Peter Cameron: un nerd che invece di algoritmi intreccia racconti

Siete attratti dalla letteratura americana contemporanea e siete indecisi su quale scrittore far cadere la scelta? Inserite in Google la ricerca “migliori scrittori americani contemporanei”. Nella top ten, il primo posto, indiscutibilmente, spetterà a Philip Roth. Tutti d’accordo no?

Poi nella classifica, in ordine diverso a seconda del parametro utilizzato nello stilarla, vendite, gradimento, distribuzione, simpatie, troverete i nomi di Joyce Carol, il discusso David Foster Wallace, Joe Lansdale versatile e creativo, Michael Chabon eclettico e fantasioso e così via.

Più su più giù, in posizioni della classifica diverse, ma sempre presente, troverete lui: Peter Cameron.

Se la curiosità ha ucciso il gatto e spinge l’indice a cliccare sul questo nome verrete collegati alla biografia di un individuo che, di primo acchito, vi rimanderà l’impressione non di un tenebroso o austero, affascinante scrittore. Bensì rimarrete sorpresi dal volto da secchione o, usando un “ termine della lingua inglese con cui viene definito chi ha una certa predisposizione per la tecnologia ed è al contempo tendenzialmente solitario e con una più o meno ridotta propensione alla socializzazione” (Wikipedia), da nerd.

La fisionomia rimanda a una persona più avvezza a crogiolarsi con complicati algoritmi piuttosto che con parole scritte. Un volto con la pelle butterata dall’acne giovanile, l’occhietto piccolo che cela una intelligenza fuori dal comune, il capello corto, ordinato ma senza cura.

Nato nel 1959 nel New Jersey, Peter Cameron ha iniziato la sua carriera poco più che ventenne con alcuni racconti, poi raccolti nel volume One Whay or another tradotto in italiano in In un modo o nell’altro (Rizzoli, 1987).

Seguono, qualche anno dopo, Il Weekend e Andorra che sono stati tradotti in italiano e pubblicati da Adelphi nel 2013 e nel 2014, quando il successo di Peter Cameron era già consolidato. Sarebbe opportuno leggere i romanzi seguendo la cronologia con la quale sono stati scritti, per gustare appieno tutta la capacità espressiva, profonda e istintiva di questo autore.

In Il Weekend il pensiero dominante è tracciato in “lo scorrere dei giorni leviga il dolore ma non lo consuma: quello che il tempo si porta via è andato, e poi si resta con un qualcosa di freddo e duro, un souvenir che non si perde mai”.

Andorra è un desiderio di fuga, di ricerca che si consuma in tragedia finale, fatale che sovverte ogni apparenza e rimette in discussione ciò che sembrava consolidato.

Il successo arriva con Quella sera dorata (Adelphi, 2006) una storia ambientata nel profondo Uruguay, dove si snoda la vicenda di un giovane neolaureato americano che affronta intrepido il viaggio per incontrare la famiglia di Jules Gund, famoso scrittore, autore di un solo osannato libro, al fine di ottenere l’autorizzazione a scriverne la biografia.

In una terra sconosciuta, nella dimora dispersa nel nulla, il giovane studioso e i parenti stretti dell’autore, la sorella, l’amante, il fratello e il compagno del fratello consumano i loro dubbi, i ripensamenti, gli interrogativi intorno alla convenienza o meno di pubblicare una biografia che farebbe riaffiorare gli screzi, i rancori, le delusioni e che rischierebbe di offuscare il ricordo del congiunto. O ne decreterebbe l’ulteriore successo, portando a loro un indubbio vantaggio economico? Meglio lasciare intatta la sua immagine o falsarla o renderla pubblica nella sua crudezza?

Costretti a fare i conti con i ricordi, sono le loro stesse sicurezze, il tran tran delle loro vite, i loro rapporti, gli equilibri verranno messi in discussione.

E’ con Un giorno questo dolore ti sarà utile (Adelphi, 2007) che Peter Cameron esprime al meglio la sua prosa. La storia è quella di tanti giovani, non solo americani, che si trovano a fare i conti con il passaggio dall’adolescenza all’età adulta. I giorni passano e diventano anni, entusiasmano e spaventano, ma soprattutto richiedono un approccio alla vita responsabile, serio, di partecipazione alla realtà.

James Sveck, il protagonista, racconta in prima persona la sua vita al lettore.

Diciotto anni, genitori separati, una sorella con la quale non trova e non cerca un dialogo. Chiuso in se stesso, trasparente al mondo che lo circonda, James riesce a comunicare solo con la vecchia nonna e con il cane. Le responsabilità gli sembrano insormontabili e la fuga la sola via d’uscita.

Coral Glynn e Gli inconvenienti della vita, editi sempre da Adelphi rispettivamente nel 2012 e nel 2018, seguono e confermano il successo di Peter Cameron, anche se con minore slancio dei precedenti due.

Sensibile e profondo, con uno stile essenziale, quasi crudo che non lascia spazio a sentimentalismi né ad emozioni, Peter Cameron sa trasportare con efficacia il lettore all’interno di storie, che sembrano appartenerci, dove la vita e le sue complessità, i destini, le aspirazioni dei personaggi sono tracciati con sapiente lucidità.

Lo stile è semplice, quasi superficiale alla lettura, ma tale da incidere sapientemente i profili dei personaggi e renderli nitidi, precisi, presenti.

Cameron è attento, concentrato ed efficace a raccontare l’animo umano, il desiderio di fuga e la paura del nuovo, la complessità dei rapporti sociali.

La realtà è continuamente un confronto al quale nessuno può sfuggire e con la quale occorre fare i conti.

Ecco, quell’aria da nerd racconta in un modo che non ti aspetti di rapporti, esperienze, sogni ed aspirazioni che il destino gioca a mescolare e forse, in fondo in fondo, tutto ritorna a posto, rassicura, ridà equilibrio, probabilmente grazie ad algoritmi invisibili codificano il tutto, a nostra insaputa.

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diSteve Fortunato

Piemontese di origine e milanese d’adozione. Imprenditore da sempre, ha sfogato principalmente nel marketing e nella comunicazione la creatività e il desiderio di nuovi orizzonti e di nuove sfide. Razionale e impulsivo, istintivo e sensibile. Racconta vicende e persone con una visione nichilista e un linguaggio crudo, duro, scarno a volte, che però sa cedere a momenti delicati, di sottile nostalgia.