Leggendo Finché vita non ci separi, edito in Italia da Garzanti, è quasi impossibile non provare un crescente coinvolgimento, un senso di inquietudine cui non tarda ad associarsi la frenesia di voler a tutti i costi capire come va a finire.
È uno di quei romanzi che fa riflettere, oltre ad essere un thriller di tutto rispetto scritto da una penna capace e sapiente, che riesce a dosare molto bene gli ingredienti più adatti a catturare l’attenzione del lettore, soprattutto nella prima parte.
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La trama
Rose e Polly sono amiche fin da quando erano bambine. Condividono un’infanzia infelice, un’adolescenza ribelle e una giovinezza londinese vissuta pericolosamente, un periodo cupo e trasgressivo caratterizzato da festini, uso massiccio di droghe e un paio d’inconfessabili segreti tutelati da un solenne giuramento. Polly è stata una cantante rock di discreta fama, ma anche una tossicomane a costante rischio di overdose, mentre Rose, più tranquilla e saggia, ma incline a lasciarsi trascinare dalle stravaganze dell’amica, ha studiato per diventare insegnante: sorelle non di sangue ma di vita, le due vengono separate dalla vita stessa quando Polly sposa l’affascinante Christos, artista eclettico e scostante, e si trasferisce con lui in Grecia, mentre Rose rimane in Inghilterra per sposare il miglior amico di lui, Garreth, con cui mette su famiglia e va a vivere un’idilliaca dimora di campagna.
La vita sembra essersi finalmente incanalata sui binari giusti, quando giunge improvvisa la notizia della morte di Christos. Può Rose rifiutarsi di aiutare la sua vecchia amica, rimasta vedova, e i suoi due figli? La donna in cuor suo sa di sbagliare, ma sa anche che se non aiuterà Polly il senso di colpa la perseguiterà per sempre. A legare le due donne, in realtà, più che un’amicizia è un legame d’altro genere, un sentimento morboso e intricato che si nutre di colpa, sospetto, segreti, invidia, bugie e risentimento; al posto di un affetto spontaneo, c’è l’ossessione di un rapporto malato tra due persone fondamentalmente fragili e immature, psicologicamente labili.
Finché vita non ci separi – La recensione
Ed è proprio questo, al di là della trama, che costituisce il vero oggetto del libro: Julia Crouch, infatti, più che istruirci sul valore dell’amicizia o scrivere un comune thriller che ha come filo conduttore l’invidia tra donne, desidera porre l’accento sul lato oscuro che alberga in ognuno di noi, sulle patologie e nevrosi più o meno gravi che ci spingono a legarci a determinate persone anziché ad altre, che imbastiscono per noi relazioni tramite le quali si cerca di espiare il proprio senso di colpa o la propria incapacità di stare al mondo, e la ricerca della felicità viene scambiata per un folle impulso a far del male o del bene senza realmente capire perché lo si fa, senza cercare altro se non una cura all’inadeguatezza, alla mancanza d’amore e di sincerità verso se stessi.
Il mondo che ci descrive la Crouch è inquietante perché malato, i personaggi principali sono patologici da ben prima dell’arrivo di Polly, la cui funzione principale è quella di scombinare la curatissima facciata di perbenismo e ipocrisia portando a galla la realtà, fatta di verità tanto più dolorose perché nascoste, soffocate, represse fino a esplodere nel peggiore dei modi.
Con l’arrivo della perfida Polly, personaggio riuscitissimo, ambiguo e bipolare, fin troppo credibile, il rapporto tra Rose e Garreth degenera, riemergono in superficie i vecchi rancori, le verità mai dette, i tradimenti e l’imperante ipocrisia piccolo-borghese che i personaggi, nonostante l’apparente anticonformismo, hanno perfettamente interiorizzato. Gli incidenti si susseguono: il gatto di casa muore avvelenato, la figlia più piccola di Rose rischia di morire avvelenata e persino Gareth non è più lo stesso… Una spirale di pazzia travolge la monotonia di quello che non tarda a rivelarsi un falso idillio bucolico, enfatizzata simbolicamente dal disordine in cui precipita la casa, un tempo perfettamente curata. Progressivamente emerge tutto il marcio che i personaggi, nessuno escluso, negli anni hanno disperatamente cercato di nascondere.
Oltre che un’ovvia riflessione sul reale senso dell’amicizia – il significato più immediato, che il lettore evince già dalla trama – quest’opera è una messa in scena delle grandi e piccole finzioni cui ognuno di noi si presta nella vita, una recita spinta all’eccesso proprio perché i meccanismi siano più chiari, ingigantiti per esasperare chi non vuole vedere, chi preferisce nascondere la polvere sotto il tappeto piuttosto che spazzarla via. La pazzia, generalmente connotata come negativa, qui assume quasi la funzione di una catarsi, l’unica forza in grado di smascherare la menzogna, ristabilendo la verità, che per quanto dolorosa non è mai pericolosa e deleteria come la finzione.
Julia Crouch
Casa editrice
Garzanti
Anno
2014
Genere
Narrativa
Formato
Brossura
Pagine
389
ISBN
978-881168801