The Sand Band – All Through the Night

La notte e il buio possono ispirare i talenti migliori. Forse è solo questo il segreto delle canzoni contenute nell’esordio dei The Sand Band, giovane formazione originaria di Liverpool. La stampa inglese ne sta tessendo le lodi a gran voce, utilizzando spesso aggettivi impegnativi e acclamando David McDonnell (il songwriter del gruppo) come uno tra i migliori autori in circolazione.

Proprio nel titolo, “All Through the Night”, si nasconde una delle particolarità più interessanti di questo debutto: le canzoni sono state tutte registrate dopo il tramonto, spesso fino alle prime luci dell’alba, e risultano, dunque, inevitabilmente imbevute di una seducente cupezza notturna. Le danze si aprono con Set Me Free, una confessione intensa e romantica degna del miglior Richard Hawley, mentre The Secret Chord (il cui titolo deriva dal primo verso di Halleluja di Leonard Cohen) sfoggia un tappeto armonico sorprendente, a metà tra i Beatles e Jeff Buckley. Non sembrano canzoni vere e proprie, ma intense confessioni a lume di candela, scarne e dimesse. L’assenza di luce pervade ogni respiro dell’album, ed è tangibile come ciò si riveli spesso uno dei suoi punti di forza, accanto alla bellezza di canzoni come Open Your Wings, una tenera ballata svestita di ogni sgradevole orpello e che riflette la grande capacità evocativa della scrittura di McDonell. Una destrezza innegabile, che si ripete più volte nel corso di “All Through the Night”: basta citare la splendida serenata Song That Sorrow Sing o il folk obliquo di Someday the Sky, per certificare quanto detto.

La voce si mantiene sempre fioca, proprio come se non si volesse spezzare l’incantesimo di una notte piena di stelle, di parole e frasi da pronunciare. L’album raccoglie una manciata di vignette solitarie, rivelazioni intime che non si ha il coraggio di esporre con timbro alto e deciso e che, per questo, sono affidate ad un bisbiglio privo di qualsiasi urgenza comunicativa. McDonnell riversa nelle sue composizioni una vasta quantità di influenze, da Paul Simona Leonard Cohen, passando per Bob Dylan, fino ad arrivare a Elliott Smith e Mark Linkous. Il tono di fondo, malgrado il tratto americano delle influenze appena citate, resta però marcatamente british. Si avverte, in particolare, l’influsso delle ballate ombrose dei concittadini Echo & The Bunnymen, soprattutto nel modo di snocciolare certi umori depressi, certe ferite dell’anima. A dimostrarlo, in primis la title-track, apoteosi del cantautorato in stile Ian McCulloch.

Insomma, auguriamoci che la magia non s’interrompa, che la notte prosegua e che il talento di McDonnell ci fornisca altri meravigliosi gioielli come questi: per ora, comunque, “All Through the Night” si candida meritatamente tra i migliori debutti di questo 2011.

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