James Ivory – Quel che resta del giorno

Tratto dall’omonimo romanzo di Kazuo Ishiguro, Quel che resta del giorno racconta la storia di Jim Stevens, maggiordomo presso la casa di lord Darlington alla vigilia della Seconda guerra mondiale. Nella vita di Mr. Stevens non c’è spazio per alcun sentimento o aspirazione personale: l’uomo è votato al suo lavoro, che svolge in maniera impeccabile. Nemmeno l’arrivo di una nuova governante, miss Kenton, riesce a mutare l’atteggiamento del maggiordomo: la donna è intelligente, efficiente e sensibile, Mr. Stevens ne apprezza le qualità e, da parte sua, miss Kenton si innamora di lui, cercando un contatto, che, però, lui le nega (è infatti convinto che i rapporti tra il personale siano da evitare).

Nel frattempo, però, qualcosa di ancora più importante sta accadendo in casa Darlington. Lord Darlington, infatti, è politicamente schierato con la destra, simpatizza per la Germania e tenta in tutti i modi di ricucire i rapporti tra il suo paese e quello con a capo Hitler. Darlington è soprattutto un ingenuo e non comprende la gravità della sua situazione (alla fine del conflitto, il proprietario di un negozio di alimentari porrà delle domande sul suo ex padrone allo stesso Stevens, indicando lord Darlington come il “nazista” che fece entrare la Gran Bretagna in guerra). Il lord dà un importantissimo ricevimento politico in casa sua, che Mr. Stevens organizza in modo impeccabile (nel corso della serata il padre del maggiordomo muore, ma ciò non basta per scuoterne l’aplomb). A quella serata parteciperà anche l’americano Mr. Lewis (interpretato da Christopher Reeve, due anni prima del suo grave incidente che lo rese tetraplegico), il quale, dopo la guerra, diventerà il nuovo proprietario della casa e, quindi, il nuovo padrone di Mr. Stevens.

Quel-che-resta-del-giorno

Quel che resta del giorno è un film bellissimo soprattutto grazie alla perfetta interpretazione di Anthony Hopkins, l’eccellente Mr. Stevens, affiancato dall’altrettanto brava Emma Thompson nei panni della governante. A rendere l’insieme suggestivo sono pure l’ambientazione inglese e i dialoghi, brillanti e ben costruiti. Spiccano, inoltre, i due poli contrapposti rappresentati da Mr. Stevens, da una parte, e i ricchi inglesi, dall’altra: c’è un uomo dignitoso («la dignità prima di tutto») e professionale, superlativo nel suo lavoro, consapevole del suo ruolo e dedito solo ed esclusivamente a esso; ci sono poi i lord inglesi snob, ignoranti e talmente sprovveduti in materia internazionale (della quale, tuttavia, vogliono parlare) da risultare quasi fuori dal loro tempo (ci penserà il pragmatico Mr. Lewis a evidenziare nel corso di una cena – suscitando naturalmente la reazione seccata dei partecipanti al banchetto – che quella è una riunione di “dilettanti” e che la politica è una cosa seria da lasciare ai politici). Il saper stare al suo posto di Stevens gli assicurerà un futuro anche dopo la guerra; questo, tuttavia, non gli risparmierà il sacrificio delle gioie legate alla sfera privata, la rinuncia alla felicità e all’essere qualcosa di più di un maggiordomo, magari un marito, un padre, un nonno. Nel corso di un lungo flashback, Mr. Stevens raccoglie ciò che resta della sua vita, di quei giorni passati e che mai più torneranno.

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