Sulla mia pelle. Stato apparente

Sulla pelle (la mia, la nostra, la vostra, la sua) rimane una data: 22 ottobre 2009. Questa data segna la morte di un ragazzo trentunenne, geometra, mentre si trovava in custodia cautelare nell’ospedale di contenzione Sandro Pertini di Roma, una settimana dopo essere stato arrestato per possesso di stupefacenti da due volanti dei Carabinieri. Questa è una brutta storia. Questa è una storia vera. La storia sembra chiara, ma la verità è cieca quando si toccano le vene dello Stato maggiore.

Senza dimenticare Federico Aldrovandi, Riccardo Rasman e molti altri, il cinema italiano con il film Sulla mia pelle diretto da Alessio Cremonini riporta all’attenzione e alla sensibilità il caso di Stefano Cucchi. Il film acquista la pesantezza di macigno che arriva a pressare fin dentro le nostre viscere, per non dimenticare, per cercare, in qualche modo una “verità”, che non sicuramente non ci riporta in vita il corpo di Stefano Cucchi, ma che ci consegna quel “senso di giustizia” che sembra, ultimamente (fin troppo) andato perduto. Accusa di un meccanismo pericoloso, ma sempre taciuto, per spirito di corpo, quello spirito che non è né santo né eroe, uno spirito inquinato senza filosofia, senza etica, né morale.

L’esigenza di riportare alla luce nuovamente questo film, uscito sulla piattaforma Netflix il 12 settembre 2018 e disseminato nelle diverse sale cinematografiche italiane, nasce dall’esigenza dalle recenti novità scaturite dalle nuove intercettazioni. «Mi raccomando dite al maresciallo che ha fatto servizio alla stazione, lì dove è successo il fatto di Cucchi, di stare calmo e tranquillo. Mi stanno “abboffando” le palle, loro e Cucchi». A parlare è il vicebrigadiere dei Carabinieri Mario Iorio in una conversazione con il maresciallo Ciro Grimaldi riportata negli atti della Squadra Mobile depositati nell’ambito del processo sulla morte di Stefano Cucchi. Nell’intercettazione si fa riferimento a due telefonate intercorse tra i militari, entrambi in servizio presso la stazione Vomero-Arenella di Napoli. All’epoca della morte di Cucchi nel 2009 Grimaldi prestava servizio alla stazione Casilina, ed è stato sentito come testimone il 21 novembre scorso. Nei nostri occhi compare vivo quel corpo martoriato, quel volto tumefatto del giovane Stefano Cucchi. Una verità che per troppo tempo è stata negata e ben narrata della pellicola cinematografica Sulla mia pelle. Processi falsificati, annebbiato, traditi dallo Stato – caduto dalle scale – perché non andò proprio come ci volevano far credere.

Nei panni di Stefano Cucchi, l’attore romano Alessandro Borghi, ci restituisce il suo corpo martoriato, pieno di lividi, smagrito, dalla voce insofferente e stremante. Cremonini percorre con lucidità e chiarezza la dinamica dei fatti, una denuncia urlata, dove il dolore arriva ad insinuarsi piano piano, lentamente: il dolore è traditore. La banalità del male ci restituisce agli occhi la tragedia gravida di silenzio e di complotti.  La storia la conosciamo purtroppo tutti. Stefano Cucchi è morto il 22 ottobre 2009 all’età di trentun anni mentre si trovava in custodia cautelare nell’ospedale di contenzione Sandro Pertini di Roma, una settimana dopo essere stato arrestato per possesso di stupefacenti da due volanti dei Carabinieri. A causare il decesso fu una serie di ecchimosi, fratture e lesioni sparse su tutto il corpo ma principalmente su torace, schiena e viso del ragazzo. Come è noto della morte di Stefano – che prima del fermo si trovava in buona salute – sono stati inizialmente accusati tre dei cinque Carabinieri che operarono l’arresto, poi le guardie carcerarie che lo presero in custodia e infine i medici che si occuparono di lui dopo il ricovero, poi tutti assolti. Dopo diverse vicende giudiziarie e due processi attualmente si trovano sotto inchiesta tre militari dell’Arma per omicidio preterintenzionale e altri due per falsa testimonianza (con riferimento alle dichiarazioni rilasciate durante il primo processo).

Sulla mia pelle ci consegna un Stefano annegato in un calvario lungo sette giorni, perdendo piano piano il respiro divenuto sempre più affannoso, pericoloso per i troppi lividi, causa delle percosse ricevute, che accrescevano “silenziose-urlanti” sul suo corpo. Alla famiglia gli fu impedito di vedere il figlio durante quella settimana di sconfitta dell’umanità. Numerosi sono stati gli appelli da parte della sorella Ilaria, interpreta da un’intensa Jasmine Trinca intrecciando ripetutamente il silenzio “pacato-rassegnato“ del padre vestito nei panni del bravissimo Max Tortora e il “dolore lancinante” di madre impersonata da Milvia Marigliano. Sulla mia pelle è un film come se ne vedono pochi in Italia, che riflette in maniera profonda su un sistema macchinoso, dove l’apparato fa di tutto affinché il sistema rimanga apparenza. Uno Stato apparente di cose.

Sulla mia pelle non lancia accuse ma conduce lo spettatore-cittadino alla riflessione sulla questione dei delitti e delle pene dove la democrazia perde la sua bandiera macchiata dall’emergere di una colpa endemica, collettiva dentro lo Stato, che diviene espressione triste di uno smarrimento epocale, colpevole di tentare di non lasciare tracce, sempre per uno Spirito “poco santo”, uno Spirito della Storia che si presenta sfigurato, massacrato e colpevole di essere umano. Brutta storia farsi nemici i carabinieri, si sa quando cominciano ma non si sa quando finiscono. Sulla mia pelle è un film duro, feroce, che prende allo stomaco, un film in tensione. Il cinema in qualche modo si propone di cambiare il mondo, trasformando l’improbabile in qualcosa di possibile, dove l’illeggibilità di questo mondo spalanca le sue fauci. “Non mi uccise la morte, ma due guardie bigotte, mi cercarono l’anima a forza di botte”.

Il 12 Ottobre 2018, leggendo una sua lettera durante il programma di Diego Bianchi (in arte Zoro) Propaganda Live, nella parte finale Ilaria Cucchi recita commossa le seguenti parole: «Papà continua a guardare Sulla mia pelle ogni sera, magari si illude di cambiare il finale e stare ancora con te».

copertina
Regia
Alessio Cremonini
Genere
Drammatico
Anno
2018
Attori
Alessandro Borghi - Jasmine Trinca - Max Tortora -
Durata
100 minuti
Paese
Italia
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diGiorgio Cipolletta

Artista e perfomer italiano, studioso di estetica dei nuovi media. Dopo una laurea in Editoria e comunicazione multimediale, nel 2012 ho conseguito un dottorato di ricerca in Teoria dell’Informazione e della Comunicazione. Attualmente sono professore a contratto per corso di Fotografia e nuove tecnologie visuali presso Unimc. La mia prima pubblicazione è una raccolta di poesie “L’ombra che resta dietro di noi”, per la quale ho ricevuto diversi riconoscimenti in Italia. Nel 2014 ho pubblicato il mio primo saggio Passages metrocorporei. Il corpo-dispositivo per un’estetica della transizione, eum, Macerata. Attualmente sono vicepresidente di CrASh e collaboro con diverse testate editoriali italiane e straniere. Amo leggere, cucinare e viaggiare in modo “indisiciplinato” e sempre alla ricerca del dono dell'ubiquità.