Luigi Comencini – Tutti a casa

«La guerra è finita! Tutti a casa!». È questo l’urlo di gioia lanciato dai soldati italiani all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre 1943, richiesto da Pietro Badoglio agli avversari anglo-americani e accolto dal generale Eisenhower. Come ben sappiamo, la situazione successiva all’accordo fu ben più delicata. Badoglio e il re Vittorio Emanuele III fuggirono dalla capitale: infatti, l’armistizio non prevedeva di certo la fine della guerra, che continuò, con gli ex alleati tedeschi diventati improvvisamente nemici.

Il patto sanciva la fine delle ostilità con le forze britanniche e statunitensi ed autorizzava l’esercito italiano a reagire contro eventuali attacchi di qualsiasi altra provenienza. Tuttavia, la mancanza di punti di riferimento e di precisi ordini generò una gran confusione all’interno delle forze armate italiane che, allo sbando, subirono dure rappresaglie da parte dei neo avversari. Più di mezzo milione di nostri soldati vennero catturati e destinati ai lager: seguirono l’occupazione nazista della penisola, l’affondamento della nave da battaglia “Roma” (il cui relitto è stato rinvenuto solo nel giugno 2012) e l’eccidio di Cefalonia, con l’annientamento della Divisione Acqui. Molti soldati abbandonarono le armi e tornarono alle loro case, altri si diedero alla macchia, formando le prime cellule di Resistenza partigiana.

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Tutti a casa di Luigi Comencini riflette proprio su questi fatti: protagonista della vicenda è il sottotenente Alberto Innocenzi che, insieme ai suoi uomini, apprende in ritardo la notizia dell’armistizio e si ritrova vittima dei fuochi tedeschi. Non sapendo bene come comportarsi, attende istruzioni da parte dei vertici militari, che non arrivano. Nel frattempo, il suo reggimento si sfalda e molti dei soldati fanno ritorno dalle proprie famiglie. Anche Innocenzi, insieme al soldato semplice Ceccarelli e al sergente Fornaciari, decide di partire.

Definito forse il miglior film di Comencini, Tutti a casa realizza la difficile mediazione tra commedia all’italiana e Neorealismo. È forse una delle poche pellicole in grado di narrare fatti inerenti alla guerra e alla morte con un tono ironico, ma mai irrispettoso, godendo di un’ottima sceneggiatura che porta la firma del famoso duo Age & Scarpelli. Tutti a casa parte dalla storia per ricollegarsi alle vicende umane: sotto le mentite spoglie di una commedia, il film diventa un racconto a tesi, «quello della scelta che ciascuno è chiamato a fare almeno una volta nella sua vita». Gli eventi bellici segnano la trasformazione di Alberto Innocenzi, dapprima ligio al dovere, poi sempre più accomunato alla sorte dei suoi soldati, fino a sviluppare un vero e proprio legame con il geniere Ceccarelli, col quale ha condiviso non solo l’esperienza delle armi, ma anche quella del difficile ritorno a casa. Arriva un momento in cui Innocenzi smette di essere uno spettatore passivo di quanto lo circonda e, abbandonate remore e paure, diventa protagonista attivo del cambiamento di cui l’Italia necessitava all’indomani del conflitto mondiale.

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