Sola a presidiare la fortezza è un libro della Minimum Fax che ritorna in libreria a distanza di anni in un’edizione curata da Ottavio Fatica, che ne ha anche scritto l’interessantissima prefazione. Il volume si presenta come un epistolario, una raccolta ricca e composita di lettere della scrittrice statunitense Flannery O’Connor, che si arricchisce, rispetto alla precedente versione, di qualche inedito. Una vita decisamente poco tranquilla quella della O’Connor, che perse il padre a causa di un lupus eritematoso quando aveva solo 15 anni, e che proprio dal padre ereditò questa malattia che le causò numerose sofferenze, punti centrali della sua intera poetica.
Un libro, questo, che ci apre il mondo letterario, intimo e lavorativo della O’Connor. Le lettere e la scrittura rude ma nello stesso tempo riflessiva dell’autrice, riescono a farci scoprire i vari angoli della sua vita: le difficoltà della quotidianità a causa della malattia e la fatica di ogni scrittore che cerca di affermarsi con i propri lavori. «Io lotto solamente con la lingua, e con una certa povertà di mezzi nell’usarla, ma questo è né più né meno quello che devi fare se vuoi scrivere». La creatività della O’Connor deve fare i conti con una personalità a tratti cupa e buia, che la malattia ha modificato in negativo nel corso degli anni. Anche la scrittura non sembra essere né uno sfogo né un piacere, quanto piuttosto l’unica attività possibile, sottofondo costante al ritmo incessante e faticoso delle giornate. In queste lettere, ritroviamo i vari elementi della sua poetica: la crudezza unita alla compassione, divagazioni su vita e arte, un umorismo di fondo che va a braccetto con uno spiccato senso religioso, il grande interesse e i dibattiti sulla letteratura dell’epoca.
Proprio l’aspetto letterario sembra essere quello più interessante in un volume che si chiude un po’ troppo su se stesso, pur fornendo al lettore una finestra privilegiata sulla vita della scrittrice e sull’America degli anni ’50. «Devo scrivere per scoprire quel che faccio. Come la vecchia, non so bene che cosa penso finché non vedo che cosa dico; dopodiché devo dirlo da capo»; così la O’Connor sembra condannata a dire quel che sa e a dirlo e ridirlo per sapere quel che dice. Un libro per veri appassionati quindi, che ci porta tra letteratura e malattia, in quel braccio di mare che divide i sani dagli infermi, nel mezzo della creatività straziante, cupa e umoristica di questa donna rimasta “sola a presidiare la fortezza”.