Pochi giorni fa è mancato L’uomo dei dadi, Luke Rhinehart. O George Cockcroft, come davvero si chiamava il celebre scrittore americano, conosciuto nel mondo per aver scritto, appunto, L’uomo dei dadi.
Romanzo dal successo internazionale, L’uomo dei dadi racconta la vita di un annoiato psichiatra, Luke Rhinehart, che decide di affidare ogni sua scelta al dado. Idea talmente intrigante da far nascere qua e là adepti del culto del dado.
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L’uomo dei dadi ed Emmanuel Carrère
Lo stesso Emmanuel Carrère, quando lesse L’Uomo dei dadi a sedici anni, rimase folgorato definendolo “il manuale di sovversione che chiunque sogna di mettere in atto nella vita reale”.
Per diverso tempo girò con un dado in tasca, e dopo anni partì per l’America per conoscere di persona l’Uomo dei dadi.
Lo racconta in un bellissimo testo pubblicato da Adelphi in Propizio è avere ove recarsi.
Chi non ha ancora avuto modo di conoscere l’Uomo dei dadi può scoprirlo attraverso il bellissimo racconto di Carrère che ci mostra l’uomo vero dietro al romanzo. I più temerari possono continuare a stare al gioco di Luke, aprire il romanzo L’uomo dei dadi, e provare a resistere alla legge del dado.
La trama
“Conduci una vita insignificante, una vita da schiavo, una vita che non ti soddisfa, ma c’è una via per uscirne. Questa via è il dado. Lascialo fare, sottomettiti a lui e vedrai, la tua vita cambierà, diventerai qualcuno che non immagini. Sottometterti al dado ti renderà finalmente libero. Non sarai più nessuno, sarai tutti. Non sarai più te, sarai finalmente te”.
Psicanalista affermato, ex studente modello, lucido, prestante, Luke Rhinehart conduce una vita ‘impegnata o, meglio, banale, intricata, in stato di libertà congelata’. Stufo di blaterare di psicanalisi, borsa e orgasmi, di ‘far passare i propri pazienti da uno stato di stagnazione tormentata a uno stato di stagnazione compiaciuta’, Luke è in crisi. La moglie è splendida, i figli adorabili, ma la famiglia gli appare ‘una specie di nodo scorsoio teso con infallibile precisione attorno alla gola’. E la psicanalisi, ‘un lussuoso tranquillante a effetto più che ritardato, soprattutto dubbio’.
Al termine di un’ennesima, paludosa serata di poker, Luke tenta un rimedio alla noia: scorge fra le carte da gioco un dado, e gli ‘affida’ una prima, formidabile decisione a ‘luci rosse’, che coinvolge la moglie del suo migliore amico. Ingolosito dagli esiti a dir poco sconvolgenti, Luke non resiste alla tentazione di proseguire il gioco nei giorni successivi. Anche perché il dado reagisce bene, benissimo, si rivela anzi un mezzo oracolo: risponde a ogni domanda, dalla più banale alla più estrema… lanciando, letteralmente, Luke, e con lui uno stuolo sempre più nutrito di ‘cultori’, in situazioni splendide quanto assurde, allucinanti ma illuminanti.
Capitoli roventi (di sesso) ed esplosioni comiche, animati da una pungente satira di luoghi comuni e cliché della nostra bigia Società del Tardo Impero, hanno fatto de L’uomo dei dadi (Marcos Y Marcos) un successo clamoroso e duraturo in mezzo mondo.