Squid Game

Squid Game: non c’è confine tra gioco e vita vera

Il nuovo fenomeno globale lanciato dalla piattaforma Netflix si intitola Squid Game. La serie cult del momento arriva dalla Corea del Sud. Incolla gli spettatori allo schermo e al tempo stesso è oggetto di numerose polemiche.

Squid Game guarda per un verso alla contemporaneità e alla società in cui viviamo, e dall’altra mette in scena un mondo ludico e distopico. “Il tema del gioco – dice Aldo Grasso – è innesco e modello narrativo allo stesso tempo”.

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La trama

Il protagonista è Seong Gi-hun (Lee Jung-jae), uomo di mezza età divorziato e anche pieno di debiti. I suoi giorni passano tra scommesse, un difficile rapporto con la ex moglie ed una figlia piccola a cui è molto legato ma che non sempre riesce a vedere.

Un giorno viene avvicinato da un uomo misterioso che gli propone di partecipare ad uno spettacolo in cui i giocatori dovranno sfidarsi ad una serie di vecchi giochi per bambini. In cambio ci sarà un ricchissimo premio in denaro

Il tutto avviene in un luogo chiuso e sconosciuto. I partecipanti sono 457 persone che hanno gli stessi problemi di Gi-hun. Un ambiente molto violento e interamente sorvegliato. Gioco dopo gioco un crescendo di tensione e varie eliminazioni, tra scelte individuali e pulsioni collettive. Ma dove porterà tutto questo?

Squid Game – La recensione

Violenza spinta all’estremo o critica sociale? Serie ludica o costruzione di un “super mondo” in cui si uniscono contemporaneità e distopia? C’è un po’ di tutto in Squid Game, e forse questo spiega il grande successo mondiale e al tempo stesso le polemiche che si sono formate attorno a questo che non è solo un prodotto televisivo, ma una specie di “modello” che come per La casa di carta di qualche anno fa si è insinuato nella quotidianità dei ragazzi.

Il centro narrativo di questa serie unisce elementi caratteristici della società coreana (i giochi dei bambini, i vicoli delle città) ed altri più vicini alla cultura occidentale, prendendo anche spunti da grandi successi cinematografici degli anni passati. Non passano perciò inosservate le somiglianze con le perversioni di Saw o il format dei giochi di Hunger Games.

Squid Game però unisce il gioco al reale creando però uno spazio di manovra ben definito. La città che va avanti a velocità inaudita lasciando dietro di sé le macerie della povertà e della difficoltà sociale da un lato, e il terreno di gioco che si svolge in un luogo lontano, sconosciuto, distopico. I due mondi sono collegati tra loro dalle pulsioni più intime dell’uomo e dai sentimenti che governano la serie: paura, rabbia, dolore, ansia, violenza).

In questo vortice di istinti si mettono in scena le dinamiche classiche delle dinamiche di gruppo, quelle che portano alla voglia di sopravvivenza, allo scontro tra “noi” e “loro”, tra amici e nemici. Ma si delineano anche le tracce estreme dell’individualismo, del dualismo classico “o me o te”. Solo il protagonista sembra aver mantenuto un minimo di moralità, di valori puri che esulano dal gioco. Ma basterà per sopravvivere?

Di sicuro Squid Game assottiglia il limite e il confine tra la ricchezza e la disperazione, tra la realtà e la distopia, tra il vero e il falso, tra la vita e il gioco. Ciò che succede nel luogo sconosciuto non è troppo lontano da noi insomma, e nel finale aperto non vi è certezza di chi vince e di chi perde.

Ci sarà una seconda stagione?

Si sta molto parlando di una possibile seconda stagione di Squid Game, dove in realtà molti filoni narrativi non sono ancora stati approfonditi. Così il regista Hwang Dong-hyuk si è espresso a riguardo:

“Ad esempio, la storia dell’ufficiale di polizia e la storia di suo fratello, Front Man. Se alla fine farò una seconda stagione, mi piacerebbe esplorare quella trama. Cosa è successo tra i due fratelli? E poi potrei anche approfondire la storia di quel reclutatore in tuta che fa il gioco di ddakji con Gi-hun e gli dà la carta nel primo episodio. E, naturalmente, potremmo continuare a raccontare la storia di Gi-hun mentre torna indietro, ed esplorare di più i suoi piani per affrontare le persone che hanno progettato i giochi. Quindi, non lo so ancora, ma sicuramente ci sono molte possibilità per le trame della seconda stagione.”

“Non ho ancora deciso se fare o meno un’altra stagione. Ma siccome in tutto il mondo molti fan ne stanno parlando, potrei davvero raccogliere le loro idee per creare la prossima stagione. Posso sfruttare tutto questo amore e supporto che sto ricevendo non solo come fonte di stress ma anche per trovare ispirazione”.

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diDonato Bevilacqua

Proprietario e Direttore editoriale de La Bottega di Hamlin, lettore per passione e per scelta. Dopo una Laurea in Comunicazione Multimediale e un Master in Progettazione ed Organizzazione di eventi culturali, negli ultimi anni ho collaborato con importanti società di informazione e promozione del territorio. Mi occupo di redazione, contenuti e progettazione per Enti, Associazioni ed Organizzazioni, e svolgo attività di Content Manager.