Non solo “The walking dead”: cinque film imperdibili sugli zombie

Per il pubblico televisivo più giovane, “morti viventi” è sinonimo di The walking dead (a proposito, comincia stasera la sesta stagione). Tuttavia quella degli zombie è una storia lunga, che inizia nel 1968 con George A. Romero e procede per reinterpretazioni, reinvenzioni, persino parodie (lo splendido L’alba dei morti dementi, con Simon Pegg). In questo articolo abbiamo selezionato le cinque pellicole che tutti gli appassionati di “morti viventi” dovrebbero vedere. Si tratta di film autoriali, contraddistinti il più delle volte da budget irrisori e un tocco “artigianale”, in grado di declinare gli zombie come metafora di un’umanità allo sbando o di regalare (è il caso di Sam Raimi) irresistibili momenti splatter.

George A. Romero – La notte dei morti viventi (1968)

Comincia tutto qui, da La notte dei morti viventi, l’esordio-capolavoro di George A. Romero, del 1968. Nelle campagne della Pennsylvania, un gruppo di persone è costretto a rifugiarsi in una casa abbandonata per resistere all’assalto di orde di non-morti assetati di carne. Costato due lire, il film incassò 18 milioni di dollari, trasformandosi in un vero e proprio cult. Merito di una sceneggiatura capace di dosare suspence ed esplosioni di orrore, e di una messa in scena allucinata, delirante, che sfrutta al meglio la povertà dei mezzi e il bianco e nero. Romero va è andato oltre l’effettismo dell’horror e ha realizzato una pellicola in grado di raccontare l’America di quegli anni, epicentro di tensioni sociali (il Vietnam, la questione razziale e quella giovanile) che minacciavano di sfociare in un vero e proprio stato di polizia.

 

Danny Boyle – 28 giorni dopo (2002)

Il fanta-horror apocalittico di Danny Boyle è un incrocio perfetto di Romero, Richard Matheson e Terry Gilliam. Protagonista, l’ottimo (e sempre troppo sottovalutato) Cyllian Murphy, nei panni di Jim, un corriere irlandese che si risveglia da un coma dopo un incidente stradale e scopre un mondo in cui l’umanità è stata devastata da un potente virus. Il ceppo, variante della rabbia, si è diffuso dopo un’azione sciagurata di un gruppo di animalisti, che ha liberato alcune scimmie infette (ecco il parallelo con Gilliam e il suo L’esercito delle 12 scimmie). Le peripezie di Jim lo porteranno a vagare per una Londra fantasma e ad toccare con mano la veridicità del motto hobbesiano “homo homini lupus”.

 

Sam Raimi – La casa (1981)

Spassoso, fracassone, splatter, La casa di Sam Raimi è un piccolo gioiello del new horror anni ’80. Un gruppo di ragazzi si reca in una baita di montagna per un tranquillo weekend. Durante un’esplorazione in cantina, i cinque scoprono un vecchio volume: è il “Libro della Morte” degli antichi sumeri, riportato alla luce dall’archeologo proprietario della baita. Proprio una formula da questi incisa su un nastro richiamerà in vita un demone spaventoso, che si divertirà a trasformare in morti viventi uno ad uno gli sfortunati protagonisti. A combatterlo ci penserà l’antieroe di Sam Raimi, Ash, ovvero Bruce Campbell, che compare anche negli altri due episodi della saga (La casa 2 e L’armata delle tenebre) e che a breve sarà protagonista anche di una serie tv. Come nel caso de L’alba dei morti viventi, La casa fu girato con poche centinaia di migliaia di dollari: ma l’efficacia delle invenzioni registiche, il ritmo del racconto, la vivacità della recitazione di Campbell ne fecero, in brevissimo tempo, un autentico fenomeno di culto.

Jaume Balagueró, Paco Plaza – Rec (2007)

Negli ultimi anni il cinema spagnolo ha regalato non pochi titoli interessanti ai fan dell’horror. Tra i più riusciti c’è sicuramente Rec, di Jaume Balagueró e Paco Plaza. Il film è insieme furbo e ingegnoso. La sceneggiatura ribalta il solito topos dell’assedio (i vivi barricati in casa per resistere ai morti viventi): qui sono gli zombie ad essere confinati in un condominio, posto in quarantena dopo alcuni tragici incidenti. A documentare la notte d’orrore, l’inviata di una tv di Barcellona, Ángela, e il suo cameraman, Pablo. Balagueró e Plaza sfruttano i due protagonisti per giustificare la prospettiva in prima persona: la videocamera della troupe televisiva ci mostra l’orrore in diretta. L’effetto è quindi un po’ “found footage” (ricordate The Blair Witch project?) e un po’ Grande Fratello, e decisamente terrificante.

Michele Soavi – Dellamorte Dellamore (1994)

Il grosso equivoco alla base di questo lavoro di Michele Soavi è quello di essere “il film su Dylan Dog”. Il qui pro quo scattò perché il protagonista era Rupert Everett (sulle cui fattezze l’Indagatore dell’Incubo fu modellato) e il romanzo alla base della sceneggiatura era firmato da Tiziano Sclavi, papà del celebre eroe Bonelli. In realtà, Francesco Dellamorte non è un detective privato di Londra, ma il guardiano del cimitero di Buffalora, paesino immaginario dell’entroterra pavese. Il problema è che a Buffalora i morti non ne vogliono sapere di stare nelle tombe, e iniziano a risorgere. Dellamorte si lascia convincere allora dalla Morte che il problema non sono i defunti, ma i vivi: decide quindi di sparare a loro per “portarsi avanti col lavoro”. A partire dal romanzo di Sclavi, Soavi costruisce una specie di fiaba granduignolesca, alternando toni grotteschi, surreali e romantici. Il risultato è un po’ discontinuo, ma indubbiamente poetico e affascinante.

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