Erlend Loe – Saluti e baci da Mixing Part

Un uomo e una donna stanno discutendo. Inizia così, all’improvviso, Saluti e baci da Mixing Part, l’ultimo libro di Erlend Loe, pubblicato in Italia da Iperborea.

I due personaggi sono Nina Telemann, insegnante di norvegese alle scuole superiori, e suo marito, Bror Telemann, quarantaduenne consulente alla regia al Teatro Nazionale di Oslo. Lui fuma, lei non vorrebbe ma deve concederglielo, almeno secondo l’accordo fatto per convincerlo ad accettare l’ennesima vacanza in Germania, paese tanto amato da Nina quanto odiato da Bror, che non perde occasione per ricordarne il passato nazista. Così mentre lei e i figli fanno escursioni insieme a Bader (il proprietario della casa affittata per l’estate sulle Alpi bavaresi), Bror trascorre il tempo pensando alle sue due più grandi passioni. La prima è Nigella Lawson, una sexi cuoca britannica, sulla quale fantastica guardandone i video su YouTube e leggendone i libri di ricette. La seconda passione è il teatro, cui Bror pensa continuamente, aspettando il momento giusto per scrivere quella «pièce dannatamente strepitosa. Che farà scuola a tutti»; incapace però anche solo di iniziarla, egli si limita ad annotare su un bloc-notes tutto ciò che, secondo lui, è teatro. «Il teatro è attacco». «Le pagine aperte e vuote sono teatro, mentre le righe non lo sono di certo». «Il tailleur in qualche modo è teatro». «I cambiamenti improvvisi sono teatro». «L’autoerotismo è teatro e tutti i sentimenti repressi sono o possono diventare teatro». E così via, finché, completamente concentrato sulla propria ossessione, dovrà affrontare la crisi di un rapporto coniugale da tempo in bilico.

Il libro si regge quasi completamente sui frammenti dei dialoghi tra Nina e Bror. Questi da un lato rendono evidente il problema dell’incomunicabilità, presente fin dall’inizio anche ad esempio nello scambio di mail tra Nina e Bader: l’uomo incapace di scrivere in inglese, si affida al traduttore automatico (Garmisch-Partenkirchen, il villaggio del soggiorno, verrà erroneamente tradotto come Mixing Part) causando così una serie di incomprensioni; dall’altro sprigionano quella pura energia che Telemann voleva per il suo teatro, che «non affronterà per la centesima volta volta il problema della famiglia che reprime l’individuo, non dirà che la tecnologia aliena l’uomo, o che sotto la superficie piccolo borghese si nascondono perversioni indicibili», ma sarà solamente «energia mortale», capace, una volta distrutti gli schemi tradizionali, di ricreare il teatro dalle proprie macerie.

In questo libro, definito da Erlend Loe una «folle commedia un po’ demenziale e travestita da romanzo», sarcasmo e travestimento vanno di pari passo, da una parte c’è Telemann che vive e diventa il teatro che vorrebbe scrivere e dall’altra c’è il teatro che scende dal palco e si porta un po’ in giro, mascherando con l’ironia il dramma della «condizione malata dell’uomo», perché può capitare, chiuso il sipario, di non aver imparato niente, come succede ai personaggi di questo libro, perché «siamo come siamo e basta. È per questo che esiste il teatro».

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