Dallo scorso 9 ottobre è in programmazione su Netflix The Haunting of Bly Manor, serie tv horror di Mike Flanagan che sembra inserirsi in una sorta di lunga linea narrativa che è iniziata tempo fa con The Haunting of Hill House.
Flanagan ama quindi prendere spunto dal mondo letterario, e se The Haunting of Hill House era tratto dal racconto di Shirley Jackson, in The Haunting of Bly Manor è Giro di vite di Henry James il racconto di partenza.
C’è un legame tra le due serie dato dalle ambientazioni, visto che entrambe le storie si svolgono in una grande tenuta di campagna, e da alcuni attori che tornano a lavorare con Flanagan. Molto diverso è però il clima di terrore, molto più accentuato nella prima serie e decisamente immerso e sparso all’interno dei traumi dei protagonisti in The Haunting of Bly Manor.
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La trama
Dani Clayton (Victoria Pedretti) è una giovane insegnante che accetta un lavoro che le viene offerto da lord Henry Wingrave (Henry Thomas), che sta cercando una governante per i suoi due nipoti.
Miles (Benjamin Evan Ainsworth) e Flora (Amelie Smith) sono due ragazzini che vivono nella tenuta di Bly, una remota magione di campagna.
Il compito di Dani è però difficile, perché i due ragazzi sono rimasti orfani, ed il lord impone all’insegnante di non disturbarlo per nessuna ragione al mondo.
Dani, che deve anche lei fare i conti con fantasmi provenienti dal passato, farà quindi affidamento sul personale della grande casa: la guardiana Hanna Grose (T’Nia Miller), il cuoco Owen (Rahul Kohli) e la giardiniera Jamie (Amelia Eve).
Presto però scopriremo che su tutta la casa e sui bambini aleggia la presenza dell’ex governante Rebecca Jessel (Tahirah Sharif), che si è suicidata nel laghetto di proprietà dopo una storia d’amore con l’assistente del lord, Peter Quint (Oliver Jackson-Cohen).
The Haunting of Bly Manor – La recensione
The Haunting of Bly Manor è un horror molto particolare quindi, perché in realtà trasmettere terrore nello spettatore non sembra essere il suo primo obiettivo. Non c’è un senso di terrore diffuso che aleggia sulla vicenda, ma un senso di smarrimento che si posa su tutti i protagonisti, di cui pian piano scopriamo il passato.
Una serie che ha certamente alcuni elementi classici dell’horror (fantasmi che sbucano all’improvviso, bambole animate, suoni improvvisi), ma sono tratti non predominanti nella storia. Ciò che più inquieta sono le storie dei personaggi, e soprattutto i volti ed i comportamenti dei due bambini, che sembrano spesso “vivere in un’altra dimensione”, guardare oltre rispetto al presente.
Proprio come il precedente Hill House, anche in The Haunting of Bly Manor i salti temporali tra passato e presente giocano un ruolo essenziale. In questa occasione però Flanagan fa di più, inserendo veri e propri ponti spazio-temporali, in cui i piani della realtà si modificano e si sovrappongono nei nove episodi di cui si compone la serie.
Un labirinto mentale e temporale, una sorta di loop in cui ci accorgiamo di essere finiti cercando di ricomporre i pezzi di un puzzle fatto di illusioni, errori, crepe, ricordi e sogni. ogni personaggio sembra lottare eternamente contro lo scorrere del tempo, non accettando una realtà che sembra troppo per essere compresa.
The Haunting of Bly Manor è una bella serie quindi, che mescola disperazione, terrore, amore e trauma mantenendosi su un filo di equilibrio che rende la narrazione ottima e che non scende mai nel classico soprannaturale fine a se stesso.