Nomadland

Nomadland: una geografia solitaria sulla strada

Dopo il lungo periodo di lockdown forzato per la maggior parte dello spettacolo a causa della pandemia Covid19, uno dei primi film proiettato in tutte le sale è stato il vincitore del Leone d’Oro di Venezia 2020 Nomadland della regista cinese Chloé Zhao (pseudonimo di Zhao Ting). Il film prodotto in Usa è arrivato il 30 aprile 2021 sulla piattaforma on demand Disney+.

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La trama

Dopo il collasso economico di una città aziendale nel Nevada rurale, Fern – interpretata dall’eccezionale Frances McDormand  carica i bagagli sul proprio furgone e si mette in strada alla ricerca di una vita fuori dalla società convenzionale, come una nomade moderna.

Dopo il Leone d’oro Chloe Zaho, durante gli Oscar 2021, incassa altri tre premi come miglior film, migliore regia e miglior attrice con Frances McDormand che conquista  nuovamente la statuetta dopo l’Oscar 2017 per i Tre manifesti a Ebbing, Missouri  di Martin McDonagh,e nel 1997 con Fargo dei fratelli Coen.

Nomadland – La recensione

Il terzo lungometraggio di Chloe Zhao è tratto dal romanzo di Jessica Bruder, tradotto in italiano da Giada Diano (Nomadland. Un racconto d’inchiesta, Edizioni Clichy 2020). L’opera letteraria della Bruder trasposta magistralmente dalla regista cinese naturalizzata statunitense diviene un inno alla strada. Nomadland è un viaggio fino al termine dell’America degli ultimi. Fern (Frances McDormand) nel giro di pochi mesi ha perso ogni cosa. Dopo aver vissuto per anni in una cittadina aziendale in Nevada, Fern perde prima suo marito e poi anche la casa. Quando la miniera ha cessato le sue attività, infatti, si ritrova sola con la sua auto e pochi averi. La donna non ha particolari titoli di studio né grandi esperienze lavorative. Sulla sua strada incontrerà altri nomadi, come Dave, Linda May e Swankie. Imparerà anche grazie a loro come gestire una nuova vita, fatta di imprevisti e di di indipendenza rinnovata. Fern deve rimodulare i suoi riti, assumendo nuovi modelli di vita e di esistenza.

Nomadland è un film radicale fin dall’inizio, le inquadrature catapultano lo spettatore in uno spazio sfinito. Frances McDormand appare senza trucco, vestita informalmente con un taglio dei capelli indisciplinat, “errabondi”. La verità si presenta cruda, nuda, come lo è la protagonista, che si ritrova sola, senza soldi e senza nessun punto di riferimento. Il volto veste la forma del paesaggio registrato da Chloe Zaho. Il roadmovie della regista può anche essere pensato come un viaggio di formazione, tra passato (quello insieme al marito) e quello presente sola e allo stesso tempo insieme alle possibili forme di incontro nomade che riempiono le terre di frontiera americane. Il volto della protagonista si immedesima, quasi a sovrapporsi, nel solco impietoso, brullo del paesaggio. La vita con tutte le sue vicissitudini si mescola alle terre desolate che vengono attraversate. Zhoé ci regala una profonda geografia dei volti che spaziano e fanno passaggio (mindscapes). Nelle persone che Fern incontra lungo la strada riscontra la perdita del posto di lavoro, della disoccupazione, dell’assenza di punti di riferimento, ammortizzatori sociali, assistenza medica. Lutto, ricordo, conquista della libertà e profonda solitudine sono gli elementi della regia filmica di Zhao. La regista cinese recupera l’intuizione sociale del precedente, fortunato The Rider. Il sogno di un cowboy (2019).

Il panorama industriale e capitalista di Amazon dove Fern lavora stagionalmente si interseca con gli spazi desolati, pietrosi, spogli di un’America descritta prima da John Steinbeck e poi da Kent Haruf e fotografato da Ansel Adams. Le fabbriche dismesse e le città di operai abbandonate conservano l’immaginario di luoghi remoti, dimenticati da dio. Fern di-svelala sua reale riconciliazione con le rovine della civiltà tra fantasmi fatti di ricordi, acciaio, lamiere e prefabbricati costruiti intorno ad un complesso industriale in Nevada, oggi dismesso. Fern è una houseless, non è una barbona, si muove in furgone, dal gelo del Nevada al caldo dell’Arizona, sosta, poi riparte, nel mentre soffre, ricorda, spera e lavora. Fern diviene un simbolo dell’America contemporanea, paradossale, contraddittoria. Fern non insegue il futuro e non cerca un luogo per fermarsi, ma è in costante movimento tra presenza e assenza, tra illusione e rinuncia, tra capricci e libertà. Nomadland è Fern, un grido silenzioso a cui fa eco una vita sospesa, fatta di lividi, rughe, scorze e coperte pesanti per ripararsi dal freddo. Nomadland è celebrazione dei sentimenti, voce di paesaggio desolato, volto di una geografia dis-umana, dimensione onirica che si fa poesia e strada senza un addio definitivo.

copertina
Regia
Chloé Zhao
Genere
Drammatico
Anno
2020
Attori
Frances McDormand - David Strathairn - Linda May -
Durata
108 minuti
Paese
USA
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diGiorgio Cipolletta

Artista e perfomer italiano, studioso di estetica dei nuovi media. Dopo una laurea in Editoria e comunicazione multimediale, nel 2012 ho conseguito un dottorato di ricerca in Teoria dell’Informazione e della Comunicazione. Attualmente sono professore a contratto per corso di Fotografia e nuove tecnologie visuali presso Unimc. La mia prima pubblicazione è una raccolta di poesie “L’ombra che resta dietro di noi”, per la quale ho ricevuto diversi riconoscimenti in Italia. Nel 2014 ho pubblicato il mio primo saggio Passages metrocorporei. Il corpo-dispositivo per un’estetica della transizione, eum, Macerata. Attualmente sono vicepresidente di CrASh e collaboro con diverse testate editoriali italiane e straniere. Amo leggere, cucinare e viaggiare in modo “indisiciplinato” e sempre alla ricerca del dono dell'ubiquità.