Marianne Faithfull – Horses and High Heels

Marianne Faithfull, la “sister morphine” del rock’n’roll, oggi è una signora elegante e composta, dall’aspetto rassicurante, con il volto solcato da rughe che rimarcano in maniera esplicita la sua età anagrafica e le mille esperienze che l’hanno segnata. Non è più, insomma, la ragazza inquieta dal volto angelico dedita ad atteggiamenti edonistici, impegnata a consumarsi tra abuso di droghe pesanti, alcool ed esperienze sessuali di ogni genere. Recuperate salute e lucidità mentale, lasongwriter è ormai impegnata a proporre un percorso artistico discreto, che l’ha purtroppo allontana parecchio dai fasti di “Broken English” (1979), da molti ritenuto il punto più alto della sua carriera.

“Horses and High Heels” è un album conteso tra cover (otto, per la precisione), piccoli classici vecchi e nuovi usciti dalla penna di grandi autori (tra questi, Mark Lanegan e Greg Dulli, Lesley Duncan, Carole King e Allen Toussaint), ed originali scritti dalla stessa Faithfull. A nobilitare le tredici tracce, una vocalità cupa, da strega ammaliatrice, penetrante, teatrale, che, modulata dalla nostra con notevole destrezza, costituisce il vero punto di forza del full-lenght. A latitare, infatti, sono proprio le idee, le canzoni da pelle d’oca. Nelle confessioni semi-autobiografiche delle inedite Why Did We Have to Part e Prussian Blue il tono è quello giusto, ma tutto il resto è fin troppo ordinario e rasenta tristemente la banalità. A questo punto, è lecito chiedersi se non sarebbe stato meglio, per Marianne, svestirsi dei panni dell’interprete (aspetto, per altro, abbondantemente approfondito nei lavori più recenti) per concentrarsi esclusivamente sul ruolo di autrice. Neppure ospiti del calibro di Wayne Kramer (la chitarra graffiante dei leggendari MC5), Lou Reed e Dr. John riescono a risollevare il livello medio del disco.

Forse non dovremmo infierire, ma viene da pensare che se non avesse gravitato nell’orbita dei Rolling Stones (con tutti gli scandali che ne seguirono) e condotto una vita tanto eccessiva (contraddistinta anche da ripetuti esaurimenti nervosi), il culto creatosi intorno alla figura della Faithfull si sarebbe spento presto e forse oggi nessuno si ricorderebbe di lei. In ogni caso, noi continueremo ad aspettarla, nell’attesa che ritorni a stupirci.

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