osceno, e il piano per la salvezza sarà ingegnoso quanto rischioso.
Vite pericolose di bravi ragazzi – La recensione
Quella di Fuhrman è una storia genuina che ha dentro mille sfaccettature: i primi baci e le prime sbronze sono accompagnati dalle lotte fra gang, dai riti di iniziazione, dall’amore ancora acerbo e dai primi abbozzi di rischio e violenza.
Ogni pagina è un passo in più per i protagonisti verso la crescita. L’amara scoperta del dolore cambierà per sempre la loro vita, e darà un senso ad ogni storia. Vite pericolose di bravi ragazzi è un libro vincente perché parla di un angolo di vita in maniera schietta, fresca, limpida. Senza la pretesa del giudizio a ritroso e senza l’ombra di fastidiose morali, Fuhrman trova lo stile giusto per seguire la sua strada ma senza disprezzare, ogni tanto, la perdita dell’equilibrio.
Leggerlo è un po’ vivere la vita disordinata e affascinante della banda di ragazzi in precario equilibrio tra sogni e realtà, tra rischio e sicurezze, tra ebbrezza e noia, tra tenerezza e amore.