Mario Monicelli – I soliti ignoti

Dici “commedia all’italiana”, e il pensiero non può non andare subito a I soliti ignoti di Mario Monicelli, che di quel filone tutto nostrano è considerato il capostipite e il “classico”. Con questa pellicola, Monicelli fissa indelebilmente sullo schermo uno spaccato del paese, quello ai margini del boom economico, e tratteggia una galleria di personaggi memorabili. Primo tra tutti Peppe “er Pantera”, pugile balbuziente con il volto e il fisico statuario di Vittorio Gassman. È Peppe a rubare a Cosimo (Memmo Carotenuto) l’idea giusta, quella della svolta: rapinare un monte di pietà passando dalla camera contigua di una casa (apparentemente) disabitata. Peppe espone il piano ai “colleghi” sfaccendati Mario (Renato Salvatori), Michele “Ferribotte” (Tiberio Murgia), Tiberio (Marcello Mastroianni) e Capannelle (Carlo Pisacane). I nostri decidono di darsi da fare, ma il piano avrà un unico risultato, il solo possibile per una banda così male assortita: un colossale buco nell’acqua.

Monicelli, con la complicità di Suso Cecchi D’Amico e della premiata ditta Age & Scarpelli, confeziona un esempio perfetto di cinema popolare nei toni, ma tutt’altro che dozzinale per scrittura e ritmo. L’epopea della scalcinata banda di ladri è in realtà una parodia (implicita) del racconto cavalleresco, che i successivi Brancaleone renderanno esplicita. La missione “eroica”, il furto nel monte dei pegni, si traduce in una pasta e fagioli consumata poco prima dell’alba (Peppe e i suoi bucano la parete sbagliata e finiscono in cucina). I “soliti ignoti” del titolo, dunque, sono dei perdenti, condannati alla sconfitta, accolta sempre con una battuta e una scrollata di spalle, magari un pelo malinconica.

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Se I soliti ignoti è uno dei capolavori del cinema italiano, lo si deve anche allo straordinario cast di attori. Gassman, Mastroianni, certo: ma anche Murgia, siciliano gelosissimo che tiene segregata in casa la splendida sorella Claudia Cardinale, il perennemente affamato Pisacane, il ladro di galline (ma con una sua dignità) Carotenuto. Per non parlare del cammeo di Totò, alias Dante Cruciani, veterano dello scasso alle prese con le continue visite della polizia.

Insomma, I soliti ignoti attinge ad un humus tutto italiano, si nutre di tic, vizi, stereotipi, risate e tragedie di casa nostra, prodotto di fame, guerre e di una storia secolare di cinismo, vigliaccheria ed eroismo che la Hollywood di George Clooney e dei fratelli Russo (rispettivamente interprete e regista del remake Welcome to Collinwood) non potranno mai afferrare. Semplicemente, un film unico (malgrado il seguito del 1959 di Nanny Loy).

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