Don DeLillo – L’uomo che cade

«Non era più una strada ma un mondo, un tempo e uno spazio di cenere in caduta e semioscurità» la tragica atmosfera dell’11 settembre ci sommerge immediatamente nel pulverulento incipit de L’uomo che cade: la cenere che oscura le strade, le grida dei sopravvissuti e le terribili immagini che attraverseranno la memoria visiva mondiale per anni.

Keith, il protagonista, è appena scampato al crollo delle torri, è ferito, disorientato, e con passo lento si allontana dal luogo della tragedia dirigendosi verso la casa dell’ex moglie per portare in salvo una valigetta non sua con la ferma intenzione di restituirla al legittimo proprietario. Sceglie un inizio fortemente drammatico Don Delillo, maestro della narrativa americana contemporanea, per quello che è certamente uno dei temi più difficili da affrontare per uno scrittore nato e cresciuto a New York.

Il romanzo sembra comunicare attraverso il disorientamento dei suoi personaggi lo shock psicologico dell’America e della sua città più rappresentativa che, se fino a quel momento venivano considerate intoccabili, si trovano a sprofondare di colpo in uno stato d’incertezza e pericolo. Keith torna insieme alla sua famiglia dopo mesi di separazione, quasi a volersi rifugiare tra le sue certezze; l’ex moglie, Lianne, dirige corsi di scrittura per malati di alzheimer; il figlio, Justin, scruta il cielo con il binocolo insieme a due amici in cerca di altri aerei e del vero responsabile degli attentati, un misterioso uomo di nome Bill Lawton; la madre di Lianne, Nina, non riesce ad attribuire ai soli uomini la tragedia, ma si lancia in violente discussioni sul peso della religione nella storia. Tutti sembrano a una grande distanza l’uno dall’altro, rinchiusi in piccole fortezze personali da difendere.

Sullo sfondo delle solitudini imperfette di questa famiglia le tragiche esibizioni de “l’uomo che cade”, un artista performativo che, senza una ragione apparente, con una semplice imbracatura di sicurezza riproduce la caduta degli uomini che si gettarono dalle torri per scampare al crollo; e quelle che sono forse le parti più forti del libro, frammenti di vita di un terrorista mussulmano: dal reclutamento, alla presa della cabina di pilotaggio di uno degli aerei, fino al tragico momento dello schianto.

Tutto questo affidato alla meravigliosa scrittura di DeLillo, alla sua capacità di descrivere scene incredibilmente concitate al rallentatore, alla spietatezza letteraria del voler indagare non solo l’improvvisa fragilità della vittima, ma anche la celata ferocia del carnefice.

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