Milan Kundera – Amori ridicoli

Scritti tra il 1959 e il 1968, i sette racconti che compongono Amori ridicoli parlano di uomini e di amore, e di tutte le mille contraddizioni che gli uomini portano con loro quando con l’amore devono relazionarsi. Certo, questa raccolta non è forse paragonabile a L’insostenibile leggerezza dell’essere (a detta di molti il capolavoro di Milan Kundera), ma è comunque un’opera in cui il divertimento si lega col piacere, e l’autore sfoggia la sua bravura nell’applicare la sua caratteristica metodologia nell’esprimere sensazioni, spiegare sentimenti, comunicare.

Questo filo diretto col lettore segue due direttrici ben definite: da una parte la possibilità di riconoscersi nelle azioni quotidiane dei protagonisti e nei loro travagli, dall’altra la netta sensazione di poter interloquire con lo stesso autore, che interviene nei racconti e propone al lettore il suo giudizio, compassionevole o meno. Ogni novella contrappone il concetto di amore assoluto a quello di amore carnale, che umilia e snatura l’essere umano, incapace di resistere alla solitudine e alla perenne ricerca dell’altro. È quindi un vero e proprio percorso di vita quello che attraversano i protagonisti, e mentre crescono si accorgono di perdere la giovinezza, e per questo, soffrono. Succede, quindi, che si intraprenda una relazione amorosa e, nel bel mezzo, si voglia scappare via, convinti della propria sconfitta. Ciò che abbatte uomini e donne in questo libro sembra essere un costante rifiuto delle proprie azioni, una severa visione di se, una proiezione della realtà sulla coscienza.

L’amore, quando trionfa, si libera nella sua leggerezza dalle costrizioni della morale, o dal conflitto tra carnalità e mistificazione. Proprio il mistificare porta i personaggi di Amori ridicoli in una prigione di malinconia, le cui parete sono fatte di stupidità e assurdità, di pensieri e gesti. Kundera sposta il punto di vista, si alza di qualche metro e da una posizione di altezza/distacco mostra quanto poco libero sia l’uomo quando vita, obblighi e costrizioni impongano comportamenti contraddittori. L’animo dei suoi personaggi è alla ricerca di uno spazio in cui dare respiro a questa libertà.

Questo è il ridicolo che, secondo Kundera, accompagna l’uomo nella vita e nell’amore. Un ridicolo che è una lieve forma di pazzia, che si manifesta nel momento preciso in cui togliamo la nostra maschera e “torniamo in noi”. In quel momento, guardandoci e giudicandoci, non possiamo che sorridere.

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diDonato Bevilacqua

Proprietario e Direttore editoriale de La Bottega di Hamlin, lettore per passione e per scelta. Dopo una Laurea in Comunicazione Multimediale e un Master in Progettazione ed Organizzazione di eventi culturali, negli ultimi anni ho collaborato con importanti società di informazione e promozione del territorio. Mi occupo di redazione, contenuti e progettazione per Enti, Associazioni ed Organizzazioni, e svolgo attività di Content Manager.