Milan Kundera – La festa dell’insignificanza

Quando Italo Calvino scrisse il suo commento a L’insostenibile leggerezza dell’essere di Milan Kundera, sottolineò due importanti aspetti dell’autore ceco: da una parte il suo essere «romanziere vero», per la capacità di narrare con perizia vicende private, di individui o di coppie, «nella loro singolarità e imprevedibilità»; dall’altra, il fatto che in quel romanzo intitolato alla leggerezza, Kundera «ci parla soprattutto della fitta rete di costrizioni pubbliche e private che avvolge le persone».

Leggerezza e insignificanza. Due parole chiave poste da subito nei titoli di due opere di Kundera, che costituiscono il perno attorno al quale si dipanano le storie e le divagazioni dell’autore. Due termini che, pur appartenendo a contesti diversi, non sono così lontani. Pensiamo solo alla definizione di insignificanza fornita da uno dei personaggi de La festa dell’insignificanza, appunto, edito da Adelphi: «L’insignificanza è l’essenza della vita. È presente anche dove nessuno la vuole vedere. Ma non basta riconoscerla, bisogna amarla, l’insignificanza». In modo erroneo si può pensare che l’autore con insignificanza intenda l’essere banali, di poco spessore, quasi stupidi o inetti. In realtà, Kundera si riferisce a qualcosa di molto più complesso e ampio: proprio per questo ci propone un gruppo di amici coinvolti in brevi episodi quotidiani, in discussioni apparentemente prive d’importanza e, soprattutto, di serietà. Conversazioni su argomenti che sembrano avere scarso valore, ma che, al contrario, nascondono intenti ben più profondi.

Vogliamo fornire due accezioni di insignificanza: una più superficiale (e ovvia), per cui l’insignificanza diventa il prodotto «della fitta rete di costrizioni pubbliche e private», quando ci si sente obbligati ad apparire meno brillanti e complessi per essere, così, meno ostici anche agli altri; l’altra riguarda il senso più profondo dell’insignificanza, ovvero riacquistare una sorta di leggerezza per la vita, perché – se non vogliamo credere alla teoria dell’eterno ritorno dell’uguale ipotizzata da Nietzsche – le cose accadono sempre una sola volta e, quindi, tanto vale viverle con spirito positivo, senza cercare di continuo spiegazioni a quanto ci accade, senza porci troppe domande, la maggior parte delle quali (vista l’imprevedibilità dell’esistenza e delle persone con cui entriamo in contatto) destinate a restare senza risposta: «Respiri, D’Ardelo, amico mio, respiri questa insignificanza che ci circonda, è la chiave della saggezza, è la chiave del buonumore».

ISBN
9788845928543
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