Giuseppe Tomasi di Lampedusa – Il Gattopardo

Fabrizio Corbera di Salina è uno di quei personaggi che, una volta incontrati, non si dimenticano facilmente. Protagonista de Il Gattopardo, capolavoro di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, il principe è una figura affascinante e maestosa. Lo si immagina solitario nel suo osservatorio mentre contempla il fedele moto degli astri, cercando nella lontananza e nell’imperturbabilità delle stelle il sollievo dalle vicende terrestri. Sotto l’universale ed armoniosa cupola celeste, infatti, un mondo si sta sfaldando. È il 1860, lo sbarco in Sicilia di Garibaldi comporta, insieme a quella politica, una rivoluzione sociale. L’ascesa dei neo-ricchi al rango di classe dirigente relega nei palazzi nobiliari, pieni di simulacri di un fasto ormai scheggiato ed opaco, gli ultimi esponenti della vecchia aristocrazia. A loro la scelta: rimanere ancorati alla tradizione, soccombendo al suo inevitabile declino, oppure, attraverso dei compromessi, partecipare alla nuova scena socio-politica. Di quest’ultimo avviso è il nipote del Principe, Tancredi. «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi», afferma con una frase tanto acuta quanto ormai celebre. È necessario dunque adattarsi al cambiamento della situazione politica per poter poi continuare a fare i propri interessi. Don Fabrizio però rimane in disparte. Preferisce osservare malinconicamente l’avanzare delle trasformazioni sociali e gli effetti di queste sulle persone a lui vicine.

Al centro di una duplice tensione si trova il libro stesso. Il Gattopardo si ricollega fortemente alla tradizione del romanzo storico (I Viceré di De Roberto, Le confessioni di un italiano di Nievo). Nonostante i punti di contatto, esso se ne distanzia accogliendo elementi propri della tradizione novecentesca. L’arco temporale coperto dal romanzo, dal maggio del 1860 al maggio del 1910, viene frammentato da Tomasi di Lampedusa, che sceglie di raccontare la vicenda in otto quadri successivi, cronologicamente distanti e indipendenti tra loro. Alla completa focalizzazione sugli avvenimenti viene preferita l’attenzione all’individuo. Don Fabrizio è un personaggio imponente perché è tanto storico quanto umano. È forte e fiero come un Gattopardo (lo stemma di famiglia), ma nello stesso tempo provviso della coscienza tormentata dell’uomo contemporaneo. Corteggia in silenzio la morte, finché cede al peso del tempo, abbandonandosi alla sua forza sgretolatrice.

Con sguardo malinconico e disincantato, Tomasi di Lampedusa racconta il declino della vecchia aristocrazia attraverso la crisi di un uomo. Tutto ciò che rimane, alla fine, della nobile famiglia dei Salina non è altro che «un mucchietto di polvere lucida».

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