Francesco Ghiaccio – Un posto sicuro

In Un posto sicuro ci sono un padre, ex operaio dell’Eternit, e un figlio, che da anni non hanno rapporti. Poi, all’improvviso, la drammatica notizia: il padre è malato, un tumore, causato dall’esposizione prolungata all’amianto. Padre e figlio si riavvicinano, per affrontare insieme una terribile ingiustizia.

Casale Monferrato è tutto fuorché un posto sicuro. Lo sa bene Francesco Ghiaccio, dietro la macchina da presa per raccontare una storia tristissima, che lascia l’amaro in bocca e giustamente indigna. È la stessa indignazione che si prova di fronte alle sorti dei lavoratori dell’Ilva e a quella di tanti altri manovali, costretti quotidianamente a confrontarsi con un ambiente di lavoro insalubre. Marco D’Amore – il famoso Ciro di Gomorra. La serie – è il protagonista di questa pellicola che documenta, con la complicità della fiction, un fatto realmente accaduto.

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Un fatto che ripercorriamo in breve: Eternit è il nome di un marchio e della ditta che lo produce. Si tratta di un materiale ampiamente utilizzato in edilizia, soprattutto nelle coperture, quindi in tettoie e strumenti simili. Le fibre dell’Eternit contengono l’amianto, questo almeno fino all’84, quando vengono introdotte delle altre fibre non cancerogene. Il commercio dell’Eternit contenente l’amianto cessa in Italia negli anni Novanta, ma prosegue in altri Paesi del mondo, come il Brasile. E le coperture in Eternit realizzate prima degli anni Ottanta, sono state tutte rimosse? Solo vent’anni prima era stato dimostrato che l’usura dei tetti in amianto provocava delle polveri, principali responsabili della mesotelioma, una forma gravissima di cancro. Tuttavia, Eternit continuò nella produzione fino all’86 circa, con conseguenze letali sulla salute degli operai.

Perché Casale Monferrato diventa il luogo-simbolo delle morti provocate dall’amianto? Perché proprio lì le polveri disperse dallo stabilimento giunsero a “infettare” tutto l’ambiente circostante, entrando in contatto non solo con i manovali della struttura, ma anche con la popolazione esterna. Oltre al mesotelioma, l’amianto provoca anche una malattia polmonare chiamata asbestosi, una patologia con un periodo di incubazione piuttosto lungo: chi viveva a Casale negli anni Ottanta può essere stato esposto all’amianto e mostrarne i segni sul corpo oggi, a distanza di trent’anni.

Sono migliaia le morti provocate dall’esposizione (circa duemila nella sola provincia di Alessandria). Perché è fondamentale andare a vedere un film come Un posto sicuro? Forse perché è necessario che anche sul grande schermo si continui ad urlare a gran voce “vergogna!” di fronte a uno dei disastri ambientali più significativi del dopoguerra italiano (ricordiamo, inoltre, il danno e poi la beffa: nel 2014 la Corte suprema di Cassazione ha dichiarato prescritto il reato di disastro ambientale, annullando le condanne e i risarcimenti previsti per le parti civili, ossia i famigliari delle vittime e le comunità locali). Una storia, quella di Ghiaccio, raccontata con sensibilità e sorretta dalle splendide interpretazioni di D’Amore e Giorgio Colangeli (tra l’altro protagonista de L’aria salata, altro film incentrato sul difficile rapporto tra un padre e un figlio). Un posto sicuro accende i riflettori su più personaggi, da una parte i potenti che sanno, ma si vogliono anche arricchire (non importa come e sulla pelle di chi), e i più deboli (gli operai), che non sanno e che, tramite il loro (pericoloso) lavoro, cercano un pezzetto di fortuna e felicità in un mondo difficile.

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