Jonathan Demme – Il silenzio degli innocenti

Clarice Starling è convinta che se salverà la vita a Catherine Martin forse i traumi del passato smetteranno di tormentala. Catherine è stata rapita da Buffalo Bill, un serial killer che sequestra, uccide e scuoia giovani ragazze. Per capire la psicologia dell’omicida, l’FBI decide di avvalersi dell’aiuto del dottor Hannibal Lecter, ex psichiatra, rinchiuso nel manicomio criminale di Baltimora per aver ucciso e divorato alcuni suoi pazienti. A Clarice è affidato il compito di instaurare una comunicazione con il dottore, da sempre restio a collaborare.

Ci riuscirà con la sua perspicacia, ma soprattutto grazie a un patto di “quid pro quo”, in base al quale Lecter fornirà alcune informazioni sul caso, in cambio delle confidenze personali sul vissuto di Clarice. Scopriamo così che ciò che perseguita il detective sono la scomparsa prematura del padre e il tentativo, quand’era bambina, di salvare degli agnelli dal mattatoio: a distanza di anni, sente ancora il grido straziante delle bestie.

Anthony Hopkins ne "Il silenzio degli innocenti"
Anthony Hopkins ne “Il silenzio degli innocenti”

Dopo Manhunter – Frammenti di un omicidio (Micheal Mann, 1986), Il silenzio degli innocenti è il secondo film tratto dai romanzi di Thomas Harris incentrati sul dottor Lecter, cui seguiranno Hannibal (Ridley Scott, 2001) e Red dragon (Brett Ratner, 2002). Ed è proprio Lecter il grande protagonista del lungometraggio: sebbene Anthony Hopkins reciti per soli sedici minuti complessivi, il suo personaggio resta impresso nella memoria collettiva e si trasforma in uno dei criminali più famosi della storia del cinema. Accanto a lui troviamo Buffalo Bill, un personaggio complesso e affascinante, estremamente perverso, ispirato a cinque serial killer realmente esistiti, tra cui Ed Gein (il “Macellaio Pazzo”), Ted Bundy (“Lady Killer”) ed Edmund Kemper (“Co-ed Killer”).

Il lavoro di Demme è senza dubbio una pietra miliare del cinema thriller, capace di ricreare un clima di tensione grazie ai numerosi colpi di scena e all’ottima performance dell’intero cast di attori. Ben costruito da un punto di vista emozionale il rapporto Lecter – Starling, che per un momento fa dimenticare al pubblico la pazzia del dottore, forse anche per quei suoi fuorvianti modi raffinati ed educati («La scortesia, per me, è una deformità inconcepibile»).

Insomma, la lucidità e l’intelligenza di Lecter spingono a provare per lui una sorta d’ammirazione, testimonianza di come il Male, molto più del Bene, sia in grado di produrre un fascino magnetico da cui lo spettatore, a fatica, riesce a sottrarsi.

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