Tomas Traströmer – I ricordi mi guardano

Tra le massime voci della poesia contemporanea, Tomas Traströmer ha sempre fatto dell’essenzialità, della concentrazione, della concisione, uno dei tratti costitutivi della propria produzione. Lo svedese, premiato con il Nobel per la letteratura nel 2011, nei suoi versi ha cercato di cogliere il punto di congiunzione tra mondo interiore ed esteriore, tra Io e Natura, la rivelazione epifanica sull’essenza nascosta delle cose, rifuggendo tuttavia da ogni lirismo compiaciuto.

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Il libro

Difficile catalogare la sua arte: come rileva Enrico Tiozzo in “Traströmer e l’arcano”, uno dei due saggi critici (l’altro è “La poesia della prosa” di Fulvio Ferrari) che chiosano il breve racconto di I ricordi mi guardano, Traströmer in patria è stato definito, di volta in volta, romantico, classicista, formalista, simbolista, postsurrealista e quant’altro.

Volendo tracciare le coordinate della sua ispirazione, si potrebbero fare i nomi di Eliot, Pound, Baudelaire e del connazionale Ragnar Thoursie, per non parlare dell’importanza dei classici, che il poeta stesso, sempre poco incline a dichiarare i propri debiti, ammette in un certo senso esplicitamente proprio sul finale di queste agili memorie biografiche.

I ricordi mi guardano – La recensione

Le ultime pagine dell’opera, infatti, si chiudono con il liceale Traströmer rapito dalla bellezza dei versi di Orazio, considerato, al pari di René Char, Oskar Loerke o Einar Malm, un contemporaneo. «Era così semplice da diventare sofisticato», riflette il Nobel. Tale fascinazione nasce dalla consapevolezza di come la forma (nel senso classico del termine) possa «elevare il banale al sublime, di rivelare gli abissi di senso che si nascondono dietro le apparenze del quotidiano» (Ferrari). E al pari della sua produzione in versi, anche questo piccolo, delizioso lavoro prosastico (pubblicato originariamente nel 1993) si concentra sul dettaglio, sulla messa a fuoco minuziosa di ambienti e personaggi. L’incipit dell’opera è, in tal senso, piuttosto indicativo: se la vita di ciascuno è una cometa la cui testa racchiude l’infanzia e l’adolescenza, lo sguardo di Traströmer si posa sul nucleo di essa («i primissimi anni in cui vengono definiti i tratti fondamentali della nostra esistenza»), nel tentativo di penetrarne il mistero. Impresa ovviamente vana: «le prime esperienze restano per la maggior parte irrangiugibili». Ma non per questo l’autore getta la spugna e rinuncia all’indagine. Con una lingua semplice, essenziale ma estremamente viva, lo svedese ci racconta i suoi primi anni di vita, dipingendo ritratti mirabili e raccontando episodi di snodo della propria vita (come quello in cui, bambino, si smarrisce appena uscito da scuola e trova la strada di casa da solo, o come il già citato incontro con gli autori latini). La narrazione ci immerge in un microcosmo di gesti quotidiani, paesaggi di campagna, piccoli e grandi drammi giornalieri e figure caricaturali, il tutto osservato con tenero distacco, senza cioè lasciar trasparire rimpianto per i tempi che furono. Un libretto delizioso, conciso ma ricco, stringato eppure eloquente, che getta una luce nuova sull’arte e la vita di uno dei massimi poeti viventi.

copertina
Autore
Tomas Traströmer
Casa editrice
Iperborea
Anno
2011
Genere
Narrativa
Formato
Rilegato
Pagine
96
ISBN
9788870915037
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