André Breton – Nadja

«Qui suis-je?». Chi sono io. Così parte Nadja di André Breton, racconto evocativo e appassionato dell’incontro tra l’autore e una donna che si fa chiamare Nadja, ma il cui vero nome è Léona-Camille-Ghislaine D., nata a Lille nel maggio 1902, internata in un manicomio nel marzo 1927, pochi mesi dopo la fine del rapporto con Breton, e morta nel gennaio ’41 in un ospedale psichiatrico (da qui le invettive dello scrittore contro i manicomi, tanto da dire che se mai ci fosse finito, avrebbe approfittato del primo momento di lucidità per ammazzare con le proprie mani uno dei medici).

Nadja è un libro di parole e immagini, una lettura in cui Breton non ha «inventato niente di niente […] tutto è preso dal vero, dalla cosiddetta e detestata realtà – E tutto è sconvolto, da cima a fondo, per l’intervento di una figura di donna che è la negazione stessa del principio di realtà» (Domenico Scarpa). Chi è Nadja? È una donna in carne ed ossa, è l’auto-rappresentazione femminile di Breton; è l’incarnazione del surrealismo, della speranza, così come suggerisce la radice del suo nome in russo, “nadežda”, speranza, appunto.

Speranza di andare oltre il concreto rappresentato dall’effettiva esistenza di Nadja, in pieno spirito surrealista, di cui Breton fu il principale artefice. Influenzato dalla lettura di L’interpretazione dei sogni di Freud, lo scrittore francese ha spinto l’immaginazione («que ne pardonnes pas», come recita il manifesto surrealista) oltre il quotidiano, sconfinando nel sogno, negli automatismi che permettono di associare parole e immagini scollegate fra loro. Surrealismo vuol dire proprio questo, “sur” (sopra) “realisme” (realismo), un livello che travalica il vero e libera l’uomo dalle convenzioni sociali, regalando opere puramente astratte (pensiamo solo alla pittura di Salvador Dalì, il quale addirittura affermò: «Il surrealismo sono io»).

Tornando a Nadja, è inutile tentare di parlare di questo libro, perché parla da sé, o, come ha detto Scarpa nella sua prefazione al testo, esso appartiene a quella categoria di opere non raccontate, ma solo annunciate – «l’autore non la costruisce, si limita ad avviarla e poi la lascia andare, dovrà sbrigarsela da sé». E poi c’è questa edizione Einaudi italiana, dalla copertina viola e senza alcuna immagine, che spinge ad aprire il libro e a penetrare in questo universo in cui trovano spazio le foto di Paul Éluard, Robert Desnos e dello stesso Breton, e le domande, su chi si è e chi vive («Chi vive? Sei tu Nadja? È vero che l’al di là, tutto l’al di là è in questa vita? Non ti sento. Chi vive? Sono io solo? Sono io?»), fino a chiamare in causa la Bellezza, che «sarà CONVULSA o non sarà».

 

ISBN
9788806189020
SOSTIENI LA BOTTEGA

La Bottega di Hamlin è un magazine online libero e la cui fruizione è completamente gratuita. Tuttavia se vuoi dimostrare il tuo apprezzamento, incoraggiare la redazione e aiutarla con i costi di gestione (spese per l'hosting e lo sviluppo del sito, acquisto dei libri da recensire ecc.), puoi fare una donazione, anche micro. Grazie