Roberto Calasso: il ricordo di un grande uomo

È già trascorso più di un mese dalla morte di Roberto Calasso. L’autore, fondatore e direttore della casa editrice Adelphi ci lascia all’età di 80 anni dopo una lunga malattia.

La casa editrice milanese nasce nel 1962 durante l’incontro con il critico letterario Roberto Bazlen e il traduttore Luciano Foà. Calasso lavorerà per Adelphi tutta la vita, nel 1971 diviene direttore editoriale, poi dal 1990 avrà il ruolo di consigliere delegato e dal 1999 quello di presidente. Oltre all’attività editoriale, Roberto Calasso conquista il panorama nazionale e internazionale come narratore e saggista, studiando e indagando il mito e il passato per far luce sull’attualità. I suoi libri sono tradotti in 25 lingue e pubblicati in 28 paesi.

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Le opere

La pubblicazione del suo primo romanzo, L’impuro folle è del 1974. Inoltre l’editore e scrittore italiano nato a Firenze (1941) dal giurista Francesco Calasso e di Melisenda Codignola si occupa di traduzione a partire dal 1966 con Il racconto del pellegrino di sant’Ignazio (1966), proseguendo con Ecce homo di Nietzsche (1969), Detti e contraddetti di Karl Kraus (1972), gli Aforismi di Zürau di Franz Kafka (2004). Importanti sono anche le sue postfazioni scritte in Mine-Haha di Wedekind, L’Unico e la sua proprietà di Stirner, Memorie di un malato di nervi di Schreber. Nella sua carriera Calasso crea un’opera letteraria monumentale (più di 4000 le pagine suddivise in undici volumi) rimasta ad oggi (purtroppo) incompiuta. L’autore di questa immensa “Opera senza nome” nasce nel 1983 con La rovina di Kasch e prosegue con Le nozze di Cadmo e Armonia (1988), Ka (1996), K. (2002), Il rosa Tiepolo (2006), La Folie Baudelaire (2008), L’ardore (2010), Il cacciatore Celeste (2016), L’innominabile attuale (2017),  Il libro di tutti i libri (2019) e La tavoletta dei destini (2020). Attraverso l’attività di scrittore Calasso crea una sorta di immensa di cattedrale letteraria senza fine dove con lucidità sfiora epoche diverse, partendo dalle origini per poi spalancare le porte dell’“l’innominabile attuale”.

I due ultimi libri, Memé Scianca e Bobi, escono proprio nel giorno della sua morte (una coincidenza o un testamento?). Con l’opera Bobi, Calasso descrive Roberto Bazlen, detto  Bobi, su cui non poco è stato scritto, ma il più rimane da dire e capire. Bazlen attraversa la prima parte del Novecento come un profilo di luce imprendibile. Nell’ultima fase della sua vita, l’ideatore di Adelphi riversa la sua sapienza. «Faremo solo i libri che ci piacciono molto», con queste parole Bobi presenta a Calasso il progetto adelphiano. Il 30 maggio del 1962, giorno del ventiduesimo compleanno di Calasso, lui e Bobi, di trentanove anni più vecchio, si trovano nella villa di Ernst Bernhard sul lago di Bracciano.

Con Memé Scianca ritroviamo invece l’editore italiano nelle vesti di padre, il quale racconta ai propri figli (Josephine e Tancredi) che glielo hanno chiesto, quello che ricorda dei suoi primi dodici anni, di cui loro non sanno quasi nulla. La memoria dell’autore fa da protagonista a questo piccolo libricino, e in questo esercizio di “pesudo-autobiografie” (come le chiamano gli assirologi), pur senza volerlo, con lo scorrere degli anni, si diventa scriba di se stessi. «Ciò che ci è più vicino ha bisogno di una via tortuosa per arrivare a mostrarsi» L’ultima opera “calassiana” ci offre come prima immagine la guerra, intravista dalla finestra di una soffitta clandestina nel centro di Firenze. Poi incontriamo la vecchia villa di San Domenico, dove un mattino, a seguito dell’assassinio di Giovanni Gentile, suo padre viene arrestato come pericoloso antifascista insieme  allo zio materno Tristano Codignola. L’arresto prima e la condanna a morte dopo del padre assieme ad altri due accademici italiani si risolve positivamente grazie all’intercessione del console tedesco Gerhard Wolf.

Calasso cuce con rigore “quasi tenero” le tessere di questo incredibile mosaico dove i ricordi procedono in maniera discontinua. Le macerie di Por Santa Maria, subito dopo che i tedeschi hanno fatto saltare i ponti e poi i giochi  e i libri. La città di Firenze negli anni subito dopo la guerra appare separata da tutto, anche dal resto dell’Italia. E un giorno, forse anche prima di saper leggere, il suo vero nome (di Calasso) è Memè Scianca.Un nome singolare che non rievocava né eroi né cavalieri, piuttosto malavitosi. “Scianca” potrebbe alludere più che altro a una infermità. “Memè” è tronco e buffo come “Totò”, ma è anche uno dei soprannomi del barone di Charlus, nella Recherche.

Altri testi dell’Autore che appartengono alla collana della Piccola Biblioteca Adelphi sono i seguenti:

Con Allucinazioni americane (2021) Calasso spinge l’autore fin dentro ad uno dei film più straordinari e vertiginosi della storia del cinema: Vertigo [La donna che visse due volte] del 1958 di Alfred  Hitchcock te ratto romanzo omonimo del 1954, scritto da Thomas Narcejac e Pierre Boileau. Il  più inestricabile i film del regista inglese per Calasso si correla con un altro film gemello sempre dello stesso “maestro del brivido” Rear Window [La finestra sul cortile] del 1954. Raccontare questi film è come parlare del cinema in sé, quindi anche di Max Ophuls, di Rita Hayworth, dell’epifania della «diva» e di un romanzo di Kafka che è innervato dal cinema da capo a fondo: Il disperso [America].

Con Come ordinare una biblioteca (2020) Calasso questa volta dà spazio ad un salto mentale, ad un esercizio (ordinato e disordinato) e ad una autobiografia involontaria. Queste azioni conducono il lettore fino alla fine attraversando il passato e il presente con un estremo bisogno del “dare ordine”.

Calasso con L’impronta dell’editore (2013) ci regala una vera storia dell’editoria, una sorta di teoria dell’arte editoriale con i suoi limiti e le sue espansioni. Chi meglio dell’editore di Adelphi poteva raccontare una storia editoria che ha vissuto per quasi mezzo secolo. Calasso lancia l’idea di una editoria che conquista la sua “forma” da studiare e da giudicare come si fa con un libro.

Roberto Calasso e Adelphi

Adelphi nella sua grandiosa opera editoriale ci regala un catalogo maestoso ed esteticamente intelligente contenente al suo interno una cosmologia di interessi eruditi, slanci intellettuali, pulsioni imprevedibili, gusti persino eccentrici – capace di produrre devozione, manie e addirittura feticismi come nessun altro marchio editoriale italiano.

Adelphi rappresenta un vero e proprio caso nel panorama italiano. Il marchio Adelphi è contraddistinto dal simbolo cinese «pittogramma della luna nuova» che compare sui bronzi della dinastia Shang e significa “morte e rinascita”. Un altro tratto distintivo della casa editrice milanese sono le tonalità pastello delle copertine che rendono immediatamente riconoscibili le collane Biblioteca Adelphi e Piccola Biblioteca sugli scaffali delle librerie. Le cover di Adelphi recuperano la gabbia grafica, ideata a fine Ottocento dall’illustratore inglese Aubrey Beardsley. La casa editrice milanese possiede un’impronta (dell’editore e non solo) facilmente individuabile e uno stile che la distingue dalla concorrenza.

La scomparsa di Roberto Calasso ci lascia sicuramente una figura di autore-editore di autentica serietà scientifica e letteraria contraddistinta da una scrittura straordinaria. Il suo lavoro e la sua opera è destinata a restare come testimonianza di un personaggio unico nel campo editoriale e artefice della cultura italiana dando vita ad una casa editrice tra le più importanti degli ultimi cinquant’anni. Un’importante guida filologica all’opera di Calasso viene pubblicata quest’anno da Feltrinelli con il titolo Letteratura assoluta di Elena Sbrojavacca. Sicuramente con questo titolo, l’autrice italiana rievoca in maniera brillante il pensiero, l’anima di una figura così complessa come quella di Roberto Calasso, il quale ha saputo donarci la sua intima eredità  di “indagine al di sopra di ogni sospetto” sulla lettura per invitarci a non smettere mai di chiudere un libro per sempre e ricercarne la sua essenza-presenza vitale per ogni pensiero critico.

Foto in copertina (Sky Arte)

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diGiorgio Cipolletta

Artista e perfomer italiano, studioso di estetica dei nuovi media. Dopo una laurea in Editoria e comunicazione multimediale, nel 2012 ho conseguito un dottorato di ricerca in Teoria dell’Informazione e della Comunicazione. Attualmente sono professore a contratto per corso di Fotografia e nuove tecnologie visuali presso Unimc. La mia prima pubblicazione è una raccolta di poesie “L’ombra che resta dietro di noi”, per la quale ho ricevuto diversi riconoscimenti in Italia. Nel 2014 ho pubblicato il mio primo saggio Passages metrocorporei. Il corpo-dispositivo per un’estetica della transizione, eum, Macerata. Attualmente sono vicepresidente di CrASh e collaboro con diverse testate editoriali italiane e straniere. Amo leggere, cucinare e viaggiare in modo “indisiciplinato” e sempre alla ricerca del dono dell'ubiquità.