Se i personaggi di Aimee Bender e quelli di George Saunders potessero incontrarsi, molti si saluterebbero come ci si saluta con un vecchio amico d’infanzia. Altri avrebbero l’impressione di specchiarsi l’uno di fronte all’altro, ed altri ancora sorriderebbero e negherebbero ogni somiglianza. Come Saunders, la Bender è considerata una delle grandi esponenti del racconto americano, quello che mette al centro di ogni storia eccentrica l’ironia, l’inverosimile, la voglia di scuotere l’ovvio.
La maestra dei colori è il suo nuovo lavoro, inserito persino dal New York Times nella lista dei libri più importanti dell’anno, una raccolta di quindici racconti che non lasciano certo indifferente il lettore. Due sono gli effetti che sentirete addosso leggendo questo libro: potrete provare una forte empatia con i protagonisti, e quindi sentirvi proiettati dentro le singole storie, o, al contrario, rimanere spiazzati e sentirvi schizzati fuori dai racconti come vittime di un effetto centrifuga. Sarete comunque sbalorditi, sicuramente inquieti, se non vi siete mai accostati a questo genere. Nel libro, ci sono le situazioni più disparate: dalle rivisitazioni di fiabe classiche ai luoghi del giorno d’oggi (centri commerciali e campus universitari), dal realismo magico di una sarta condotta in Asia dove dovrà rammendare le tigri a cui stanno portando via le strisce, fino al surrealismo di un ragazzino che soffre di analfabetismo facciale, cioè non riesce a distinguere il volto delle persone. I racconti della Bender sono così, un insieme ben riuscito di realtà e fantasia in cui le sorprese sono sempre dietro l’angolo, saltano fuori alla prossima riga compiaciute nel vedervi sorpresi.
Gioca con gli elementi della magia e della sensualità, la Bender, e lo fa senza calcare troppo la mano, riuscendo a non sconfinare nel terreno dell’ovvio e del sentimentale a tutti i costi. Nella sua visione del mondo, al quanto originale, sembrano intrecciarsi davvero fili colorati che danno agli occhi la possibilità di vedere sfumature diverse, chiamare “possibile” l’inarrivabile. Dopo aver preso confidenza con la sua scrittura, e aver capito che ciò che stai leggendo non è Saunders (anche se ci stai andando molto vicino), ti fidi di lei, le credi fino in fondo, e per un po’ di tempo cancellerai dal tuo vocabolario la parola “impossibile”.
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