Pasolini

Pier Paolo Pasolini tra Scritti corsari e Lettere luterane

E poi succede che alcuni incontri fortuiti cambiano il destino di una storia. Proprio come quello tra Pier Paolo Pasolini ed il «Corriere della Sera», nato forse dall’esigenza dello scrittore di esprimersi oltre le pagine dei libri, trasportandosi nelle colonne di un giornale. Sono gli anni in cui i quotidiani italiani ospitano uomini di cultura, le loro idee e i loro pensieri, con la convinzione che proprio da quelle idee nascano le risoluzioni dei problemi, prima ancora che dalle azioni di tutti i giorni. I giornali, oltre ai libri, diventano strumento essenziale per stimolare dibattiti e discussioni; anche tra chi i libri non poteva permetterseli. Interventi di intellettuali di grande livello vengono inseriti in prima pagina, così da creare attenzione su di essi. Prima e terza pagina diventano lo spazio della cultura nel giornale, con una differenza sostanziale: in terza pagina si fa quasi accademia, ci si dilunga e si analizza. La prima pagina ha il potere del grande impatto, contiene i fatti del giorno, diventa perentoria, forte, violenta.

Questo processo vale anche per Pasolini, il quale, grazie ad un’intuizione dell’allora vicedirettore del «Corriere» Gaspare Barbiellini Amidei, compare con un articolo uno scialbo lunedì mattina (per la precisione, quello del 7 gennaio 1973), ravvivando una prima pagina che sembrava un po’ moscia. Il pezzo, scritto nel consueto stile provocatorio di Pasolini, si intitola Contro i capelli lunghi: bastano poche ore dalla sua comparsa che già se ne discute freneticamente, e in redazione arrivano telefonate, critiche e consensi. Iniziano così ad arrivare gli altri contributi, quasi sempre su iniziativa di Pasolini stesso. Piero Ottone, che all’inizio degli anni ’70 era direttore del «Corriere», ricorda così quel periodo: «Suoi erano gli spunti, né potrebbe essere altrimenti, perché erano il frutto di un’ispirazione poetica. Non è facile immaginare un direttore di giornale che suggerisca a un collaboratore di scrivere un articolo sulle lucciole, per descrivere l’Italia che cambia, o sul Palazzo, per descrivere gli arcani e i soprusi del potere. Certamente non ero io a suggerire i temi. Mi limitavo a pubblicare, con grande soddisfazione, quella soddisfazione che prova sempre un direttore di giornale quando pubblica un bell’articolo».

scritti corsari

A metà degli anni ’70, Pasolini decide di avviare un processo editoriale attraverso cui raccogliere tutti i suoi pezzi giornalistici comparsi fino a quel momento sulle pagine di giornali e quotidiani italiani. Nel 1975 esce Scritti corsari, in cui passioni e ideologie vengono offerte al lettore mantenendo la coerenza sempre dimostrata. Più che una raccolta di articoli, questo volume si presenta come un vero e proprio libro, che funziona autonomamente e i cui i singoli capitoli rappresentano un percorso attorno ad alcuni temi tanto cari a Pasolini. L’autore friulano si avvicina una volta di più alla realtà, e lo fa con un testo che supera oggi l’anacronismo e la distanza temporale grazie alla straordinaria acutezza e precisione di pensiero con cui vengono trattati argomenti ancora molto attuali. Pasolini ci dimostra come l’impegno dell’intellettuale debba essere esteso ad ogni ramo della realtà che ci circonda. Nel libro sono presenti gli interventi che in quegli anni causarono polemiche, contrasti e discussioni: dall’aborto alla contestazione giovanile dei “capelloni”, dal fascismo all’antifascismo. Spicca, tra gli altri, un articolo del novembre 1974, Il romanzo delle stragi, in cui Pasolini si concentra sul ruolo dell’intellettuale nella società:

“Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari […] che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero”.

lettere luterane

La poetica di Pasolini è la realtà in cui viveva, tanto che alcuni l’hanno definito “poeta civile e moralista”. Ma sono “prediche” che piacciono, queste di Pasolini, perché con la sua schiettezza esce dagli schemi, presentandoci quasi un diario politico, culturale, cronachistico e letterario dell’epoca, che vale la pena leggere anche nei nostri giorni. L’anno successivo, nel 1976, esce Lettere luterane, altra raccolta di articoli scritti e pubblicati tra i primi del’75 e gli ultimi giorni di quell’anno. Il volume si divide in due sezioni ben distinte: I giovani infelici e Gennariello. Nella prima parte, Pasolini si concentra sulla trasmissione della colpa tra la generazione dei padri e quella dei figli, che proprio di quelle colpe non riesce a liberarsi, ritrovandosi così in un tunnel: «I figli che non si liberano delle colpe dei padri sono infelici: e non c’è segno più decisivo e imperdonabile di colpevolezza che l’infelicità. Sarebbe troppo facile […] che i figli fossero giustificati […] dal fatto che i padri hanno sbagliato». Gennariello è invece una sorta di piccolo trattato pedagogico che si chiude con una postilla in versi, come se il giornalismo e le ideologie diventassero poesia. Pasolini osserva la società e la mescola con la sua arte, con le sue strutture letterarie, e si trasforma un solitario che si scaglia con forza contro un mondo secondo lui in rovina. Il tono provocatorio si alterna a ragionamenti razionali e a vampate di sdegno. I giovani, però, sono sempre i veri protagonisti.

Così, quello che ha fatto Pasolini in quegli anni è grande giornalismo. Un giornalista racconta quel che succede, lo osserva e lo comprende. E Pasolini capiva, intuiva e scriveva, buttando poesia e letteratura nella cronaca e nel racconto. L’autore ha cioè interpretato a suo modo una forma di giornalismo culturale che all’epoca era poco in voga, ma di cui anche oggi avremmo un disperato bisogno: per capire, interpretare e avere il coraggio di mescolare la realtà alla poesia.

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diDonato Bevilacqua

Proprietario e Direttore editoriale de La Bottega di Hamlin, lettore per passione e per scelta. Dopo una Laurea in Comunicazione Multimediale e un Master in Progettazione ed Organizzazione di eventi culturali, negli ultimi anni ho collaborato con importanti società di informazione e promozione del territorio. Mi occupo di redazione, contenuti e progettazione per Enti, Associazioni ed Organizzazioni, e svolgo attività di Content Manager.