Il contagio dell'algoritmo

Michele Mezza – Il contagio dell’algoritmo

Il libro di Michele Mezza Il contagio dell’algoritmo. Le idi di marzo della pandemia con una introduzione di Enrica Amaturo e pubblicato da Donzelli nel 2020 interviene su un tema attuale, ossia quello del contagio da coronavirus e delle sue conseguenze sulla vita di ognuno di noi.

Michele Mezza se da un lato denuncia lo strapotere dei “calcolanti” che perseguono un modello numerico rispetto a quello del linguaggio naturale, dall’altro il giornalista Rai ci offre un pensiero critico tessendo magistralmente le tessere mancanti per liberarci dal soffocamento della libertà e dalla trasparenza causato dalle grandi multinazionali (Google, Facebook, Amazon etc…).

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Il libro

Il contagio dell’algoritmo è un atto d’amore nei confronti della vita, della salvezza e della libertà dedicato al filosofo-matematico Giulio Giorello, scomparso recentemente. Nell’opera, dopo un intervento di Andrea Cristanti il quale sostiene che l’epidemia si combatte sia sul territorio con un importante tracciamento delle persone infette, che nelle Università pensate come luoghi dove possono emergere soluzioni vincenti. A chiusura del volume troviamo un ricordo “tenerissimo” su Giorello scritto dalla sua compagna Roberta Pelachin.

Michele Mezza dà numeri, perché le emergenze, citando Paolo Giordano (Nel Contagio Einaudi, 2020), le epidemie prima ancora che emergenze mediche, sono emergenze matematiche.

Infatti sono stati proprio i numeri a dettare e governare il Paese, legittimando e autorizzando decisioni e strategie, denunciando però una mancata fonte di provenienza (numeri senza numeratori). Si riscontra fin dalle prime pagine l’affermazione di un sistema autocratico. La vicenda tragica della pandemia, come abbiamo visto e vissuto, lega ogni destino umano alla paura e alla minaccia del virus. Segue che l’affidarsi ad un algoritmo, ad un calcolo, ad una previsione statistica rende l’eccezionale regola, dove la riorganizzazione della vita in comune viene dettata da un esercizio del potere pubblico in stato di emergenza. Il contagio dell’algoritmo raccoglie con coraggio e lucida osservazione la storia del potere e del suo rapporto con la tecnica e la scienza. In questo trittico, Mezza lega la vita sociale inserita in un cortocircuito che non ci lascia respiro. I servizi di statistica, di tracciamento, di previsione e profilazione offerti dalle maggiori corporation digitali hanno dimostrato di rispondere efficacemente alla minaccia epidemica rispetto a qualsiasi altra istituzione pubblica.  La rete e il potere del calcolo predittivo diventano indispensabili per l’ordine sociale in un momento di crisi affinché si potesse tutelare la salute individuale e pubblica quando gli strumenti tradizionali non riescono a farlo. Il paradosso che Mezza fa catapultare dentro la pandemia è quello dove il potere pubblico, in evidente difficoltà da manovratore diviene manovrato e ostaggio delle competenze e del patrimonio di dati e informazioni di soggetti terzi, appartenenti al gruppo F.A.A.N.G.[1] (Facebook, Amazon, Apple, Netflix, Google).  Mezza rileva come il controllo dei dati sanitari, avviato nel corso dell’emergenza, ha dimostrato come il potere di Google e Apple «che insieme controllano con i loro sistemi operativi Android la prima e iOS la seconda, il 94% degli smartphone del mondo» permette a imprese private di elevarsi a veri e propri mediatori unici tra decisori e cittadini. Qual è il prezzo da pagare in questa situazione emergenziale? Il gruppo F.A.A.N.G., colossi del web e delle tecnologie digitali, in cambio dei nostri dati personali e sanitari fornisce i loro servizi di previsione, analisi e tracciamento ponendosi alla stregua di nuovi interlocutori del patto che lega i governanti ai governati.  Il governo italiano per non entrare in contrasto con gli interessi di Google e Apple, in un momento di emergenza, ha aderito alle imposizioni dalle stesse società lasciando che i sistemi operativi lasciassero «sui telefonini i dati del tracciamento, alla mercé degli stessi sistemi operativi». La capacità di gestire, elaborare ed interpretare l’enorme quantità di dati riconducibili alla pandemia, sostiene Mezza, è diventata cruciale per impostare la strategia idonea a fronteggiare la minaccia del virus. La tecnica non è più al servizio della politica ma, al contrario, la politica impreparata e priva di competenze appalta ogni sua funzione all’infallibilità della tecnica. Questo gioco al rialzo o al ribasso (dipende dal punto di vista che lo si guarda) ricalibra qualsiasi relazione umana mettendo all’asta il valore della libertà e della sicurezza, dell’interesse privato e dell’interesse collettivo. Il contagio dell’algoritmo fornisce uno strumento critico al lettore per poter approcciarsi con uno sguardo diverso affinché possa comprendere la questione della pandemia e su come le istituzioni hanno gestito questa emergenza, prendendo come modello quello veneto di Vo’, grazie alla lettura anticipata e dinamica del virologo Andrea Crisanti. La tecnologia come ben sappiamo non è mai neutra, ma incorpora relazioni e reazioni a volte complici, altre volte salvifiche e spesso abusate, nonché subordinate per intervenire sulla società, ma senza una vera regolamentazione. Sta proprio in questa necessità di regolamentazione “l’urlo provocatorio” di Michele Mezza. La pandemia porta con sé molte implicazioni e complicazioni, annunciando un allarme profondo sulla riconsegna del potere al pubblico e alla gestione dei nostri dati. La vera sfida che il giornalista Rai porta avanti è quella di una responsabilizzazione della regolamentazione delle potenze tecnologiche, orientando finalmente la diffusione dei dati a beneficio della collettività, per poi investire in una società solidale che proprio grazie alla tecnologia possa maturare e così divenire più sensibile alle ingiustizie e ai divari sociali. Sta proprio nell’atteggiamento critico e consapevole dei numeri il valore aggiunto di questa analisi, affinché essi non siano semplicemente passivi ed estrattivi, ma qualitativi per poter generare un comportamento differente e soprattutto eco-sostenibile. Il Covid-19  non ha causato solo morti e sconvolgimenti economici, ma ha costretto la società a fare i conti con i propri modelli di vita e con le trame che permettono ai poteri, talvolta in contrasto tra loro. Non solo, la pandemia ci ha obbligato a fare i conti con il ruolo e l’importanza della scienza e della tecnologia nel contesto pubblico e politico, ma ci ha resi consapevoli (forse) su come le istituzioni dovrebbero gestire questi dati senza assoggettarsi a terzi. Se pensiamo al virus come ad una rete, scopriremo che entrambi sono ecosistemi vivi appartenenti ad un ecosistema ancor più complesso e che essi funzionano anche come agenti computazionali geopolitici. Mezza non ci fornisce risposte, ma ci fa ragionare su un diverso umanesimo (umano e non umano) con una prospettiva ecologica e una deriva importantissima e vitale della cura. È proprio nella cura che ritroviamo una struttura anatomica che sorregge il concetto di salute. Solamente attuando questo processo relazionale potremmo “salvarci” (forse). I dati sono importantissimi, ma non sono infallibili, ecco perché anche essi sono naturali,  e persino gli algoritmi non sono sempre risolutivi. Mezza non risponde, ma domanda e ci invita ad salvaguardare un approccio laico rispetto alla nuova teologia dei numeri, «proprio quando questa tende a insinuarsi in quello spazio decisivo che separa la salvezza dalla morte di ognuno di noi». L’autore offre al lettore non solo uno sguardo diverso, ma anche un modo differente per il cittadino affinché esso possa capire i numeri, leggerli, estrapolarli e gestirli in maniera intelligente. C’è un prima e un dopo Covid che ha modificato sicuramente il nostro stile socio-culturale, ma c’è anche l’urgenza di applicare un nuovo modello, prima che sia troppo tardi. Se da un lato il capitalismo della sorveglianza (Shoshana Zuboff, Luiss, 2020) rifiuta di rendere accessibili i data set, dall’altro quanti sono i morti che occorrono ancora affinché questa morsa fra virus e algoritmi trovi un respiro d’aria libera, piuttosto che una terapia intensiva.

Il contagio dell’algoritmo – La recensione

Quanto dovrebbe durare la nostra “quarantena” sotto gli occhi di un arbitrario pubblico? Che ruolo hanno gli algoritmi nella gestione delle emergenze? Chi controlla i dati sanitari e quando la strategia preventiva meramente sanitaria, smette di essere tale e diventa strategia politica? Ma fino a che punto il potere pubblico, senza perdere la sua autenticità, potrà convivere con il potere tecnologico e digitale che invade la vita e le dinamiche relazionali e si propone come l’unico tra gli strumenti possibili per fronteggiare il virus?

Domande e ancora domande, per riuscire poi ad immaginare una diversa cura dove il contagio tra dati ed informazioni non ci renda schiavi volontari, solamente perché la maggioranza si sente forte della sua stessa abbondanza numerica. Ed ecco perché insieme al virus pandemico e silenzioso si celano altri virus, altrettanto pericolosi.

[1] In principio era FANG e non comprendeva Apple, aggiunta in un secondo momento. l’acronimo FANG è stato coniato da Jim Cramer ospite del programma Mad Money della Cnbc nel 2013, per indicare questo gruppo di aziende che crescevano a ritmi vertiginosi, praticamente tutte insieme. Nel 2017 si è passati a FAANG per includere anche Apple.

copertina
Autore
Michele Mezza
Casa editrice
Donzelli
Anno
2020
Genere
saggistica
Formato
Brossura
Pagine
288
ISBN
9788855220996
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diGiorgio Cipolletta

Artista e perfomer italiano, studioso di estetica dei nuovi media. Dopo una laurea in Editoria e comunicazione multimediale, nel 2012 ho conseguito un dottorato di ricerca in Teoria dell’Informazione e della Comunicazione. Attualmente sono professore a contratto per corso di Fotografia e nuove tecnologie visuali presso Unimc. La mia prima pubblicazione è una raccolta di poesie “L’ombra che resta dietro di noi”, per la quale ho ricevuto diversi riconoscimenti in Italia. Nel 2014 ho pubblicato il mio primo saggio Passages metrocorporei. Il corpo-dispositivo per un’estetica della transizione, eum, Macerata. Attualmente sono vicepresidente di CrASh e collaboro con diverse testate editoriali italiane e straniere. Amo leggere, cucinare e viaggiare in modo “indisiciplinato” e sempre alla ricerca del dono dell'ubiquità.