Mohamed Choukri e l’altro volto del Marocco: vita arrabbiata e senza pietà

Capita che ho abitato in Marocco e ho avuto la fortuna di vivere quella terra e la sua gente, i profumi, il cielo terso e i colori che sembrano filtrati dalla magia di qualche App ma che invece sono reali. Così, capita che ho cercato la parte nascosta del Paese e della gente, quella più vera e ancestrale che ancora vive e respira, lontano da una economia in pieno sviluppo, orientata all’occidente ma senza perdere l’orgoglio di nazione arabo berbera, da sempre singolare espressione di un Islam moderato.

E capita di imbattermi in una letteratura che mette a nudo aspetti e forme di sopravvivenza di una storia recente del Marocco, violenti, crudi, scabrosi e quindi taciuti e oscurati. Il caldo secco, il vento leggero e fresco della terrazza di sera, le voci lontane del suq e il salmodiare dei muezzin che si insegue dall’alto dei minareti mi fanno calare appieno nelle atmosfere di racconti a me sconosciuti, poco diffusi dalla letteratura ufficiale e quindi ancor meno letti.

Tra gli scrittori del Maghreb che hanno avuto notorietà fuori dai confini, Mohamed Choukri è quello che ha meglio saputo rappresentare una cultura prossima eppure percepita così lontana dall’Europa. Nato nel 1935 nel Rif, in un paesino vicino a Tètouan, Mohamed Choukri, muore nel 2003 a Rabat. A suo modo ha raccontato un periodo della storia del Marocco, attraverso la narrazione della propria vita. La fortuna letteraria di Mohamed Choukri è quanto mai curiosa, legata all’amicizia con Paul Bowles l’autore del famoso “Il tè nel deserto” che tradusse e fece pubblicare in inglese il primo e più noto romanzo di Choukri, Il pane nudo.

Con uno stile quantomai reale, crudo, violento come lo sono state l’infanzia e l’adolescenza dell’autore stesso, Il pane nudo ebbe subito un successo immediato con traduzioni in diverse altre lingue. Solo nel 1982 fu pubblicato in lingua originale, diffondendosi immediatamente tra i giovani e scatenando, per i contenuti, l’indignazione e l’ostilità del mondo arabo. Il pane nudo (pubblicato in italiano da Theoria nel 1993) rivive infatti la storia autobiografica del bambino Mohamed la cui famiglia si trasferisce a Tangeri, per sfuggire all’indigenza del paesino, perso tra le montagne del nord. Ma nella città, che respira l’atmosfera occidentale di inizio ‘900 la situazione della famiglia non cambia. Il padre, tanto violento da uccidere il figlio maggiore, viene incarcerato per traffici illeciti, lasciando la moglie e il piccolo nella disperazione. Il Pane nudo fu trasposto cinematograficamente nel 2005, diretto dall’algerino Rachid Benhadj, senza tuttavia riuscire ad esprimere la vis drammatica del libro.

Il primo romanzo insieme al successivo Il tempo degli errori del 1992 (in italiano edito da Theoria nel 1993) e Facce del 1996, compongono una trilogia e, per i toni scarni ed espliciti con cui raccontano la crescita di Mohamed Choukri tra decadenza, droghe, sesso, violenze nella Tangeri, meta di tanti artisti e tempio della Beat Generation, sono stati banditi per anni, non solo in Marocco, ma in tutto il mondo arabo. Nonostante sia stato in corsa due volte per il Nobel, rimane difficile trovare le sue opere in italiano, ma l’importante eredità lasciata da Mohamed Choukri merita di essere scoperta e conosciuta.

Le pagine scorrono veloci, le parole colpiscono come schegge di pietre che esplodono, espressione di un narrare semplice e avvincente che può capitare la fortuna di incontrare e sicuramente di apprezzare, anche senza essere distesi tra morbidi cuscini su una terrazza in Marocco.

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diSteve Fortunato

Piemontese di origine e milanese d’adozione. Imprenditore da sempre, ha sfogato principalmente nel marketing e nella comunicazione la creatività e il desiderio di nuovi orizzonti e di nuove sfide. Razionale e impulsivo, istintivo e sensibile. Racconta vicende e persone con una visione nichilista e un linguaggio crudo, duro, scarno a volte, che però sa cedere a momenti delicati, di sottile nostalgia.